Il proseguimento della guerra aggiunge ogni giorno nuove atrocità e miseria alla lunga lista di crudeltà inferte dalle forze russe. L’incalzare del tempo gonfia anche a dismisura l’incertezza legata alle prossime mosse del Cremlino, le cui intenzioni sono ancora avvolte in una fitta nebbia di guerra.
Beninteso, è abbastanza semplice farsi un’idea del progetto perseguito da Mosca e di quale sia la sua logica strategica: Vladimir Putin e i suoi avatar istituzionali hanno il pregio di essere sinceri su ciò che vogliono, così come lo sono stati nei giorni precedenti all’invasione.
Annullare la sovranità ucraina con qualsiasi mezzo rimarrà l’obiettivo russo finché il governo continuerà a vedersi impegnato in un conflitto politico con Stati Uniti e Nato, e l’attuale guerra può essere capita solo come un capitolo di quel confronto più ampio.
È proprio questo sfondo globale a impedire di prevedere quali costi il Cremlino sarà disposto a incorrere nel corso di quella che ha definito «operazione speciale». Che le autorità russe abbiano minacciato Washington con «conseguenze imprevedibili» nel caso gli Stati Uniti continuino a rifornire Kiev con armi avanzate è sintomatico del grande impatto che esse stanno avendo sul campo.
Da una prospettiva russa di stampo realista il supporto americano è anche un comportamento prevedibile, dal momento che la Casa Bianca è ritenuta la centrale di controllo di tutti i movimenti considerati russofobi, nazisti, terroristici o comunque contrapposti alla sfera d’influenza del Cremlino in Eurasia.
Questa certezza inalterabile rende molto complicato dare un giudizio su dove si trovi la linea rossa superata la quale il Cremlino opterebbe un’escalation delle ostilità. Non solo, ma è difficile anche valutare in cosa possa consistere questa escalation nei fatti (con buona pace di molti analisti da talk show che snocciolano le prossime mosse russe con la furiosa certezza di chi si arrampica sugli specchi).
Un esercizio forse più utile è esplorare quali incertezze ci impediscono di prevedere un’eventuale escalation russa.
La domanda più urgente riguarda la tipologia di armi fornita dall’Occidente: quanto è accurato pensare che il rifornimento di armi “offensive” possa precipitare un attacco russo ai Paesi Nato? Già due settimane fa – in questo articolo – descrivevamo la classificazione in armi “difensive” e “offensive” come molto tenue, e anche se alcuni sistemi d’arma possono essere utilizzati per colpire il territorio della Federazione Russa (soprattutto cacciabombardieri), la distinzione è flessibile e determinata politicamente da Mosca. La fornitura di armi in sé, senza un cambiamento significativo nella postura militare ucraina, non giustificherebbe un intervento russo per bloccare i rifornimenti all’Ucraina.
Il presupposto su cui stanno operando molti analisti (e non) è che l’aumento della pressione da parte dei russi possa basarsi sull’impiego di armi nucleari tattiche, una classe di ordigni che abbondano negli arsenali russi. Com’è noto, Mosca prevede scenari in cui potrebbe arrivare all’impiego di armi nucleari quando esiste una minaccia esistenziale per la sopravvivenza dello Stato, oltre che situazioni in cui le armi nucleari tattiche (quindi con una potenza inferiore da quelle previste per attacchi contro le città) potrebbero essere usate per forzare un nemico convenzionale a chiedere un cessate il fuoco.
Un elemento a sfavore di questa chiave di lettura è che i russi sono molto cauti rispetto a tutto ciò che riguarda le armi nucleari. Nonostante le tensioni, il recente test del missile balistico intercontinentale Satan-2 è stato preannunciato secondo tutti i protocolli del caso agli Stati Uniti. Anche l’imposizione dello stato d’allerta delle forze nucleari a febbraio è stata più una minaccia senza conseguenze che un vero cambio di paradigma.
In più, una prospettiva strategica che immagina la Russia in una guerra politica illimitata con la Nato, è l’imposizione di sanzioni sistemiche che si avvicinerebbe maggiormente a un “pericolo esistenziale” per la sopravvivenza del regime. Rischiare l’Armageddon nucleare per le sanzioni sul gas? Anche in questo caso, si tratta di uno scenario improbabile su cui gli esperti di deterrenza nucleare nutrono seri dubbi.
Infine rimane l’opzione dell’utilizzo di armi non-nucleari, come misure di guerra elettronica o il lancio di un “missile d’avvertimento” contro le infrastrutture in Polonia. Questa sarebbe sicuramente un’opzione intermedia valida che ridurrebbe il rischio di un fraintendimento o una perdita di controllo da parte russa.
D’altra parte, il fallimento diffuso di alcuni sistemi d’arma russi in Ucraina indica anche il rischio di una gaffe internazionale se un ipotetico missile venisse intercettato nella sua traiettoria verso territori Nato, o se le misure di guerra elettronica dovessero rivelarsi più gestibili del previsto. La conseguenza sarebbe il deterioramento della forza di deterrenza russa e una perdita di credibilità.