Alcuni sostengono che il bollito sia una sorta di rito di passaggio. Quando si è bambini lo si odia, da giovani difficilmente lo si apprezza, ma arriva un momento nella vita in cui la calda ricchezza di gusto e di calore di questo piatto diventa una vera, irresistibile golosità. In astratto, il bollito è una preparazione semplicissima: carne immersa nell’acqua bollente e portata a cottura. Ma la scelta dei tagli, la diversità delle tipologie di carni usate, gli accompagnamenti proposti, la presentazione, ne fanno una preparazione sontuosa, che si caratterizza in modo diverso nelle varie regioni. E se è vero che il bollito è particolarmente radicato nel territorio della pianura Padana (dove nebbia e freddo ne fanno un vero comfort food invernale), esistono bolliti anche in altre regioni d’Italia, e all’estero.
Il bollito piemontese
È il più noto dei bolliti italiani, preparato secondo una rigida regola. Secondo la tradizione, il bollito perfetto deve rispondere alla “regola del sette”: sette sono i tipi di carne che lo devono comporre, sette gli ammennicoli, sette le verdure e sette i “bagnetti”, le salse per accompagnarlo. Scaramella, punta di petto, fiocco di punta, cappello da prete, noce, tenerone e culatta sono le carni, che vanno cotte separatamente, ciascuna in base al proprio tempo, in acqua bollente salata e profumata con sedano, carota, cipolla, aglio e rosmarino. A parte vanno cotti la testina, lo zampino, la gallina, la lingua, la lonza, la coda e, ciliegina sulla torta, il cotechino; i contorni vedono protagoniste le verdure: cipolline, zucchine, finocchi, patate, rape, verze e carote, semplicemente lessate oppure ripassate al burro. Infine, i bagnetti, le salse: il bagnetto verde (a base di prezzemolo) e quello rosso (di pomodoro), la salsa di pomodoro e acciughe, la sausa di avije o salsa delle api (a base di miele), la salsa con senape e la mostarda d’uva. A parte si serve il brodo. Tutto questo ben di Dio va gustato con calma e, possibilmente, secondo il cerimoniale custodito dalla Confraternita del Bollito, senza dimenticare una bottiglia di Barbera per accompagnare il tutto, ed eventualmente anche per “correggere” il brodo.
In Lombardia
In Lombardia non esiste una ricetta codificata per il bollito perfetto, ma ci sono tante varianti locali, ognuna con la sua tradizione. Così a Milano il bollito si prepara con testina, reale e coda di vitello, biancostato di manzo e gallina, a volte si aggiunge un ossobuco e si cuociono le diverse carni (tranne testina e coda, che vanno cotte a parte) in un’unica pentola con sedano, carota, patata e cipolla, il tutto profumato con qualche gambo di sedano. Il brodo, ben sgrassato, potrà essere usato per preparare un saporito risotto. In un’altra pentola si cuoce un cotechino. Il bollito si serve con la salsa verde o con la mostarda. E la mostarda è la compagna perfetta del bollito cremonese, ricchissima specialità che viene in genere servita a Natale, in cui ai tagli magri e grassi di manzo e vitello si aggiungono la testina, la lingua, il maiale, il cappone e un salame da pentola.
Alla bolognese
Capitale della ricchezza Gastronomica, Bologna non può non avere una sua versione del bollito, realizzato con tagli di vitello (inclusi lingua e testina) e di manzo, cui si uniscono la gallina e il cotechino. A fare la differenza è la varietà di contorni, che possono comprendere, oltre ai classici come senape e salsa verde, salsa rossa con peperone, mostarda di mele cotogne, fagioli in umido, cipolline in agrodolce, purè di patate, spinaci al burro, oltre al tipico friggione, tradizionale salsa a base di cipolla e pomodoro.
A Verona, con la pearà
Particolare è la versione del bollito proposta a Verona, che vede protagonista il manzo e un cotechino (a piacere si possono aggiungere gallina, testina di vitello e lingua salmistrata), ma soprattutto l’accompagnamento della squisita salsa pearà, preparata con pane raffermo, midollo di bue e il brodo di cottura del bollito. Brodo che viene spesso usato anche per cuocere e servire le tagliatelle.
La caldaia triestina
A Trieste il bollito misto si chiama “caldaia”, ed è preparato e servito nei caratteristici buffet, ristoranti tipici della città. A differenza degli altri bolliti italiani, questo è prevalentemente a base di maiale: la porzina, così vengono chiamati i diversi tagli di maiale – in genere coppa e spalla – cui si aggiungono wurstel, cragno (salsiccia leggermente affumicata), cotechino, muset (altra sorta di cotechino) e carré, a volte anche prosciutto, e poi lingua e testina di vitello. La cottura avviene, per tradizione, nella caldaia, un calderone che nei buffet ribolle in continuazione. Perché il bollito triestino è un piatto difficile da preparare in casa, più facile è assaporarlo nei locali tipici, come i celebri buffet Siora Rosa e Da pepi, accompagnato da crauti, senape e cren, per un sapore decisamente austroungarico.
Non solo Nord
Se è vero che il bollito è una preparazione legata principalmente alle cucine del Nord Italia, è anche vero che il Centro e il Sud possiedono proprie versioni del piatto che meritano più di un assaggio. Così a Firenze il lesso si fa con il manzo e la gallina, da cuocere e servire con carote e patate; ad accompagnare il tutto, sottaceti e sottoli. A Napoli si cucina a lesso il manzo, che poi viene sfilacciato con le mani e ripassato nel sugo di pomodoro e aglio, oppure proposto freddo in insalata con pomodorini, cipolline, sedano e olive: è “a carn’a nzalata”.
Quale sia la tradizione cui ci si rifà, occorre ricordare che per un buon bollito occorre scegliere della buona carne, di ottima qualità, non troppo magra ma ammorbidita da un po’ di grasso. Da non dimenticare, poi, la regola che vuole per un buon brodo la carne immersa in acqua inizialmente fredda, mentre per una buona carne bollita i tagli inseriti nell’acqua già bollente. E se il bollito dovesse avanzare, nessun problema: la carne si può gustare il giorno dopo, fredda, semplicemente condita con un filo di olio e limone o con una maionese fatta in casa, oppure può diventare ingrediente di insalate o di squisite polpette.