Super sidesPatate per tutti i gusti

Un arrosto e pensi a lei… un hamburger e pensi a lei… un fritto di pesce e pensi sempre a lei… Non sei privo di fantasia, è lei che sta bene con tutto!

Foto Pixabay

La patata, forse il vegetale più diffuso e più importante al mondo. È estremamente versatile, facile da preparare e piace a tutti! Non a caso è il primo ortaggio che ci viene in mente quando cerchiamo un accompagnamento a un secondo di carne o di pesce, soprattutto se dobbiamo sfamare una tavolata numerosa (perché un occhio al portafogli – di questi tempi – è quanto mai opportuno).

Ha un alto valore nutritivo nonché uno scarto minimo, caratteristiche che l’hanno resa attraente sin dall’alba dei tempi e grazie alle quali è già proiettata in un futuro extraterrestre: Ridley Scott ci ha sfamato Matt Damon su Marte, ma non è stato poi così creativo dal momento che già nel 1995 le patate avevano già viaggiato nello spazio a bordo dello space shuttle Columbia.

Le sfide di un ipotetico futuro marziano, per quanto affascinanti, sono ancora sperabilmente lontane, ma ci sono sfide quotidiane che noi tutti dobbiamo affrontare, come preparare un contorno perfetto a base di patate per i nostri ospiti.

Abbiamo già imparato con le cipolle che il segreto per un risultato ineccepibile sta tutto nella conoscenza degli ingredienti, e dunque è giunto il momento di fare amicizia. Originaria del Sud America, in cinque secoli si è diffusa in tutti i continenti con la complicità dei conquistadores, e – anche se può sembrarci assurdo – la patata non ha subito riscosso il consenso del grande pubblico, tanto da essere vista con diffidenza o addirittura rifiuto in alcuni Paesi fino alla metà del 1800.

A sfavore della sua accettazione giocarono vari fattori: in primis l’inadeguatezza alle nuove latitudini dei primi tuberi introdotti, che ne rendeva difficile la germogliazione (avevano l’orologio biologico sballato); ma anche l’aspetto deforme e irregolare non incontrò il gradimento degli europei, al punto da far diffondere la credenza che le patate provocassero la lebbra. E la religione fornì un assist alquanto rilevante per la gente dell’epoca: il fatto che la patata non venisse citata nella Bibbia lasciava intendere che a Dio non fosse gradita come cibo per gli uomini, di qui la sua associazione alla stregoneria e al demonio.

Il periodo buio terminò quando le mutate esigenze della popolazione accesero i riflettori sulle sue doti: l’aumento demografico vissuto dall’Europa nel XVIII secolo rese necessaria l’adozione di coltivazioni con un rendimento maggiore rispetto ai cereali. E così i governi iniziarono a promuovere la diffusione della patata, attività che vide impegnati anche scienziati e pubblicisti con opere dedicate a illustrarne i vantaggi e le proprietà nutritive.

Ma l’impulso più forte per l’affermazione di questa pianta venne dalla carenza di cibo causata dalle guerre e dalle frequenti carestie. In Francia fu un uomo in particolare a distinguersi come “fautore della patata”: il farmacista e agronomo Antoine-Augustin Parmentier, che conobbe l’ortaggio mentre era prigioniero dei prussiani durante la guerra dei Sette Anni; convinto delle sue proprietà portentose, Parmentier fece grandi sforzi per diffonderne la coltivazione e l’utilizzo alimentare e culinario, tanto che ancora oggi numerose ricette francesi a base di patate portano il suo nome.

Dal momento che oggi siamo tutti convinti sostenitori delle loro virtù, accertiamoci di valorizzarle al meglio, scegliendole con attenzione e trattandole con cura. Innanzitutto, conviene evitare quelle con la buccia tagliata o segni neri; ma anche sfumature verdi e germogli non sono ben accetti, dal momento che denotano una più elevata concentrazione di sostanze tossiche chiamate “solanine”, che aumentano con l’esposizione alla luce: è questa la ragione per cui vanno conservate al buio, in un luogo asciutto e a temperatura ambiente.

Quanto a una possibile classificazione a scopo culinario, anche se al supermercato le troviamo distinte per colore (proprio come le cipolle), ciò che conta realmente è la densità, ovvero la percentuale di materia secca rispetto all’acqua: questa caratteristica purtroppo non viene segnalata sull’etichetta, ma se siamo fortunati potremo trovare qualche consiglio del confezionatore, della serie “adatta per gli gnocchi, per il purè o per la frittura”.

