«Ove si creassero le condizioni e Mattarella glielo proponesse, sono certo che Mario Draghi accetterebbe». Matteo Renzi, alla guida del Terzo polo con Carlo Calenda, non dubita che, nel caso dalle urne non uscisse un chiaro vincitore, sarebbe possibile un governo Draghi bis. Lo dice in un’intervista alla Stampa, escludendo qualsiasi sponda al centrodestra, perché «se ci sarà un governo Meloni noi saremo all’opposizione».
Ora, dice Renzi, il Terzo polo punta al 10%. «Se facciamo più del 10% saremo decisivi in Parlamento per la nascita di un governo serio e istituzionale», spiega. «Se facciamo meno del 10% al governo ci va la Meloni e noi faremo un’opposizione civile ma rigorosa. E dedicheremo il resto del tempo a creare una casa comune dei riformisti europei visto che la Meloni è sovranista e il Pd finirà di nuovo tra le braccia grilline».
Sulla vicenda dei fondi russi ai partiti, Renzi è scettico: «Sollevai il tema delle ingerenze russe fin dal 2016. Pochissimi organi di stampa hanno rilanciato quei temi: La Stampa costituisce un’autorevole eccezione ma la maggioranza ha ignorato il problema. E ora all’improvviso ne parlano tutti? Qualcosa non mi torna. Cinque Stelle e Lega hanno sempre flirtato con Russia Unita ma penso lo facessero gratis. Se qualcuno ha delle prove le tiri fuori, altrimenti diventa un autogol. Mi interessa sapere quale partito ha intascato soldi russi ma mi interessa capire quali partiti hanno sprecato soldi italiani: le truffe del reddito di cittadinanza e dei bonus edilizi, quota 100, i banchi a rotelle. E in questo caso non c’è bisogno di report speciali: i responsabili sono Cinque Stelle e Lega».
Ma non dimentica le stoccate al Pd. «È Enrico Letta che vive di rabbia emotiva. E ha talmente tanto rancore personale che ha preferito rompere l’alleanza con Italia Viva pensando di farci un danno», spiega. «In realtà ci ha fatto un favore. Perché questa scelta purtroppo azzera le possibilità di molti ex compagni di strada del Pd di essere eletti nei collegi – umanamente mi dispiace per loro, ma sanno che il responsabile della decisione è Letta, non sono io – ma a noi regala chiarezza. Noi vogliamo cambiare la legge elettorale, andare al ballottaggio e diventare maggioranza nel 2027 replicando lo schema Macron: prendendo cioè sia a destra che a sinistra. Se ci sarà il governo Meloni, staremo all’opposizione. Se ci sarà un governo istituzionale guidato da Draghi, voteremo la fiducia».
Renzi boccia anche il richiamo al voto utile di Letta: «È l’ennesima sfolgorante intuizione di Letta insieme agli occhi di tigre, alla tassa di successione, all’archiviazione di Blair per abbracciare Di Maio, all’accordo con chi votava contro Draghi, all’inseguimento del Movimento Cinque Stelle sui temi del reddito di cittadinanza. Il voto è sempre utile quando ci sono quattro schieramenti: dire il contrario è una falsità. E del resto il vero voto utile è mandare persone competenti in Parlamento. Forse Calenda e io non siamo i più simpatici dell’universo, ma si tratta di mandare in Parlamento chi conosce i conti pubblici, non chi racconta barzellette».
E su Conte dice: «Ho sempre detto non sarebbe arrivato al 2023. Avevo visto giusto. Quando Conte lo ha capito anche lui, ha fatto di tutto per anticipare di sei mesi la corsa. Ha messo al centro l’interesse del suo partito rispetto a quello degli italiani. Si tratta di una scelta meschina ma che gli regalerà consensi. Vederlo circondato da chi percepisce il reddito di cittadinanza e lo acclama in alcune città del Sud fa male al cuore: è l’espressione di una politica che non è confronto di idee ma clientelismo e voto di scambio».
Renzi propone invece «aumento dei salari per chi lavora, sulla base del modello degli 80 euro. Non soldi a chi sta a casa: diamo una mano a chi con l’inflazione arriva alla fine del mese in crisi. A forza di dare soldi per il reddito, gli albergatori e i ristoratori non trovano nessuno per lavorare. E questo per me non è giusto. Dobbiamo dare un lavoro, non un sussidio».