Il contrasto non può essere più stridente: mentre a Mosca Vladimir Putin passava in rassegna i modelli di nuovi sofisticati sistemi d’arma high-tech, in Crimea le forze armate ucraine mettevano in scena la peggiore umiliazione possibile per l’esercito russo. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati gli attacchi missilistici e sabotaggi a installazioni militari sulla penisola annessa dalla Russia nel 2014. Gli attacchi alle basi aree e ai depositi di munizioni conferma quello che già sapevamo: l’artiglieria ucraina ha la capacità di attaccare in profondità e nessun sistema antiaereo russo (o della NATO, per quel che vale) è in grado di contrastare improvvisi scrosci di proiettili con pochissimo preavviso. Le fonti di fuoco e i tipi di effettori usati (granate d’artiglieria, missili balistici, droni kamikaze) troppo variegati per avere difese one size fits all.
L’incapacità delle forze armate russe è stata recepita anche dalla popolazione civile, forse una delle poche situazioni in cui il velo della censura e della propaganda sono stati perforati dalla realtà dei fatti.
Mosca ha abbozzato, parlando di incidenti e spostando l’attenzione su presunti attacchi terroristici dei nazisti ucraini sul territorio legittimo della Federazione. Ma è impossibile negare i numeri: secondo Interfax, il ponte che collega la penisola illegalmente annessa alla Russia continentale ha visto il transito di 38.000 macchine lunedì, un record assoluto che rimarrà impresso come le foto delle colonne di fumo sullo sfondo degli stabilimenti balneari.
Il piano militare al di là dei simboli
Il piano simbolico è importante perché conferma l’intenzione di Kyiv di continuare una lotta senza quartiere all’interno del perimetro del territorio internazionalmente riconosciuto come Ucraina, così come delle zone a ridosso del confine. È qua che si sono concentrate le azioni di sabotatori, un cambio di passo rispetto all’utilizzo di elicotteri d’assalto a Belgorod qualche mese fa. I vantaggi sono molteplici: i russi hanno indubbiamente migliorato le difese antiaeree in questi settori, ma l’utilizzo di artiglieria di produzione americana avrebbe rappresentato una linea rossa per gli alleati internazionali, che non vogliono provocare un’escalation generalizzata.
Ma la logica militare dietro questi attacchi è ferrea. Come nelle prime settimane del conflitto, la Russia ha ancora parecchie difficoltà nello stabilire linee di rifornimento logistico su gomma. Le immense perdite di camion e l’utilizzo di linee ferroviarie obbliga gli invasori a concentrare le proprie riserve in grossi deposti a ridosso del fronte, la cui profondità (ovvero lo spazio di manovra vulnerabile al fuoco nemico e nel quale organizzare le difese) è particolarmente marcata.
La rigidità organizzativa e le circostanze rendono difficile per i russi adattarsi alla minaccia ucraina. Ciò è un grosso vantaggio per Kyiv, che con questa campagna di bombardamenti mirati sta cercando di affievolire la schiacciante superiorità russa in termini di munizioni e artiglieria. Se nelle retrovie regna il caos, infatti, sula linea del fronte sono gli invasori ad avere ancora il vantaggio in termini di potenza di fuoco. I russi possono permettersi bombardamenti ininterrotti su vaste porzioni del fronte, gli ucraini no.
Non è solo la mancanza di munizioni il problema, bensì anche il numero insufficiente di bocche da fuoco e la diversità fra munizioni e sistemi d’arma utilizzati. Le truppe di Kyiv avrebbero addirittura danneggiato alcuni esemplari di Panzerhaubitze 2000, gli obici semoventi tedeschi donati poche settimane fa, cercando di mantenere un ritmo di fuoco troppo alto e logorando così le unità in dotazione, oltre che sparando granate di produzione sovietica inadatte al sistema.
Freni e frizioni
L’unica speranza dei difensori, sapendo di non poter intaccare le immense riserve di munizioni e pezzi di ricambio russe, è quindi creare penurie di rifornimenti al fronte disturbando i sistemi logistici nemici.
Inoltre, annunciando offensive mai materializzatesi attorno a Kherson e danneggiando le infrastrutture nel sud del Paese, gli ucraini si sono dimostrati in grado di esercitare pressioni in diverse parti del fronte e costringere Mosca a sfoltire le proprie unità in Donbass. Truppe più distribuite equivalgono a direttive d’attacco più deboli e un attrito operativo maggiore: le unità russe e separatiste, già sfinite da mesi di guerra, esauriscono la loro spinta offensiva più rapidamente e tendono a maggiore insubordinazione e ammutinamenti.
Perché allora gli ucraini hanno posto un freno a una vera offensiva di terra per sfruttare la debolezza delle linee russe? Un assalto sarebbe una scommessa con un’altissima posta in gioco. Il costo di un fallimento sarebbe molto alto per un Paese per il quale munizioni e uomini sono risorse limitate.
In più, gli ucraini scontano una mancanza di organizzazione nella gestione di operazioni multidominio e di operazioni con armi combinate, ovvero coordinare operazioni fra diverse braccia delle forze armate e tipi di assetti (forze corazzate, artiglieria, fanteria eccetera). Queste capacità sono fondamentali per poter avanzare dopo un primo sfondamento e sfruttare vantaggi locali. Per questo si è finora deciso di logorare le strutture che sostengono le operazioni al fronte; rimane da vedere quando gli ucraini si riterranno in grado di montare attacchi più di largo respiro rispetto a semplici incursioni sulla linea del fronte.