Il celebre whatever it takes di Mario Draghi, pronunciato nel supporto della Banca centrale europea all’Euro diventa as long as it takes, per definire il sostegno dell’Unione europea all’Ucraina. A sei mesi dall’invasione russa, l’Unione promette di aiutare Kyjiv a fronteggiare i costi della guerra per tutto il tempo necessario, come ha spiegato senza giri di parole l’Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri Josep Borrell. «Non importa quali saranno le minacce e i ricatti che ci farà la Russia», che «voleva colonizzare l’Ucraina, ma l’ha invece spinta sempre più vicina all’Ue».
L’occasione per questa dichiarazione d’intenti è stato l’ottavo appuntamento del «Consiglio di associazione tra Unione europea e Ucraina», il primo da quando il Paese è in guerra e da quando ha ottenuto lo status di candidato all’ingresso nell’Ue.
A Bruxelles è arrivato il primo ministro di Kyjiv Denys Shmyhal, per firmare tre accordi in campo digitale e fiscale e ricevere un pacchetto di 500 milioni di euro da parte della Commissione europea. Questa somma rientra nella campagna Stand up for Ukraine, che raccoglie fondi a livello globale e ha raggiunto al momento i dieci miliardi di dollari. Si tratta dell’ultima tranche in ordine di tempo di un sostegno economico che l’Ue ha fornito al Paese fin dall’inizio dell’invasione.
Finora Bruxelles ha sborsato infatti 2,2 miliardi di euro di assistenza macrofinanziaria, e altri otto dovrebbero arrivarne in futuro, grazie a un «pacchetto di assistenza straordinario» proposto dalla Commissione a maggio 2022 e accolto con favore dal successivo Consiglio europeo.
Questi soldi servono di fatto a garantire la sopravvivenza della macchina statale ucraina, che, privata delle sue entrate, deve comunque pagare gli stipendi e acquistare i beni necessari. Secondo una recente stima del Fondo monetario internazionale, Kyjiv avrebbe bisogno di cinque miliardi di dollari al mese per restare a galla, cifra che il presidente Volodymyr Zelensky ha aumentato a sette miliardi, e che comunque non comprende i costi da sostenere al termine del conflitto.
Per ricostruire l’Ucraina, invece, l’Unione ha in mente un Fondo di solidarietà, a cui prenderebbero parte sia gli organismi comunitari come la Banca europea per gli investimenti, sia gli Stati membri.
Dall’Europa arrivano anche altri aiuti umanitari, come ad esempio quelli della protezione civile europea, che sta attuando in Ucraina l’operazione più massiccia della sua storia. Trenta Paesi (i 27 dell’Unione più Norvegia, Turchia e Macedonia del Nord) hanno fornito finora oltre 60mila tonnellate di materiale: cibo, medicine, macchinari, generatori di energia, ospedali mobili e mezzi di soccorso.
Altre forme di assistenza sono ad esempio le cosiddette «solidarity lanes», studiate dalla Commissione per permettere agli ucraini di esportare i loro cereali e importare le merci di cui hanno bisogno. Oppure l’aiuto energetico, visto che la rete elettrica del Paese è stata collegata a quella europea e che l’Ucraina beneficerà, secondo la Commissione, degli acquisti comuni di gas e idrogeno che saranno effettuati a livello europeo.
Rilevanti anche i fondi stanziati per l’accoglienza dei profughi ucraini. Subito dopo l’inizio della guerra, l’Unione ha attivato la procedura prevista dalla Direttiva 2001/55, che garantisce un diritto di «protezione temporanea» a chi arriva dal Paese in guerra, autorizzato a restare sul suolo europeo fino (almeno) a marzo 2023.
Questa iniziativa storica (è la prima volta che viene utilizzata la direttiva) è stata accompagnata da uno stanziamento di 20 miliardi di euro per gli Stati dell’Ue che accolgono i profughi e da un piano in dieci punti, volto a garantire supporto logistico e assistenza alle persone in fuga dalla guerra. Che non sono poche: secondo i dati di Frontex, dall’inizio della guerra sono stati registrati 9,5 milioni di nuovi ingressi provenienti dall’Ucraina nell’Unione, e anche se molti sono poi tornati indietro, attualmente oltre quattro milioni di persone hanno richiesto la protezione temporanea, tra ucraini e residenti nel Paese.
Parallelamente al sostegno finanziario c’è quello militare, erogato sia dall’Unione europea nel suo insieme che dai singoli Stati membri. L’obiettivo è rinforzare le capacità dell’esercito ucraino nel respingere l’invasione: l’Ue opera attraverso uno strumento detto European Peace Facility, che a dispetto del nome fornisce armi, equipaggiamento e addestramento bellico a vari Paesi del mondo.
Il contributo finora ammonta a 2,5 miliardi di euro, divisi in cinque tranche da 500 milioni: come confermato a Linkiesta da fonti del Consiglio, comprende anche equipaggiamento protettivo per i soldati ucraini, carburante per i loro mezzi e «attrezzature militari concepite per l’uso letale della forza a fini difensivi», cioè sistemi di armamento.
Il primo ministro Shmyhal, che si è detto grato per l’assistenza fornita sin qui all’esercito nazionale, ha comunque presentato una lista precisa di ulteriori richieste, tra cui i fondamentali missili antiaerei. L’Unione farebbe bene a soddisfarle, dice, anche se i suoi cittadini cominciano a essere stanchi degli effetti del conflitto. Perché la Russia oggi sta combattendo in Ucraina, ma intanto porta avanti una «guerra ibrida» anche contro l’Ue. «Abbandonare l’Ucraina significa permettere ai russi di entrare in Europa».