Maggio roventeÈ presto per dire che avremo un’estate come quella del 2003

L’attuale ondata di calore, caratterizzata da punte di 35 gradi, è sintomo di un clima che sta inesorabilmente cambiando, ma non è detto che sia il preludio di una stagione estiva sulle orme di quella di 19 anni fa. E secondo Valentina Acordon (Società meteorologica italiana), l’indicatore più allarmante «non è il caldo di queste giornate, bensì la siccità dello scorso inverno»

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Inizia a serpeggiare, tra (molti) annunci allarmistici e (poche) previsioni meno catastrofiste, l’ipotesi che l’estate alle porte (il solstizio è tra meno di un mese, il 21 giugno) possa proporsi nelle stesse condizioni di quella del 2003. Che non facciamo fatica a ricordare come una delle più afose e torride della nostra storia recente. 

La lunga e intensa ondata di caldo che 19 anni fa colpì l’Europa, Italia compresa, è ancora impressa nella memoria di chi era abbastanza grande per rivivere (mentalmente) le temperature e il tasso di umidità di quel mese di agosto. In effetti, come sottolineano diversi climatologi e meteorologi, esistono delle analogie tra la primavera che ha preceduto la tristemente famosa estate del 2003 e quella che stiamo vivendo attualmente, con il termometro che ormai da una settimana ha cominciato a misurare 30 o più gradi in diverse città d’Italia (specialmente al centro-nord). 

Secondo Valentina Acordon, meteorologa della Società meteorologica italiana (Smi) – la più importante associazione nazionale per lo studio e la divulgazione di meteorologia, climatologia e glaciologia – è difficile fare previsioni certe. E i segnali più allarmanti non arrivano dalle temperature dei giorni passati, ma dalla siccità che ha contraddistinto l’ultimo inverno.

«Quello che si può dire è che sussiste un fattore di rischio di avere delle grandi ondate di calore più accentuate rispetto ad altre estati, a causa della lunga siccità degli ultimi mesi. Non sono tanto le ondate di calore di questi ultimi giorni ad essere indicative, quanto la grande siccità, che può ancora portare a un’amplificazione di giorni con temperature sempre più infuocate», spiega la scienziata. 

L’estate di 19 anni fa fu preceduta da una primavera molto secca e calda, anche nel mese di maggio. Come nel 2022. «Quando iniziarono le ondate di calore estive, i terreni erano già molto inariditi. La scarsa evapotraspirazione (la quantità d’acqua che finisce nell’atmosfera grazie all’evaporazione diretta dagli specchi d’acqua, ndr) accentuò il surriscaldamento dell’aria nei bassi strati. E la poca evapotraspirazione abbassa anche il rischio e rovesci temporaleschi estivi: questa situazione ha aumentano ulteriormente il rischio siccità. Insomma, il fenomeno si autoalimentava». 

In ogni caso, come ricorda Acordon, il caldo dell’estate 2022 potrebbe non essere omogeneo su tutta la Penisola, a differenza del 2003. Un esempio? 19 anni fa, come spiega Valentina Acordon, in Piemonte la zona che registrò temperature più basse – intorno ai 35°C – rispetto al resto della regione fu il vercellese. Si tratta di un’area in cui le risaie allagate, che garantiscono un’umidità maggiore, hanno aiutato a mitigare l’aumento delle temperature. 

Detto questo, una certezza l’abbiamo. Leggendo il report sui cambiamenti climatici in Italia che l’Istat ha pubblicato il 28 marzo scorso (con riferimento al 2020), notiamo che – rispetto al decennio 2006-2015 – la nostra Penisola ha registrato un aumento delle temperature di 0,3°C. Nel podio delle dieci città con un incremento termico maggiore ci sono Perugia (+2,1°C), Roma (+2°C) e Milano (+1,9°C). A ciò si aggiunge un altro dato poco rassicurante: il 2020 è stato l’anno meno piovoso dell’ultimo decennio.

Tornando alle previsioni per l’estate alle porte, potenzialmente simile a quella del 200, Antonello Pasini, fisico del clima del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), conferma le posizioni della meteorologa Acordon, se non altro nelle premesse. «L’ondata di caldo dell’estate 2003 è stata eccezionale, sia per intensità sia per estensione geografica, sia per durata. Nessuno, però, può dire se l’estate che sta per arrivare raggiungerà proprio quegli apici di temperatura». 

Tuttavia, spiega lo scienziato, oggi siamo in grado di effettuare previsioni stagionali medie che fino a un decennio fa si conducevano solo a livello sperimentale: la bontà di queste previsioni dipende molto dalla zona del globo su cui vengono effettuate. «Ad esempio, in Africa permettono addirittura di prevedere l’andamento della diffusione della malaria. Queste previsioni sono un po’ meno affidabili in altre regioni, come nel caso del Mediterraneo», specifica Pasini.

Le previsioni pubblicate qualche giorno fa dall’autorevole Centro europeo ECMWF hanno però rilevato un’alta probabilità che su tutta l’Europa la prossima estate si riveli molto più calda della media. «In particolare, i mesi di giugno e luglio sembrerebbero i più critici. A ciò si aggiunge che le precipitazioni si prevedono inferiori alla media del periodo. Per quanto riguarda la nostra Italia, questa previsione va a sommarsi all’osservazione che sia l’inverno che la primavera sono stati particolarmente siccitosi, e dunque questa ondata di caldo estiva andrà ad aggravare la situazione idrica», dice il dottor Pasini, «in queste condizioni anche il mare intorno alla Penisola si potrà riscaldare oltre la norma, e questo fornirà più vapore acqueo e calore all’atmosfera. Il che favorirà un autunno caratterizzato da eventi estremi di precipitazioni violente».

Da una parte, i paragoni tra l’estate del 2003 e quella del 2022 sono un po’ affrettati. Dall’altra, la siccità dei mesi precedenti e le previsioni critiche – da inserire nel contesto della crisi climatica – potrebbero causare impatti negativi, specie nel settore dell’approvvigionamento idrico. 

«Non bisogna dimenticare», sottolinea lo scienziato del Cnr, «che le grandi città si riscaldano più delle campagne circostanti, a causa del fenomeno dell’isola di calore urbana, dovuto alla maggiore presenza nei centri urbani di materiali, come asfalto e cemento, che assorbono e ri-emettono calore in grande quantità. In queste condizioni, le persone più fragili come gli anziani, che hanno un sistema termo-regolatorio non ottimale, possono raggiungere la soglia di tolleranza fisiologica al caldo-umido, con gravi conseguenze. Anche mortali». 

Infine, c’è un altro potenziale problema. E riguarda la chimica: «In condizioni di grande soleggiamento e altissima temperatura, gli inquinanti primari, prodotti anche dalle marmitte degli autoveicoli a combustione interna, reagiscono chimicamente con la luce solare formando inquinanti, detti secondari o fotochimici, come l’ozono, che sono estremamente pericolosi per le vie aeree e per alcune categorie come gli anziani, i bambini, gli asmatici, i cardiopatici».

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