Gusto piemonteseMetti una Madama Bianca a tavola

Arriva dal Piemonte, ed è la materia prima perfetta per piatti indimenticabili, dai carpacci ai bolliti, dalle bistecche agli arrosti. È una carne eccezionale, e vi spieghiamo come gustarla

Carne deliziosa, sana, tenera e saporita: è la Madama Bianca, selezione delle migliori fassone di razza Piemontese. Ma che cosa la rende speciale? E cosa distingue, in senso più ampio, la razza Piemontese dalle altre razze bovine? «La peculiarità risiede in una mutazione genetica naturale, data semplicemente dall’evoluzione, che ha portato a una ipertrofia muscolare: un grandissimo sviluppo dei muscoli che rende i bovini di questa razza grandi e forti. All’ipertrofia si associa una iperplasia: le cellule sono più piccole, la fibra muscolare è quindi più sottile. Il risultato è una morbidezza unica, pur con un limitato quantitativo di grasso in eccesso. Non solo: dal punto di vista nutrizionale questa carne ha acidi grassi di alta qualità, e un ridotto quantitativo di colesterolo».

La spiegazione viene da Valter Gazzola, responsabile commerciale dell’associazione Gli Amici della Piemontese, che entra poi nel dettaglio della selezione: «La Madama Bianca è la punta di diamante della razza, il vero poker d’assi: una scelta di fattrici di altissima qualità, belle, muscolose, che rappresentano il miglior 5% della Piemontese. Nasce e viene allevata nelle nostre aziende, dove viene ingrassata per 5-6 mesi di finissaggio solo con prodotti scelti, in larghissima parte cereali prodotti dalle stesse aziende. Il risultato è una carne che rappresenta il non plus ultra in fatto di marezzatura e tenerezza. Non solo: con un elevato rapporto tra muscolo e finezza dell’osso, ha una altissima resa quantitativa. I 15 giorni di frollatura che seguono alla macellazione aggiungono ulteriore tenerezza. Le carni sono di colore rosso rubino intenso, perché i capi macellati non sono giovanissimi, ma sono femmine, ad assicurare maggior morbidezza: l’assenza di testosterone e gli estrogeni femminili assicurano morbidezza e la giusta infiltrazione di grasso, che può essere di colore bianco o aranciato: non è un difetto, ma un effetto di combinarsi di fattori quali l’età e un’alimentazione ricca di vitamine A e D». È l’azienda Longino & Cardenal,  specializzata in cibi rari e preziosi, a distribuire questa carne di altissima qualità che, una volta acquistata, deve essere valorizzata il più possibile.

A ogni piatto il suo taglio
La prima regola da osservare consiste nel scegliere la giusta parte per ogni preparazione: sullo shop di Longino & Cardenal troverete indicazioni precise di utilizzo per ogni taglio, ma in generale «le parti più grasse – spiega Gazzola – sono adatte per arrosti e bolliti di qualità, da sottoporre alle dovute cotture. I muscoli magri sono adatti invece a preparare bistecche, battute al coltello, carpacci». Scelto il pezzo, non rimane che cucinarlo. Gazzola ci regala molti consigli. «La battuta al coltello la condiamo il meno possibile, perché è già gustosa di sua natura. Se non la acquistiamo pronta, la tritiamo con un coltello ben affilato, e non con un tritacarne: con il tritacarne si strappa, con il coltello a lama fine le fibre rimangono intatte e la carne conserva i suoi succhi. Condiamo poi con sale, olio e basta. Se proprio vogliamo un tocco piccante, una macinata di pepe, e per un risultato di grande eleganza aggiungiamo qualche lamella di tartufo. Stesso discorso vale per il carpaccio: possiamo paragonarlo al salmone, non richiede condimenti, solo olio e sale, e basta». Insomma, quello che serve è un coltello affilato , olio buono e, se piace, un po’ di tartufo.

Semplicità è parola d’ordine anche quando si tratta di bistecche: «vanno fatte cuocere poco, il meno possibile, praticamente al sangue, in modo che i succhi vengano mantenuti. Se la cottura si prolunga eccessivamente, la magrezza si trasforma in un difetto, perché la carne diventa dura. Problema che non si pone quando si parla di lombata o filetto, tagli talmente nobili e teneri che rimangono morbidi con qualsiasi cottura, di qualsiasi animale siano: la differenza si vede sugli altri tagli». Infine uno sguardo alle lunghe cotture, a quel bollito piemontese che è principe sulle tavole delle feste della regione: «da noi si valorizza in primo luogo la carne, il brodo lo si beve ma è secondario. Si usano anche la testina, la coda, la lingua, e ai tagli bovini si possono unire gallina, cappone eccetera. Protagonisti del bollito sono i tagli grassi, come il biancostato o la pancia».

A ogni piatto il suo vino
«Da noi in Piemonte si tende a privilegiare i rossi, Barbera o Nebbiolo, Barolo o Barbaresco, con arrosti e bolliti, Dolcetto con la battuta, Ma con la battuta e il carpaccio, che in genere si servono come antipasti, si possono proporre anche dei bianchi, come Arneis e Favorita».  Da tenere in cantina, quindi, una bottiglia di Barbera d’Alba DOC di Josetta Saffirio, un Barolo DOCG Pio Cesare, un Dolcetto d’Acqui DOC Scarpa, e una bottiglia di Blangè, Langhe DOC Arneis di Ceretto.
Barolo

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