Antisemitismo 2.0Il “populismo delle idee” che rende Israele colpevole sempre e comunque

Alla presentazione milanese di “Jewish Lives Matter”, ultimo libro della giornalista Fiamma Nirenstein, si è parlato dei cortocircuiti ideologici e sociali che hanno rilanciato i pregiudizi contro gli ebrei, sia a destra che a sinistra

Carlo Cozzoli/Lapresse

Nelle passate elezioni amministrative a Milano era stata posta la questione politica della volontà di definirsi “antifascisti” come requisito di civiltà e democrazia. Una scelta che la nostra storia – la storia di Milano – dovrebbe imporre come scontata, ma così non è. Ebbene, a ben guardare si potrebbe porre anche un’altra scelta dirimente, quella di rifuggire e contrastare l’antisemitismo.

Partendo dal definire cosa sia l’antisemitismo oggi, ad affermare in modo forte la questione è il libro di Fiamma Nirenstein “Jewish Lives Matter – Diritti umani e antisemitismo”, presentato presso la Sinagoga Centrale di Milano. Con la partecipazione del presidente della comunità ebraica milanese Walker Meghnagi, del rabbino capo milanese Alfonso Arbib, di rappresentanti di Regione Lombardia e Comune di Milano, oltre che dei giornalisti Toni Capuozzo, Alessandro Cecchi Paone e Augusto Minzolini (direttore de Il Giornale) e di Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo.

Il senso del libro, sintetizzato da proprio da Santerini, è che nel silenzio anche di un distratto antifascismo, dagli anni ’80 la figura dell’ebreo è passata da oppresso a oppressore.

Un processo di fatto legato, secondo l’autrice del libro, alla negazione da parte del mondo occidentale delle proprie stesse origini. La definizione generale di antisemitismo di oggi, costruita attraverso precisi principi, coinvolge infatti almeno nella metà dei casi proprio gli ebrei e trova la sua premessa nella recrudescenza di un odio tout court contro di loro.

Un antisemitismo 2.0 che si fa antisionismo associato all’odio per lo stato di Israele, bollata come la terra dell’apartheid e non come, per esempio, l’unica democrazia nell’area del Medio Oriente, e che vede la sovrapposizione tra ebreo e suprematista bianco. Ulteriori elementi secondo Nirenstein sono, per esempio, anche il negazionismo della Shoah, l’odio anche per il cattolicesimo progressista e il solito noto corollario del nazifascismo di sempre.

I seguaci di queste deliranti teorie in rete utilizzano come fonti il Protocollo dei dei Savi di Sion – che ricordiamo essere uno dei peggiori e maggiormente spudorati falsi storici – la fantomatica cospirazione di matrice finanziaria, che sarebbe incredibilmente mossa da personalità come per esempio George Soros, fino ad accuse ridicole, quanto infamanti, mosse persino contro Papa Francesco.

Santerini ha indicato anche nuove linee guida per la scuola, e per le edizioni scolastiche, contro questo tipo di processo, legato anche a una damnatio memoriae che ha colpito il passato. Una questione soprattutto culturale dovuta a un’ignoranza diffusa che colpisce la politica come l’informazione, oltre naturalmente alle masse, in cui troviamo individui autoproclamatisi antirazzisti ma che razzisti lo sono nei fatti.

Come è stato provocatoriamente chiesto da Cecchi Paone durante la presentazione dell’opera, ci si dovrebbe domandare quindi perché Liliana Segre debba necessitare di una scorta, o per quale motivo la stessa sinagoga milanese, e non soltanto questa, debba avere un presidio militare permanente, o per quale motivo la destra come della sinistra abbiano al proprio interno frange antisemite e antisioniste.

L’autrice ha sottolineato la logica su cui poggia l’ideologia rivolta contro lo stato ebraico, fondata sulla destrutturazione della stessa natura democratica, antifascista e libertaria che si pone in antitesi a un moderno stato di diritto.

Nirestein ha citato esempi quali la discriminazione dei gay in Palestina o l’intolleranza religiosa contro i cristiani a Gaza. Cortocircuiti logici e culturali di matrice antisemita che hanno attraversato anche movimenti con Black Lives Matter, Climate for Change o il movimento del Me Too, con sabotaggi del tutto incomprensibili a festival cinematografici o a manifestazioni di vario genere solo perché si sono tenuti in Israele o legate al mondo ebraico.

Tra malafede e ignoranza, questa vulgata narra in maniera distorta gli accordi di Oslo tra Arafat e Rabin, così come tutta la storia tra Israele e Palestina, mentre in troppi fingono che la distruzione di Israele non sia in cima alle priorità sia dei leader iraniani che di quelli di Hamas, all’interno di un processo di involuzione culturale che porta necessariamente alla criminalizzazione di cui sopra.

Parlando di Milano, il clima nella metropoli risente necessariamente di quello del resto d’Italia, e di questa situazione internazionale, con l’aggravante del ruolo di Milano di laboratorio politico e civico che amplifica le tensioni e spesso ne delinea le tendenze. Le bandiere israeliane bruciate quest’anno in centro a Milano, al grido di «intifada», o la periodica contestazione alla Brigata Ebraica durante pressoché ogni sfilata del XXV Aprile, da parte di giovanissimi forse ideologicamente non così radicalizzati, ma sicuramente rei della più crassa ignoranza, sono spie di una situazione generale preoccupante.

Quel che deve essere chiaro è che non si tratta quindi di un “problema ebraico”, ma un problema di coscienza civile , di diritti di tutti, che si possono mantenere vivi soltanto attraverso il coraggio della memoria e il rifiuto di un osceno “populismo delle idee” che vorrebbe rendere irriconoscibili storia e verità.

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