È stato necessario prenderlo nella flagranza della figura da tonto in Polonia, con quel sindaco che gli srotolava in faccia la sua ex maglietta con l’immagine del despota russo, per estorcergli una mezza parola di condanna dell’aggressione all’Ucraina. Ma non ci piove che se fosse stato per Salvini non solo quel riconoscimento obtorto collo non ci sarebbe stato, ma nemmeno sarebbero stati presi i provvedimenti a sostegno della difesa degli aggrediti.
Le polemiche di questi giorni sull’azione della Lega contaminata da probabilissime interferenze non meriterebbero nemmeno gli accertamenti di cui si vagheggia, perché basta e avanza considerare ciò che non da oggi è sotto gli occhi di tutti: e cioè che Matteo Salvini e il suo partito, a parte le invocazioni di pace buone per il comizio del pacifista comunista sindacalista collaborazionista, non hanno speso autonomamente una parola di censura, non hanno intrapreso nessuna iniziativa e insomma non hanno fatto nulla, letteralmente nulla, per rendere chiaro che stavano dalla parte del mondo libero e contro quella che ad esso si è opposto con le armi, con le stragi, con gli stupri di massa, con le deportazioni.
La realtà è che Matteo Salvini e la Lega molto malvolentieri si sono costretti a condividere l’azione di governo e il percorso delle sanzioni, e l’hanno fatto – sempre nel modo ambiguo e sostanzialmente esitante di cui abbondantemente hanno dato prova – non per convinzione ma per necessità: la bieca necessità di manutenzione del proprio accreditamento, perché uscire dal governo dichiarando quel che davvero pensavano, e cioè bisognava che i russi fossero lasciati in pace e ‘sticazzi la resistenza degli ucraini, li avrebbe spediti a raccogliere consenso in consorzio con quelli per cui i profughi sono passanti e con Sua Eccellenza il punto di riferimento fortissimo di tutti i terzi mandati.
Non c’è proprio nulla da indagare su Salvini e sulla Lega.