Il più buono del mondo è quello realizzato seguendo la ricetta di Joël Robuchon, stellatissimo chef francese scomparso pochi anni fa. Chi lo ha assaggiato assicura che non è paragonabile a nessun altro purè di patate. La ricetta? Semplicissima: un chilo di patate, mezzo chilo tra burro e latte. C’è però chi si discosta dall’alta cucina e continua a sostenere che il purè migliore è quello di nonna: e sicuramente le ricette conservate nelle nostre case possono dare risultati splendidi, se eseguite con cura e rispettando alcune regole.
La ricetta di casa
Soffice, caldo, sempre invitante, il purè non è semplicemente un contorno: pur adattandosi ad accompagnare una molteplicità di pietanze diverse, di carne come di pesce, dal saporito cotechino alla delicata sogliola, il purè sa rivestire un ruolo di autentico protagonista. E soprattutto è capace di farci tornare bambini, di farci sentire sereni e coccolati anche nelle sere più buie e fredde. Per ottenere questo risultato occorre in primo luogo bandire preparati e liofilizzati. E poi procurarsi le patate giuste. Le migliori per preparare il purè sono quelle farinose, a pasta asciutta: occorre scegliere patate “vecchie”, perché quelle novelle darebbero un risultato colloso. Tra le varietà più indicate, la Desirèe, la Imola e la Adora, a pasta bianca. Una volta scelte le patate, si inizia a cucinare, spazzolandole con cura e sciacquandole in acqua corrente, e poi lessandole, con la buccia, in acqua salata inizialmente fredda.
Dopo circa 45 minuti dall’inizio del bollore, scolatele: il tempo dipende dalle dimensioni dei tuberi; per provare la cottura basta infilzare le patate con una forchetta: se questa si sfila facilmente, sono cotte. Attenzione a non superare il punto di cottura, stracuocendo le patate e trasformandole in una massa molliccia e acquosa. Una volta scolate, sbucciatele velocemente (devono essere rigorosamente ancora calde), quindi passatele allo schiacciapatate: potete usare quello “a leva” in cui le patate vanno inserite intere, oppure uno “verticale”, con cui schiacciare i tuberi direttamente in una ciotola. Non manca chi usa il passaverdure, per un risultato più fine. Totalmente da mettere al bando, invece, mixer e frullatori, che porterebbero a un effetto colla davvero sgradevole. Trasferite il ricavato in una casseruola. Unite il burro a pezzetti, portate su fuoco dolce e iniziate a mescolare con energia, usando un cucchiaio di legno, finché il burro non si scioglie completamente. Unite il latte poco alla volta, sempre mescolando con energia affinché non si formino grumi. Le dosi? Sicuramente meno generose di quelle di Robuchon: nelle case italiane il purè in genere si prepara aggiungendo a un chilo di patate un etto – un etto e mezzo di burro, più un bicchiere di latte. Quando il purè è pronto, morbido ma non troppo, omogeneo e liscio, si regola di sale; diffusa l’usanza di profumare con una macinata di pepe o con un tocco di noce moscata grattugiata.
Qualche trucco
In primo luogo la cottura delle patate: l’acqua deve essere rigorosamente fredda quando vi immergiamo le patate, quindi portiamo la pentola, con il coperchio, su fuoco vivace, e lo abbassiamo al minimo al momento del bollore. Una valida alternativa può essere la cottura al vapore, che consente di velocizzare i tempi: le patate, in questo caso sbucciate e tagliate a tocchi, vanno cotte per 15-20 minuti. Le patate devono essere ancora calde quando le schiacciamo: addirittura alcuni consigliano di schiacciarle nella stessa pentola di cottura, perché ancora calda. Caldo deve essere anche il latte quando viene incorporato al purè, mentre ben freddo deve essere il burro. Per ottenere un composto spumoso, è possibile lavorarlo, invece che con il classico cucchiaio di legno, con una frusta a mano.
Chi ha problemi di tempo, può preparare il purè di patate il giorno prima di servirlo: posto in un contenitore ermetico in frigorifero, andrà semplicemente “rigenerato” su fuoco dolce, con l’aggiunta di poco latte.
Il purè perfetto di Robuchon: un setaccio fine e tanto tanto burro
Sfatiamo un mito: la vulgata italiana vuole che la proporzione tra patate e burro e latte nel purè di Joël Robuchon sia 1:1. In realtà la ricetta del purè migliore del mondo, quello di chef Robuchon, trova la perfezione matematica in una formula semplicissima: per un chilo di patate, 500 g tra burro e latte, 250 g ciascuno. Una formula magica che, al di là di ogni considerazione su calorie e grassi, porta nel piatto una poesia di morbidezza e sapore. Per realizzare questo purè, tuttavia, non basta usare tanto burro. Le patate, innanzitutto, devono essere patate ratte, varietà francese piccola, ricca di amido, dal sapore dolce ricco di sfumature di nocciola, che danno vita a un purè spumoso e soffice, ma compatto, mai colloso. Il burro ideale? Francese anche quello, anzi, normanno, quel Beurre d’Isigny carico di colore, di grassezza e di profumo di latte, che nasce nei pascoli che guardano l’Atlantico. Anche il latte deve essere di altissima qualità.
Le patate, che devono essere tutte della stessa dimensione per avere una cottura omogenea, si lessano con la buccia sempre in acqua salata inizialmente fredda, ma occorrono solo 25-30 minuti per portarle a cottura: l’acqua deve coprire le patate, sommergendole per un paio di centimetri.
Quanto sale? Circa 10 grammi di sale grosso per litro. Si pelano le patate, si passano al passaverdure (quello classico a “mullino”, con un disco abbastanza fine), si rimettono nella casseruola e si passano sul fuoco basso per asciugarle perfettamente, quindi si uniscono il burro (freddo) e il latte (caldo): il burro, tagliato a cubetti, va incorporato con l’aiuto di una spatola, quindi si procede con il latte, precedentemente portato a bollore, lavorando prima con la spatola, poi con la frusta, e si conclude lavorando il tutto con la frusta. Infine si ripassa il purè al setaccio per ottenere un composto ancora più fine. Qui la video ricetta completa. Il risultato talmente goloso che non servono aggiunte di sorta, né noce moscata né formaggio, e che il purè è buono da gustare anche da solo, così com’è.