Giancarlo Giorgetti ha proposto una tassa sugli extraprofitti ottenuti dalle società del settore energetico. Il ministro dello Sviluppo economico sostiene che l’aumento dei prezzi dell’energia negli ultimi mesi avrebbe permesso alle aziende di ottenere profitti superiori alla media: «Sarebbe giusto che contribuissero in qualche modo alla fiscalità generale per permettere di intervenire nei confronti delle categorie più svantaggiate».
La proposta, che non nasconde un certo grado di populismo, si scontra con difficoltà di carattere economico e applicativo, oltre che con precedenti poco incoraggianti. «Mi sorprende che se ne torni a parlare perché l’ultima tassa sugli extraprofitti, all’epoca detta Robin Hood Tax, venne eliminata quando la Corte Costituzionale la giudicò incostituzionale nel 2015», spiega a Linkiesta Luca Micheletto, professore di Scienza delle finanze all’Università Statale di Milano.
Si trattava di una sovrattassa del 6,5%, che portava l’aliquota al 34%, applicata a tutte le imprese operanti nel settore energetico e ritenute responsabili di extraprofitti per via dell’aumento dei prezzi delle materie prime.
La Corte Costituzionale stabilì che la tassa violava gli articoli 3 e 53 della Costituzione (quelli che garantiscono l’uguaglianza tra cittadini e il carattere progressivo del sistema tributario). Inoltre la tassa era costruita male poiché si applicava a tutti gli utili dell’impresa e non solo ai sovraprofitti.
Come dimostra questo episodio introdurre una tassa del genere è problematico per molte ragioni. Come definire quando i profitti superano un livello opportuno e diventano extra, considerando che il fine delle imprese è produrre profitti? Inoltre, come dimostrare, analizzando i bilanci aziendali, che si tratta effettivamente di profitti extra?
Il professor Micheletto ricorda che esiste anche una terza difficoltà, legata all’implementazione della norma: «Pur inserendo dei divieti, è molto complesso impedire che le imprese non scarichino il costo della tassa sui consumatori finali. Dimostrare che le aziende aumentano le tariffe solo per cause fiscali e non per ragioni di mercato è quasi impossibile». Questa motivazione era anche presente nella sentenza della Corte Costituzionale.
Il mercato energetico è inoltre estremamente complesso. Mentre in passato era caratterizzato da grosse società statali che operavano in modo monopolistico, ora ha una maggiore concorrenza. E soprattutto le condizioni di mercato e dei prezzi dipendono da eventi di portata globale e spesso imprevedibili come i desiderata di Vladimir Putin, la ripartenza del sistema industriale cinese o il poco vento nelle centrali eoliche del Mare del Nord.
L’aumento dei prezzi quindi non è un guadagno facile e gratis per chi fa parte del settore, ma comporta anche dei rischi. Bloomberg riporta infatti che sei fornitori di elettricità italiani, seppur non quelli maggiori, avrebbero interrotto i servizi ai clienti proprio a causa dell’elevato aumento dei prezzi di acquisto dell’energia nel mercato all’ingrosso, che avrebbero reso non più sostenibile la loro struttura.
E non si tratta di difficoltà solo italiane. Nel mercato energetico britannico (che è estremamente deregolamentato) sono fallite oltre 20 società di fornitura di energia da settembre e oltre 2 milioni di famiglie hanno dovuto cambiare venditore.
Il governo italiano è già intervenuto per contenere gli effetti dell’aumento dei prezzi dell’energia, stanziando nella legge di Bilancio 3,7 miliardi di euro. Un ulteriore fondo da un miliardo permette di rateizzare i pagamenti delle bollette.
A livello individuale, una tassa sui sovraprofitti (chiamata in economia windfall tax) è in realtà già presente. Si applica quando le persone ottengono un rapido e improvviso aumento di ricchezza, come nel caso delle vincite legate al gioco d’azzardo, alla lotteria o ai giochi a premi televisivi.
A livello aziendale è invece utilizzata in modo eccezionale, temporaneo e solo per uno specifico settore industriale. Solitamente i governi la impiegano in particolari momenti quando è più facile, per una specifica contingenza o necessità, colpire settori industriali particolarmente ricchi.
Gli extraprofitti dell’industria bellica vennero tassati negli anni successivi alla fine della Seconda guerra mondiale. I laburisti britannici, quando nel 1997 tornarono al governo, raccolsero 5 miliardi di sterline imponendo una tassa sugli extraprofitti delle società di utilities, fresche di privatizzazione, per finanziare una riforma sociale di avvicinamento al lavoro di giovani e disoccupati.
I mesi difficili che ci ha imposto la pandemia non sembrano una motivazione sufficiente per l’introduzione della misura sui sovraprofitti, sui quali pesa molto anche il giudizio fatto negli anni scorsi dalla Corte Costituzionale. La proposta di Giorgetti, sostenuta subito da Salvini che ha attaccato «il portafoglio gonfio» di alcune società tra cui Enel, sottintende anche che le grandi società energetiche abbiano ottenuti i profitti in modo irregolare o per via di un mercato caratterizzato da regole vecchie o superate. Ma allora sarebbe meglio presentare delle riforme per modernizzare il contesto con un ottica di lungo periodo piuttosto che correzioni occasionali, convenienti solo nel momento emergenziale.