A Milano succede che una pagina nata per gioco sugli stereotipi più gettonati riguardanti la città e chi la abita, diventi un‘azienda di content creation di successo e che arrivi nelle sale con un film vero e proprio. Il Milanese Imbruttito, realtà creata nel 2013 da Tommaso Pozza, Federico Marisio e Marco De Crescenzio, sta infatti per arrivare al cinema con “Mollo tutto e apro un chiringuito”, film che, non poteva essere altrimenti, arriverà nelle sale il 7 dicembre, ovvero il giorno di Sant’Ambroeus.
«Che poi noi siamo tutti e tre dei giargiana, nessuno è di Milano, ma ci siamo trasferiti qua per studiare» racconta uno dei founder, Tommaso Pozza nella sua «ora buca», in pieno stile Imbruttito, dopo l’anteprima di “Mollo tutto e apro un Chiringuito”. «Siamo partiti dall’osservazione del reale, amici o contatti di lavoro, ognuno di noi non faceva che dare il suo punto di vista, composto da stereotipi un po’ grotteschi, ma allo stesso tempo divertenti, sul lavoratore business oriented, super stressato e iper operativo».
La crescita della pagina Facebook de Il Milanese Imbruttito, aperta il 7 marzo 2013, è stata esponenziale: «Già allora prendere 110 mila like in un mese era un’enormità. Non esisteva la parola influencer, non c’erano Tik Tok o i branded content e non c’era niente di quello che esiste oggi nel panorama social, era tutto da inventare, c’era spazio per poter fare».
La storia di questo, che oggi è a tutti gli effetti un brand, corre veloce: prima i post bianco su nero, poi le Interviste Imbruttite realizzate per la strada e, finalmente, nel 2016, un volto per l’Imbruttito. Cruciale l’incontro con il Terzo Segreto di Satira, che sono diventati i produttori di tutti i format video nonché i registi del film, e con Germano Lanzoni, l’attore del roaster de Il Terzo Segreto di Satira che poi è diventato il volto dell’imprenditore imbruttito.
«All’epoca non avevamo il budget per sostenere delle produzioni video articolate esclusivamente per la nostra fanbase, quindi ci siamo proposti alle aziende. Grazie a queste partnership abbiamo potuto evolvere il nostro mondo, siamo cresciuti come società, ma siamo cresciuti anche nella scrittura e nella content creation».
È una mia impressione, o anche l’Imbruttito si è evoluto? Nel film si parla di sostenibilità e c’è l’imprenditore guru…
Moltissimo: siamo partiti in un’epoca e ci ritroviamo in un’altra, quindi ci siamo adeguati. Gli stereotipi, che per noi sono la base del lavoro, non sono più gli stessi, noi cerchiamo sempre di andare in profondità sul perché queste macchiette esistono.
Quindi cosa è successo al manager stressato?
Si è scontrato con il mondo green, con la sostenibilità, con la new economy, con l’ambiente e con la diversity. L’imbruttito degli inizi non esiste più. Per noi è stato bello poter seguire, sia da osservatori che da accompagnatori, l’evoluzione di Milano in nove anni. In questo tempo non sono cambiati solo gli stereotipi, è cambiata proprio la città nella sua completezza, sia a livello di infrastrutture, che di contenuto. Questo è sicuramente molto interessante e noi siamo stati testimoni e traghettatori di certe cose che ci sono passate per le mani. Pensiamo anche solo allo skyline: le torri di Porta Nuova o City Life che non esistevano.
E ora com’è, l’identikit dell’imbruttito?
Sicuramente è molto più international: se prima gli inglesismi venivano buttati lì ogni tanto, adesso sono il pane quotidiano. Il fatto di respirare questa aria internazionale in una città che rimane pur sempre una piccola metropoli, è sicuramente un tema. Se prima lavoravamo sul singolo stereotipo, ora si può lavorare su una decina di situazioni in contemporanea: stiamo cercando di dipingere meglio anche il fronte femminile, il mondo dello sport, della musica e della moda. Potenzialmente potremmo raccontare di tutto perché adesso a Milano c’è tutto.
Com’è cambiata la città in questi nove anni?
Sicuramente in meglio: è cambiato tutto Expo in poi: prima ok, era la locomotiva dell’Italia, il centro produttivo del paese, ma oggi è veramente il place to be. Milano ha anche un bell’abito e, secondo me, a tendere vedendo anche l’obiettivo delle Olimpiadi Invernali Milano-Cortina del 2026, in questi 4 o 5 anni succederanno un sacco di cose. Il bello di Milano è che è in continuo mutamento, non è una città ferma: il fatto che sia una città liquida, che cambia in continuazione, ci permette, a livello di contenuto, di poter avere in continuazione qualcosa di nuovo di cui parlare.
Parte del vostro successo la dovete anche a chi questa città la ama?
Assolutamente, per noi la community è sempre stata cruciale e abbiamo sempre accolto e ascoltato tutti i suggerimenti, le foto e le gag che ci venivano mandate. Un altro grande stereotipo italiano, poi, è quello del campanilismo. Con la differenza, rispetto ad altri luoghi d’Italia, che Milano è un grandissimo porto di mare: è come se fosse un po’ il riassunto dell’Italia. L’imbruttito in definitiva arriva da tutte le altre regioni, o addirittura dall’estero, quindi c’è un attaccamento fortissimo, sia da parte di chi in questa città ci è nato e cresciuto, ma anche da parte di chi ci è arrivato. È un posto che ti toglie tanto, ma ti dà anche tanto: io credo che questa cosa abbia sempre fatto sì che le persone si schierassero in difesa della città e di tutto quello che ne consegue, quindi anche realtà come la nostra. Anzi, credo proprio che questa proudness ci abbia dato una grandissima spinta.