Dopo un calo fisiologico dovuto alla pandemia Il fatturato delle imprese manifatturiere distrettuali ha registrato un rimbalzo del +25,2%: il 4,3% in più rispetto al 2019. Un contributo importante è venuto dalle esportazioni che nel 2021 hanno sfiorato i 133 miliardi di euro, toccando un nuovo record storico. Solo il sistema moda non ha ancora pienamente recuperato quanto perso nel corso del 2020. Sono questi i dati che emergono dalla quattordicesima edizione del Rapporto Economia e Finanza dei Distretti Industriali di Intesa Sanpaolo.
Il presidente del Consiglio di Amministrazione Gian Maria Gros-Pietro, il chief economist Gregorio De Felice e il responsabile della ricerca Industry & Banking Fabrizio Guelpa hanno presentato il rapporto che mostra la difficoltà per le imprese a operare con prezzi delle commodity volatili ed elevati che possono mettere in pericolo i loro equilibri economico-finanziari.
La sciagurata invasione russa dell’Ucraina ha cambiato i piani di molte aziende perché per i Distretti i mercati russo e ucraino valevano nel 2021 3,2 miliardi di euro, il 2,4% del totale. Le regioni più esposte sono il Veneto (805 milioni di euro), la Lombardia (771 milioni) e l’Emilia-Romagna (531 milioni). In termini di incidenza spiccano Umbria (10,8%) e Marche (5,7%), seguite a distanza dall’Abruzzo (3,1%).
Se i problemi di approvvigionamento innestati dalla pandemia e poi amplificati dall’invasione russa porteranno a una regionalizzazione su base continentale delle catene globali del valore, si potranno aprire opportunità per i Distretti italiani grazie alla presenza di filiere strutturate e di un buon nucleo di imprese resilienti. «Il rischio geopolitico scatenato dai conflitti nell‘Europa dell‘est rappresenta un problema per le relazioni commerciali. Potrebbe però al tempo stesso condurci a pensare a un diverso sistema di globalizzazione», ha spiegato De Felice.
Non c’è solo la guerra a cambiare lo scenario macroeconomico: l‘inflazione è permanente. Alla pari di un eccesso di domanda, giunge una interruzione della fase espansiva di politica monetaria. Questa è già una premessa necessaria, che costringe a produrre considerazioni nuove rispetto al futuro che ci attende.
Ci troviamo di fronte a un rallentamento economico, ma storicamente i Distretti sono sempre stati capaci di presidiare i mercati esteri. I dati del report confermano l’elevata competitività dei Distretti a livello internazionale. Nel primo trimestre del 2022 l’export è aumentato del 19,3%, con punte superiori al 20% in molte regioni: tra queste la Lombardia (+25,5%), l’Umbria (+25,2%), il Friuli-Venezia Giulia (+24,5%), la Puglia (+24,1%), la Toscana (+23,3%). Il confronto con i livelli pre-pandemici mostra un progresso del 16%.
I Distretti possono poi contare su un nucleo di aziende trainanti che si sono dimostrate resilienti durante la pandemia. 845 imprese distrettuali, pari al 4,7% del totale, nel corso del 2020 sono cresciute, hanno registrato buoni livelli di EBITDA margin (oltre l’8%) e un grado di patrimonializzazione superiore al 20%, oltre ad aver mostrato un aumento degli addetti tra il 2018 e il 2020. Queste imprese particolarmente resilienti sono più diffuse tra i soggetti medio-grandi e in alcuni settori (mezzi di trasporto, agro-alimentare, meccanica e intermedi). Per numero di imprese champion, spiccano Lombardia (262) e Veneto (208), mentre per incidenza si sono messe in evidenza Trentino-Alto Adige (9,2%), Campania (6,4%) e Puglia (6%).
Un punto chiave per reagire alla situazione è una forte ripresa degli investimenti: puntare sull’ambiente. E si può fare di più. Leggendo il report si nota come in un settore come il legno- arredo ad alta intensità distrettuale, nell’ultimo triennio poco meno di 4 un’impresa su tre ha acquistato macchinari efficienti che riducono il consumo energetico. Si scende addirittura sotto il 6% quando si considera la quota di imprese che ha realizzato investimenti in impianti per la produzione di energia elettrica da rinnovabili o per la produzione di energia termica da rinnovabili o di cogenerazione e/o recupero di calore.
Un’altra area di miglioramento riguarda la governance. La capacità delle imprese di rinnovare e potenziare le proprie competenze e aprirsi con più facilità alla transizione tecnologica e green può anche essere facilitata dal passaggio generazionale. Nel biennio 2020-21 il processo di rinnovamento generazionale sembra aver subito una frenata: la quota di imprese distrettuali che hanno apportato modifiche al proprio board è, infatti, scesa al 13,2% nel 2020 e al 12,2% nel 2021, dopo che tra il 2016 e il 2019 era stata sempre abbondantemente sopra il 14%, rimanendo comunque superiore alle aree non distrettuali.
«L‘Italia che produce è composta di unità produttive attrezzate e competenti», ha spiegato Gros-Pietro. «Esse costituiscono un motore, ed è a loro che dobbiamo affidarci. I dati dimostrano che abbiamo a che fare con cambiamenti profondi e molto vasti Sono cambiate le condizioni geopolitiche, ci sono i cambiamenti climatici», ha aggiunto. «Questa è una opportunità. Servono investimenti. La liquidità c’è. È il momento di attivare il capitale. Basta scegliere le direttive».
Fondamentale è la presenza del Piano nazionale di ripresa e resilienza, di cui la maggior parte degli italiani è ancora troppo poco consapevole. Di 400 miliardi, Intesa ne ha destinati 270 alle imprese. «La digitalizzazione è una delle direttive sopracitate per intervenire sulla transizione ecologica, energetica e globale. È lì che dobbiamo spostare gli investimenti», conclude il presidente del Consiglio d‘Amministrazione.