Effetti perversiLa cattiva antimafia che ha fatto più danni allo stato di diritto che ai delinquenti

Non è difficile da individuare: se è fatta di passerelle, abusi carcerari, patti taciti con i pentiti mentitori, allora non è certo buona. Per combattere la criminalità organizzata serve un lavoro duro, difficile e lontano dalle telecamere

di David Werbrouck, da Unsplash

L’antimafia è tante cose. È il lavoro di polizia e giudiziario, duro e spesso pericoloso, che in silenzio e negli uffici, non nel chiasso e dai palchi dell’informazione embedded in Procura, funzionari scrupolosi conducono a contrasto dell’illegalità e per l’applicazione delle leggi dello Stato.

Ma l’antimafia non è solo questo. L’antimafia è, appunto, anche la militanza spettacolare e retorica di certe star togate. L’antimafia è anche l’instaurazione e la difesa ferrea di un sistema penal-carcerario barbarico e di inutile afflizione. L’antimafia è anche la pretesa che un vecchio demente divorato dalle metastasi debba per forza morire in prigione, e che il potere pubblico dimostri la sua forza rivendicando il merito di averlo portato fuori da lì chiuso in una cassa. L’antimafia è anche la conferenza stampa a margine del rastrellamento di trecentocinquanta persone che inaugura la “rivoluzione” con cui si smontano pezzi di paese come giocattoli. L’antimafia è anche la requisitoria impunita contro il cinico mercante di morte, e la carriera fatta su quello scempio.

L’antimafia è anche il sodalizio tra il pentito mentitore e il pubblico ministero che fa spallucce se gli si ricorda che lo spione ha inguaiato tanta gente che non c’entrava nulla. L’antimafia è anche il maschio alfa del giustizialismo incorrotto secondo cui un po’ di innocenza in galera è dopotutto fisiologica e il sovraffollamento delle carceri è un finto problema, perché basta costruirne ancora – un ospedale, un carcere; un asilo, un carcere; una biblioteca, un carcere – così siamo tutti più sicuri e anziché solo tre innocenti al giorno possiamo sbatterne dentro a piacere, senza dover ascoltare questi rompiscatole dei garantisti.

L’antimafia è anche la magistratura che celebra la sana austerità della tortura del 41 bis a petto della intollerabile stagione passata, quella delle carceri adibite a Grand Hotel, luoghi dove i criminali si godevano il lusso di non dormire con un faro acceso in faccia o di respirare all’aria aperta per troppi, oltraggiosi minuti.

Quest’altra antimafia è ciò di cui non dovrebbe menare vanto nessun sistema civile, nessun ordinamento democratico, nessuna società appena evoluta. Ma è invece l’antimafia trionfante: quella che, mentre ha fatto assai poco male alla mafia, molto ne ha arrecato a quel che si direbbe, se ancora la dicitura avesse un senso qui da noi, lo Stato di diritto.

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