La mia è la generazione che si è inventata i cartoni animati per adulti. Basterebbe questo per capire il mondo, immagino ci siano volumi e ricerche di Yale che lo spieghino in maniera cortese, ma io non ho tempo e figuriamoci se mi metto a studiare le cose che mi interessano, non avendo nemmeno il tempo per quelle che non mi interessano, che sono notevolmente più attraenti.
Dicevo, i cartoni animati per adulti. Ho passato due giorni a casa con mio figlio con la ferma intenzione di non giocare, colorare, disegnare o fare il benché minimo sforzo teso a consolidare il nostro rapporto figlio-genitore. Non perché mi sia antipatico, gli voglio anche bene, ma perché io onestamente dopo aver lavorato sei giorni su sette per dodici ore al giorno, beh, figlio mio, tieni: questo è il telecomando della tv, questo è il computer di tuo padre, ti ho messo in carica la Nintendo, sei alto un metro e venti e al frigo ci arrivi, ci vediamo a cena.
In uno stato di morte apparente mi sono messa a guardare i cartoni animati con lui. La mia conclusione è che evidentemente i migliori sceneggiatori in circolazione si siano messi tutti a scrivere cartoni animati. Pagheranno di più? È un modo per plagiare il futuro? Io non so perché mio figlio ride, perché se capisce quello che vede, signori miei, abbiamo qui il nuovo Ronan Farrow.
C’era questa puntata di Gumball, che è una serie in tutta evidenza scritta da persone ubriache, dove il padre del protagonista si traveste da donna per avere delle amiche. Si fa chiamare Samantha Jones. Mi risveglio dallo stato di morte imminente e inizio a ridere come una scema, c’è questo coniglio rosa obeso che diventa Samantha Jones, e le sue amiche sono le protagoniste della serie Golden Girls.
Come può un bambino di 5 anni capire diciotto livelli di lettura che hanno per protagonista un coniglio e Betty White? Ride perché lo fa ridere un maschio vestito da femmina? E se lo facesse in pubblico? Sai la vergogna di avere un figlio che fa misgendering a questa età.
I miei coetanei sono quelli che possono passare le ore a parlare di BoJack Horseman, dei Simpson, dei Griffin, di South Park, e sono lì pronti a spiegarti il genio. Il che è in parte vero, ma mi chiedo sempre se abbiano scelto il cartone animato come veicolo per poca fiducia nei confronti della mia generazione; sono abbastanza convinta che questa mia domanda sia retorica.
Ho sempre diffidato degli adulti con la passione per i cartoni animati, anche perché ovunque ti giri c’è sempre qualcuno che ti dice «Ah, Lady Oscar! La morte di Andrè! Rivoluzione! Avanguardia!», ma probabilmente non hanno mai visto la puntata dei Teen Titans in cui spiegano il MacGuffin.
Ho visto mio figlio interessato, ho colto l’occasione per raccontargli della bomba sotto al tavolo di Hitchcock, ma era più che altro interessato alla questione bomba. Se non capisci il MacGuffin, il MacGuffin sei tu. Comunque sia, adesso non è che facciamo vedere ai bambini “Il nastro bianco” perché ha come protagonisti dei bambini, ecco.
Presa dall’onda del concetto, ieri ho visto un film di animazione: “Yaya e Lennie- The walking liberty” di Alessandro Rak, e mio figlio ha riso. Poi si è distratto, chissà cos’ha capito. I protagonisti sono una ragazzina, Yaya, e il suo amico Lennie, un uomo di due metri che lei chiama «ritardato». La coppia di spaiati vaga per Napoli, ma Napoli è diventata una giungla post apocalittica. «Io ci vorrei vivere in quella giungla» dice mio figlio, e non so se è lui a non aver capito, o io.
Non sappiamo cosa sia successo, sappiamo solo che la natura si è ripresa i suoi spazi, e tutti ci ricordiamo gli articoli di giornale durante il lockdown, con le papere in città e ad un passo dal ritorno dei dinosauri. Yaya è una ragazzina che dice un sacco di parolacce, ma chi non le direbbe se si ritrovasse in mezzo alla giungla dopo un disastro, con un amico che non capisce niente e un’organizzazione di cattivi che ti dà la caccia.
Le parolacce non si dicono, per carità, ma è dal linguaggio che passano emancipazione e identità, e io se avessi sedici anni mi identificherei immediatamente con Yaya. Certo, ora che ne ho quaranta mi identifico con l’amico Lennie, ma cosa volete farci. Ci sono diciotto livelli di lettura anche qui: c’è Charlie Chaplin, “Uomini e topi”, Maradona, la rivoluzione che si fa anche con soli due grammi di tritolo, la natura, la libertà, i ragazzini che salveranno il mondo, quelli che moriranno di ciò che gli piace.
È uno di quei film che se vi tocca portare i ragazzini al cinema e star lì con loro, vi va di lusso. Il vantaggio di questa modernità è che possiamo continuare a guardare i film di animazione con la serenità degli adolescenti, senza esserlo.