Il decreto legge 115/2022 ha introdotto la figura del “docente esperto” nella scuola sollevando numerose polemiche da parte delle organizzazioni sindacali, spesso più sul metodo che sul merito. L’intervento si inserisce in una riforma globale che non può essere rinviata e che tutti invocano, a partire dai genitori degli alunni.
Il PNRR ha previsto una importante riforma della scuola finalizzata al miglioramento della qualità del sistema nazionale di istruzione e formazione. In questo contesto il legislatore ha realizzato, con il D.L. 36/2022 art. 16 ter, una importante innovazione per ciò che concerne la formazione degli insegnanti. In sostanza, la nuova formazione continua diventa un percorso essenziale per tutti gli insegnanti e, a regime, obbligatorio per i neo immessi in ruolo. È realizzata attraverso percorsi triennali al termine dei quali i docenti che saranno valutati positivamente, in base a criteri ed indicatori di performance definiti in sede di aggiornamento contrattuale, potranno percepire un elemento retributivo una tantum di carattere accessorio, tra il 10% e il 20% del trattamento stipendiale in godimento (in media circa 5.000 euro).
La formazione è gratuita per gli insegnanti e sono state individuate coperture finanziarie (circa 44 milioni l’anno, a regime, dal 2024) che consentono di realizzare percorsi formativi per circa 280.000 insegnanti l’anno, coprendo circa il 40% degli insegnanti di ruolo.
Allo scopo di correlare la formazione con uno sviluppo professionale e una carriera degli insegnanti che potesse assumere un carattere strutturale, è stata introdotta, con il D.L. Aiuti bis, la figura del “docente esperto”. Accedono a questa posizione giuridica i docenti di ruolo che abbiano conseguito una valutazione positiva nel superamento di tre percorsi formativi triennali consecutivi e non sovrapponibili (9 anni di formazione) nel limite di un contingente massimo di 8.000 docenti l’anno a partire dall’a.s. 2032/2033 e per i successivi tre anni scolastici, per un massimo a regime di 32.000 insegnanti. In pratica circa quattro docenti in media per ciascuna istituzione scolastica.
Questa nuova qualifica prevede un assegno ad personam annuo pari a 5.650 euro, che si somma al trattamento stipendiale in godimento. Il docente esperto si impegna a rimanere nella scuola di provenienza per almeno un triennio dal conseguimento della qualifica. Per ciò che concerne i criteri in base ai quali sono selezionati i docenti esperti, si rimanda invece alla contrattazione collettiva e le relative modalità a un apposito regolamento. In sede di prima applicazione e nelle more dell’aggiornamento contrattuale, la norma prevede i criteri di valutazione e selezione.
La disposizione, lasciando intatto il sistema degli scatti salariali, introduce per la prima volta un percorso di carriera del docente con la possibilità di crescita stipendiale correlata alla nuova posizione giuridica del docente esperto.
Ad oggi l’unica possibilità di crescita professionale del docente è quella di partecipare al concorso pubblico per dirigente scolastico, il cui numero è molto limitato (8.000 unità circa) e necessita, inoltre, di elevate competenze di carattere amministrativo.
L’istituzione della figura del docente esperto consente quindi di realizzare un percorso di sviluppo professionale correlato con formazione continua e finalizzato a migliorare la didattica nelle istituzioni scolastiche, inserendo nel sistema di istruzione e formazione un ben più ampio numero di figure professionali (32.000 unità) rispetto agli attuali 8.000 dirigenti scolastici.
Si tratta di un primo passo che dovrà necessariamente prevedere interlocuzioni con le parti sociali anche per individuare le necessarie competenze, gli standard professionali e il ruolo che dovrà avere il “docente esperto” nella propria istituzione scolastica. Considerata la tempistica definita dalla norma, c’è il tempo per poter riempire questa nuova figura professionale di ulteriori contenuti. Ma sarebbe un errore bloccare tutto.
La PA tutta sta cercando di affrontare la mancanza di competenze tecniche e specialistiche con la creazione, ad esempio, di una quarta area di inquadramento, prevista dal DL 80/2021.
Quel che è certo è che oggi non possiamo permetterci il lusso del benaltrismo o del rinvio sine die. Molti non comprendono la gravità della crisi della filiera formativa, che riguarda l’abbandono scolastico, la discontinuità didattica, la mancanza di docenti in materie Stem, la cattiva distribuzione dei docenti, i bassi salari e il cattivo reclutamento dei docenti. In un contesto storico in cui avremo, per motivi demografici, sempre meno giovani e non ci potremo permettere di sprecare capitale umano, ancor più con una cattiva didattica. La scuola deve essere una vera priorità e le sfide devono essere zero abbandono scolastico, l’aumento della scolarità, attivazione servizi di orientamento scolastico e la qualità della didattica.