Sontuosa nella sua apparente semplicità, ha dominato le nostre tavole addobbate a festa per la notte di San Silvestro. Quasi un ossimoro accanto a salmone, ostriche e caviale, questo piatto povero e di relativamente facile realizzazione conserva quell’aura sfarzosa che lo rese famoso all’epoca della sua creazione, avvenuta con ogni probabilità a Mosca, negli anni Sessanta del diciannovesimo secolo.
Secondo le fonti più accreditate, l’invenzione dell’insalata russa si deve a Lucien Olivier, il cuoco di origine belga alla guida del prestigioso ristorante Hermitage, il cui signature dish ancora oggi porta il nome del suo ideatore: “insalata Olivier”. Nelle cucine di questa istituzione della capitale russa fu coniata una ricetta assai ricca e complessa, la cui riuscita era affidata al sapiente bilanciamento di sapori e quantità: lingua di vitello, pernici, tartufi e gamberi di fiume convivevano pacificamente con patate, capperi, uova e sottaceti; il tutto condito da una maionese speziata e cristallizzato in un aspic scenografico.
Come è possibile che una pietanza dal gusto squisitamente aristocratico sia divenuta simbolo pop del cenone di Capodanno per milioni di persone in tutta Europa (e non solo)? Ebbene, la “decadenza” degli antichi sfarzi gastronomici dell’Impero russo ha seguito di pari passo quella della monarchia: in coerenza con il nuovo regime politico e con la miseria dilagante, gli ingredienti più preziosi e ricercati furono sostituiti con surrogati a buon mercato; così piselli e carote finirono per rimpiazzare capperi e gamberetti, al fine di garantire il cromatismo originale senza sfidare l’austerità sovietica.
Patate e maionese sono dunque gli unici superstiti della sobria versione moderna di questa insalata, che puntualmente prenotiamo con largo anticipo alle gastronomie più chic della città, per poi ostentarla accanto ad altri innumerevoli antipasti sulle nostre tavole agghindate. E se vi dicessimo che prepararla in casa è un gioco da ragazzi? Bastano pochi accorgimenti per realizzare una maionese “a prova di pazzia”; quanto alle verdure, è solo questione di pazienza e precisione. Il piccolo sforzo vi ripagherà con complimenti ben più graditi di quelli scaturiti da una spesa ben fatta.
Ciò che differenzia una variopinta dadolata di verdure da un frugale pasto ospedaliero è il condimento: la maionese è una delle grandi salse madri francesi, ma le sue origini sono di fatto incerte. Una leggenda legherebbe la sua invenzione alla celebrazione della vittoria dei francesi sugli inglesi nella battaglia di Minorca del 1756: un cuoco avrebbe preparato questa salsa fredda con i pochi ingredienti a disposizione sull’isola, ovvero uova, sale, olio e limone, per poi battezzarla con un nome ispirato dalla capitale Port Mahon.
Un’altra ipotesi riconduce la nascita della salsa alla figura del duca di Mayenne, del quale costituì l’ultimo pasto (assieme a una porzione di pollo) prima della fallimentare battaglia contro Enrico IV. Nonostante non esistano documenti storici in grado di accertarne la paternità, è indiscutibilmente vero che ricette di condimenti tecnicamente assimilabili alla maionese spopolano sui libri di cucina francese sin dall’Ottocento, anche se a quell’epoca l’emulsionante era alquanto ballerino: accanto al più tradizionale tuorlo d’uovo troviamo l’uovo intero, solo l’albume, la gelatina ottenuta dal brodo di vitello e addirittura l’aglio pestato (proprio come nella salsa aioli).
Non è poi così stupefacente se pensiamo al gran numero di maionesi di pesce o di legumi che accompagnano antipasti e secondi piatti nei ristoranti più creativi. D’altra parte, gli ingredienti essenziali di un’emulsione ben riuscita sono: olio, acqua e uno stabilizzante – solitamente proteico – capace di tenere insieme le due fasi (che acqua e olio non si piacciano è cosa nota). Manca però un ultimo indispensabile componente: l’energia, che sia di un frullatore o del vostro polso.
