«Hanno a scritto a Elon su Twitter e noi lo abbiamo acceso». È questo il riassunto che la presidente di SpaceX, l’azienda aerospaziale di proprietà di Elon Musk, ha dato della serie di eventi che ha portato alla collaborazione di Starlink con l’esercito ucraino. Starlink è un sistema di comunicazione satellitare sviluppato proprio da SpaceX, che nei primi mesi della guerra in Ucraina ha permesso all’esercito difensore di comunicare nonostante gli attacchi e i sabotaggi russi.
Questa vicenda dimostra due cose, anzi tre. La prima è l’importanza strategica del servizio di SpaceX, che lo rende una delle proprietà più preziose e sensibili del vasto ecosistema Musk. La seconda riguarda la mancanza di intermediari istituzionali in questo mondo, in cui un esercito può avere in dotazione una tecnologia tanto cruciale senza bisogno di Nazioni Unite o ambasciatori: basta twittare a Elon, e sperare che Elon legga. Infine, è difficile non notare quanto il rapporto tra il capo di Tesla e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky sia peggiorato nel corso degli ultimi mesi.
L’ultima prova di questa frizione tra le due parti è arrivata martedì, quando l’account Twitter di United24, una testata ucraina, ha denunciato di non poter più usare un numero di telefono ucraino per attivare l’autenticazione a due fattori nel social network.
Hey @elonmusk, it seems like it's no longer possible to have a Ukrainian number verify a Twitter account/two-factor authentication. Ukraine is not in your list of countries, see our screenshot.
It's vital for us to keep showing the world what's going on in our country. pic.twitter.com/XQl0PAQvYU
— UNITED24.media (@United24media) December 13, 2022
Nelle stesse ore, il ministero degli Esteri della Norvegia denunciava un problema tecnico simile, anche se più bizzarro: secondo Twitter, infatti, il profilo risultava per qualche motivo essere un’organizzazione governativa nigeriana. «Anche se siamo felici delle relazioni bilaterali e la vicinanza alfabetica con la Nigeria, ci piacerebbe essere etichettati come Norvegia», ha scritto ironicamente l’account del Ministero.
Sono ore, anzi giorni, anzi settimane complesse per il social network, che tra licenziamenti di massa e polemiche sta tentando un rilancio ambizioso e confuso, mentre il suo nuovo capo è alle prese con una battaglia politica contro la cosiddetta “woke culture”. Anche la scomparsa dell’Ucraina dalla lista di Paesi dai quali ottenere un’autenticazione a due fattori potrebbe rientrare in questa casistica e rivelarsi un banale errore. Visti i recenti precedenti, però, è legittimo sospettare che ci sia qualcosa sotto.
Dopo l’iniziale “appoggio esterno” assicurato da Musk alla causa ucraina, infatti, sono seguiti una serie di tweet e dichiarazioni che hanno raffreddato il rapporto tra l’ex uomo più ricco del mondo e il paese europeo. Sin da subito la Russia non aveva apprezzato l’intervento di Musk – per quanto indiretto – nel conflitto, attaccandolo sia verbalmente che con atti di sabotaggio che miravano a mandare in tilt la costellazione di piccoli satelliti che fa funzionare Starlink.
Tra settembre e ottobre, le cose sono cominciate a cambiare: Musk si è convinto di poter risolvere il problema arrivando a una pace, per la quale ha proposto un “piano” sul suo profilo Twitter, che prevedeva la cessione di molti territori ucraini a Putin e il riconoscimento da parte dell’Occidente della Crimea come parte della Russia.
In molti notarono i punti in comune tra il piano di Musk e la propaganda di Mosca. Alcuni esponenti governativi ucraini reagirono aspramente al tweet di Musk, che continuò nella strada, proponendo un sondaggio su Twitter sulle sue idee. Negli stessi giorni, l’imprenditore annunciò anche che SpaceX non poteva più sobbarcarsi i costi di Starlink, e che qualcuno doveva pagare. L’Ucraina, il Pentagono: qualcuno. (Nota bene: il Pentagono aveva già coperto parte delle spese di trasferimento delle antenne Starlink.)
Poi è arrivata la notizia, diffusa dal politologo Ian Bremmer, secondo cui Musk e Vladimir Putin si sarebbero sentiti al telefono proprio pochi giorni prima della grande inversione a U del primo. «Ci siamo sentiti l’ultima volta diciotto mesi fa e abbiamo parlato di spazio», è stata la difesa di Musk.
Tutto questo è successo peraltro prima che l’imprenditore diventasse proprietario di Twitter, azienda che negli ultimi mesi ha occupato buona parte del suo tempo, la cui gestione sembra aver velocizzato il suo riposizionamento verso destra: lontano dagli ambientalisti liberal che hanno fatto la fortuna di Tesla, più vicino alle frange più estreme del partito repubblicano. Forse l’ultimo dispetto all’Ucraina è parte di una raffinata strategia geopolitica, forse è stato uno dei tanti errori della nuova gestione di Twitter. Difficile dirlo, quando c’è di mezzo Elon Musk.