Dunque abbiamo un problema, bello grosso.
Dopo i brutti episodi di violenze e molestie a sfondo sessuale in piazza del Duomo, a capodanno, tutti ci dicemmo che forse c’era un problema di sicurezza e ordine pubblico, ma lo associammo a una mancanza di cultura di rispetto di genere sulla quale dover ancora lavorare.
Un valutazione che rimane, ma che viene allontanata dal vero nocciolo della questione dai nuovi, gravi episodi di sabato scorso: ragazzi derubati e accoltellati, e una sequela di risse.
A questo punto si impone una lettura fredda dei fatti, perché è la stessa cronaca a darci gli elementi per capire cosa sta accadendo.
Innanzitutto i luoghi nel quale le violenze si sono consumate: corso Como, piazza Gae Aulenti, cioè l’ombelico della nuova Milano e della movida più di tendenza. Non stiamo parlando di periferie, di zone depresse, ma di vie e piazze sulle quali si affacciano i quartieri residenziali più alla moda, costosi, “ben abitati” e organizzati di conseguenza. Dove – per intenderci – qualche mese fa una troupe televisiva rischiò la multa solo per avere messo a terra un cavalletto per la telecamera; dove di giorno la meglio gioventù dà vita a una sorta di centro fitness all’aperto.
Poi va notato che non stiamo parlando di un’occasione di baraonda collettiva fuori controllo come accaduto a capodanno, ma di un comune, normale, sabato notte tra musica e locali alla moda.
Certo, il meccanismo urbano secondo il quale il meglio attira il peggio, è noto e scontato, ma quando il peggio prende violentemente il sopravvento sul meglio, quando cominciano a girare coltelli e dei ragazzi finiscono in ospedale, qualche domanda bisogna porsela.
Per cominciare potrebbe essere utile volgere lo sguardo a situazioni pregresse, nelle quali – fatte le dovute distinzioni – certi fenomeni si sono già visti.
Proprio su queste pagine, tempo fa, pubblicammo un articolo sul quartiere Bicocca. Un progetto modello, per visione urbanistica, qualità costruttiva, riqualificazione e convivenza tra residenti e realtà universitaria. Eppure ne scrivemmo per il clima di violenze, per le regolari incursioni serali di bande provenienti da altre zone, anche lontane. Il racconto che uscì dalle interviste ai residenti fu di un progetto incompiuto, anche perché calato in un territorio circostante che non aveva vissuto la stessa riqualificazione, con lo stesso passo.
Certo, le distinzioni vanno fatte e sono non banali, ma potrebbe essere il caso di chiedersi se il bellissimo progetto di Porta Vittoria, con l’esemplare convivenza di moderna edilizia e verde pubblico, appendice perfetta di quel corso Como simbolo di mondanità, non sia ancora troppo “marziano” nella sua contiguità con le stazioni di Porta Garibaldi e poco oltre Milano Centrale, che – inutile nasconderlo – malgrado i ripetuti interventi, rimangono segnate da bonifiche incompiute, in modo evidente.
C’è poi da chiedersi anche se non sia più vera di quanto ci sia detto, la condizione di una città a due velocità, con un centro che corre, non solo sincronizzato con le realtà metropolitane europee, ma addirittura all’avanguardia e periferie che saranno anche tutte diverse tra loro, come giustamente dice il sindaco Sala, ma in comune hanno la percezione di non rientrare in un progetto complessivo di riqualificazione, di un visione di città.
L’ultimo dubbio è su quanto sia utile continuare a rassicurarci con i dati che vedono Milano con un tasso di criminalità tutto sommato confortante. Dalle violenze di capodanno in piazza del Duomo sono trascorsi solo due mesi e stavolta si è passati da vittime sotto shock a ragazzi in ospedale. Una risposta va data, possibilmente subito.