Le patate a basso contenuto di amido, ovvero a bassa densità, sono generalmente a pasta gialla e si possono bollire senza che si distruggano: sono ideali per le insalate, come quelle “alla tedesca”, condite con maionese o panna e yogurt, o quella di polpo; in questo caso optate per un condimento a base di olio, aceto, capperi e prezzemolo.

Ci sono poi le patate a pasta gialla e buccia rossa, dalla polpa bella soda che le rende indicate per le cotture intense. Se avete voglia di french fries sbucciatele e tagliatele a bastoncini della stessa dimensione; dopo averle sciacquate tenetele in ammollo in acqua fredda per almeno 30 minuti, così da eliminare l’amido in eccesso. Sciacquatele nuovamente, asciugatele con un panno carta o con un canovaccio e passate alla frittura: riscaldate un olio con un punto di fumo elevato (quello di arachidi andrà benissimo) fino a 160 °C, friggete per 4-5 minuti e scolate con una schiumarola; a questo punto alzate la temperatura dell’olio fino a 180 °C e immergete nuovamente i bastoncini un paio di minuti. Scolate su carta assorbente, salate e godetevi delle patatine fritte dall’effetto “croc” assicurato. Se fuggite con orrore l’odore di fritto per casa ma non volete rinunciare del tutto al godimento, potete sempre chiedere aiuto alla friggitrice ad aria per preparare delle ottime patatine (non) fritte.

Al polo opposto troviamo le patate ad alta densità, dalla polpa farinosa e tipicamente a pasta bianca: si prestano ad essere schiacciate nel purè, nelle crocchette o negli gnocchi (vi abbiamo già raccontato come cuocerle al microonde per questo scopo).

Per il purè più buono del mondo – quello di Joël Robuchon – lavate un chilo di patate piuttosto piccole (senza sbucciarle o spezzarle per evitare che penetri troppa acqua) e riponetele in una casseruola con acqua fredda e salata (10 grammi per litro), che dovrà coprirle superandole di un paio di centimetri. Cuocete in acqua calda (ma sotto il punto di ebollizione) per 20-30 minuti, fino a quando la punta di un coltello non penetrerà facilmente. A questo punto scolate i tuberi, che andranno asciugati e pelati a caldo, per poi essere lavorati al passaverdure con la griglia fine: mai con un mixer, a meno che non vogliate ottenere una colla a prova di manifesto pubblicitario.

Ora fate asciugare il purè a fuoco medio, girandolo energicamente con un mestolo di legno, e aggiungete 500 grammi di burro ben freddo (rigorosamente di Normandia) a piccoli pezzi; aggiungete poco alla volta 500 grammi di latte, che avrete portato a ebollizione in un pentolino a parte, senza mai smettere di mescolare, prima con il mestolo e poi con la frusta. Regolate di sale, setacciate, et voilà!

Se state già combattendo per tenere a bada il colesterolo, a costo di sembrare eretici, vi consigliamo di rivedere le proporzioni riducendo le quantità di burro e latte a 250 grammi e 250 millilitri rispettivamente, per ogni chilo di patate. Non otterrete un purè liscio e lucido come una ganache ma il vostro cuore vi ringrazierà.

Un’opzione decisamente più salutare ma altrettanto golosa è la cottura in forno. In questo caso perché non optare per le patate novelle? Se decidete di acquistarle consumatele subito, dal momento che sono patate raccolte prima della completa maturazione e dunque hanno una durata inferiore. Lavatele bene e non osate sbucciarle (operazione necessaria se sceglierete altri tipi di patate), quindi tagliatele in pezzi regolari di circa tre centimetri in modo da assicurare una cottura uniforme. Gettatele in una pentola d’acqua salata bollente per poi abbassare il fuoco e lasciare sobbollire per 10-15 minuti: non vi allontanate perché sarà fondamentale scolare le patate quando saranno morbide internamente ma prima che si sfaldino (usate la punta di un coltello per controllare).

Lasciatele intiepidire in modo che si asciughi la superficie esterna (è il trucco per ottenere una maggiore croccantezza) e intanto accendete il forno a 200 °C. Versate le patate in una ciotola e condite con qualche cucchiaio d’olio extravergine di oliva: muovete la ciotola in modo da distribuire bene l’olio, evitando di usare delle posate per non rischiare di romperle. È giunto il momento di aggiungere sale ed erbe aromatiche e – perché no – qualche spicchio d’aglio schiacciato (da togliere non appena diventa scuro).

Stendetele ben distanziate su una teglia di metallo e infornate; giratele con una spatola dopo circa 20 minuti, facendo attenzione a non lasciare la crosticina attaccata alla teglia. Cuocete altri 20-30 minuti ed ecco a voi le patate arrosto definitive: morbide all’interno, croccanti in superficie, magnificamente dorate ma non bruciate.

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