Per oltre un secolo la maionese a casa si è preparata a mano, ma oggigiorno si tratterebbe di una prova di forza fine a sé stessa, poiché vi assicuriamo che i vostri commensali sarebbero certo in grado di compatirvi ma non di apprezzarne la differenza. Quindi vi conviene sfruttare le capacità del mixer che senza dubbio possedete, per ottenere una maionese stabile in tre minuti netti.
Per condire circa un chilo di verdure, un uovo medio a temperatura ambiente sarà più che sufficiente; mettetelo – intero – nel bicchiere del frullatore, aggiungete un grammo di sale (un pizzico abbondante) e una puntina di senape, se vi piace. Non abbiate paura dell’albume, sarà solo un elemento stabilizzante in più e vi eviterà di produrre avanzi da relegare negli angoli più remoti del frigorifero, dove con grande probabilità li dimenticherete.
Inserite anche due cucchiai di liquido acido: potete combinare limone e aceto di vino bianco, usare altri agrumi o aceti aromatizzati; l’unico limite è la fantasia.
A questo punto versate l’olio (200 grammi): per quanto quello extravergine di oliva sia eccellente in molteplici preparazioni, è decisamente sconsigliato in questo caso; il suo sapore intenso sarebbe eccessivamente coprente e il calore generato dall’attrito delle lame potrebbe addirittura conferire un indesiderato retrogusto amarognolo. Optate dunque per un olio di girasole o di soia, ed eventualmente aggiustate con un goccio di olio evo a emulsione già formata, a bassa velocità.
È giunta l’ora di accendere i motori: immergete nel bicchiere il frullatore a immersione appoggiandolo sul fondo, in modo che le lame siano completamente nella fase acquosa (è fondamentale non usare un recipiente troppo largo per evitare la “contaminazione” dell’olio nella fase iniziale). Tenendo fermi apparecchio e contenitore, azionate le lame alla massima velocità; quando vedrete l’emulsione formarsi sul fondo, potrete sollevare il frullatore a cuor leggero, incorporando gradualmente tutto l’olio.
Con questa tecnica sarà veramente difficile che qualcosa vada storto, a meno che non usiate un bicchiere troppo largo che obbliga le lame a pescare nell’olio, ma se proprio l’emulsione dovesse faticare a formarsi non insistete: lasciate riposare la miscela fino a quando l’olio non tornerà a galleggiare sulla fase acquosa, e riprovate.
Se temete la salmonella da maionese casalinga o siete vegani, troverete un valido alleato nel latte di soia, ma fate attenzione a non comprarlo zuccherato (a meno che non vogliate lanciarvi in una salsa dolce per il dessert). Inseritene circa 50 grammi nel bicchierone del frullatore a immersione, aggiungete 100 grammi di olio di semi, un cucchiaio di succo di limone, un pizzico di sale e una goccia di senape; per ingannare la vista potete usare anche una puntina di curcuma. Azionate il frullatore… et voilà!
Per quanto riguarda le verdure, vi suggeriamo di usare mezzo chilo di patate e lo stesso peso di carote, piselli e sottaceti, in parti uguali. Evitate la bollitura e optate per una cottura a vapore, magari al microonde: in questo modo le verdure resteranno croccanti e potrete tagliarle agevolmente in dadini di circa mezzo centimetro, senza rischiare di ridurle in purè. Per i sottaceti preferite un taglio più piccolo, così da conferire alla vostra insalata una nota acida quasi impalpabile (se siete pigri potete anche frullarli con l’aiuto di un mixer).
Dopo aver ottenuto la vostra dadolata perfetta, salate con parsimonia e amalgamate il tutto con la maionese, ricordando che è “solo” il condimento per l’insalata, e non viceversa. Lasciate riposare in frigorifero per qualche ora, meglio ancora una notte intera, e non dimenticate di curare la presentazione, soprattutto se si tratta di una cena importante: nessuno pretenderà che la serviate racchiusa tra due dischi di zucchero caramellato, ma evitate di rovesciarla sgraziatamente in un piatto qualunque, è pur sempre di nobile stirpe.