Giorgetti scatenatoIl leghista double face che da ministro dell’Economia potrebbe rilanciare (o affondare) la Lega

L’eterno numero due della Lega sembra sul punto di diventare un leader, ma il suo percorso verso l’incarico più importante della carriera sarà una via crucis

Lapresse

Il vaffa di Silvio Berlusconi a Ignazio La Russa, a colui che lì a pochi minuti sarebbe diventato la seconda carica dello Stato, il giorno dell’insediamento del Parlamento, racconta più di cento retroscena. Racconta del campo di Agramante che sarà questa maggioranza e il prossimo governo guidato da Giorgia Meloni, che ha scelto come pilastro del suo gabinetto un leghista democristiano e draghiano.

Il Cavaliere, umiliato dai veti a Licia Ronzulli, alle sue donne e ai suoi uomini in ministeri che si occupano di giustizia e telecomunicazioni, venderà cara la pelle. Le sue manovre sono appena all’inizio. Perché abbia inviato due settimane fa Matteo Renzi ad Arcore (invito rifiutato) non è dato saperlo. Che non sopporti la leadership della “ragazzotta” della Garbatella è roba vecchia, dai tempi in cui non la sostenne nella corsa per il Campidoglio.

Il massimo sgarbo sarebbe che Forza Italia salisse da sola al Quirinale per le consultazioni. Una voce che Salvini si è affrettato a smentire, e il Cavaliere no.

Berlusconi alzerà il prezzo sul terreno delle misure economiche. Per Giancarlo Giorgetti, possibile ministro dell’Economia, sarà una via crucis: oltre agli enormi problemi che tra poco dovrà affrontare, potrebbe trovarsi una maggioranza sempre più litigiosa. Dovrà deludere le aspettative del suo partito e quelle di Forza Italia. Le promesse elettorali sono carta straccia. Lui e Meloni magari dovranno fare ricorso spesso a quei voti misteriosi che ieri sono venuti dall’opposizione per eleggere l’esponente di Fratelli d’Italia alla presidenza del Senato in assenza di quelli di Forza Italia.

Quanto potrebbe durare un esecutivo con le maggioranze variabili? Come potrà Giorgetti con serenità prendere il posto di Daniele Franco con il quale è già in contatto per il bollente passaggio delle consegne e per la visione dei conti pubblici? Ma lui è abituato a sopravvivere anche ai tsunami.

A via XX settembre, il “Gianca” proverà a inabissarsi nel mare in tempesta dei conti pubblici, tenendo lontani giornalisti e parlamentari questuanti. Ma il ministro più potente del governo Meloni non potrà sfuggire ai riflettori di tutto il mondo. Non gli basterà l’affidavit del presidente della Repubblica. Il bocconiano che siede in Parlamento dal 1996 e ha vissuto tutte le stagioni leghiste, da Umberto Bossi a Roberto Maroni e Matteo Salvini, surfando le infinite onde della politica romana, dovrà dimostrare veramente di saperci fare.

Le previsioni economiche sono micidiali, il sentiero è stretto ed è quello tracciato dal Pnrr, da Bruxelles e da colui che Giancarlo Giorgetti definiva un «Ronaldo che non può essere lasciato in panchina», un ottimo capo dello Stato alla De Gaulle. Tranne poi squagliarsela, inabissarsi appunto, quando il capo del suo partito ha tagliato la gola a Draghi e ha pure attribuito alle larghe intese il rovescio elettorale del 25 settembre.

Postilla: Salvini ha avuto l’ardire di sostenere di essere stato costretto a entrare nel governo con il Partito democratico perché c’era chi nel suo partito insisteva nel dire che imprese, partite iva, mondo produttivo del nord lo volevano. Insistevano Giorgetti, i governatori Zaia e Fedriga.

Ora però “GG”, come è chiamato nella Lega, per punirlo di tanta insistenza che avrebbe fatto perdere milioni di voti al povero ex Capitano, viene addirittura mandato dietro la scrivania di Quintino Sella sulla quale planeranno dossier esplosivi. Avrà modo di dimostrare quanto è capace la Lega al massimo livello di gestire la recessione imminente senza scostamenti di bilancio, come vuole Meloni, di arginare il macigno delle bollette caduto sui conti di famiglie e imprese, di rassicurare cancellerie, fondi di investimento e mercati internazionali.

Flat tax per ricchi e poveri, pensioni a quota 41, dentiere promesse da Berlusconi, azzeramento delle cartelle esattoriali: un falò delle vanità elettorali. «Quando la Lega fa la Lega non ce n’è per nessuno» aveva detto Salvini il giorno dopo la batosta elettorale. E dovrebbe soprattutto “GG” fare la Lega, ma è proprio quello che non potrà e vorrà fare. Meloni e Giorgetti per sopravvivere dovranno essere i maggiori alleati, farsi scudo a vicenda, in equilibrio tra Roma e Bruxelles, ma sono aperte le scommesse: il Gianca a un certo punto continuerà a dire «obbedisco», finendo ancora una volta per seguire Salvini se le cose si metteranno male?

Chissà, magari l’eterno numero due, il figlio di un pescatore di Cazzago Brabbia, tipo sfuggente e schivo, che ovunque vada si assicura che nei paraggi ci sia una chiesa aperta alle sette del mattino per pregare, diventerà un leader.

L’upgrading a potente ministro dell’Economia potrebbe essere un elisir di altra lunga vita politica e parlamentare. Oppure un disastro. Certo l’overture di Berlusconi, appena rientrato a Palazzo Madama dal lungo esilio per frode fiscale, è il graffio raggelante del gesso su una lavagna che non esiste più.

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