L’inizio della fineIl crollo delle azioni di Tesla è (anche) colpa delle pagliacciate di Elon Musk

Nell’ultimo mese il titolo dell’automobile elettrica ha perso poco meno del quaranta per cento in Borsa. Nonostante i buoni numeri di vendita, l’azienda sembra sempre più vittima degli inciampi del suo presidente e il futuro è sempre più un’incognita

Lapresse

Nell’ultimo mese il titolo di Tesla in borsa ha perso poco meno del quaranta per cento del suo valore. Il calo più interessante risale però al 3 gennaio, quando l’azienda ha presentato i risultati delle vendite totali nel corso del 2022, con il numero di consegne annuali salito del quaranta per cento rispetto a quello dell’anno scorso (per un totale di 1,31 milioni di veicoli). Ciò nonostante, il titolo è sceso ulteriormente, confermando i timori di alcuni analisti. Com’è possibile?

A preoccupare è soprattutto l’ultimo trimestre dell’anno, in cui sia il titolo che il brand stesso di Tesla ha subito pesanti colpi, soprattutto a causa dell’affaire Twitter, social network acquistato da Elon Musk per quarantaquattro miliardi di dollari. Negli ultimi mesi il ceo di Tesla è sembrato sempre più impegnato a gestire e reinventare Twitter – con risultati non proprio gloriosi – e a svendere le azioni di Tesla per un valore di 3,6 miliardi di dollari. Il tutto ha creato una congiuntura economica esplosiva, portando al crollo di Tesla e facendo di Musk la prima persona a perdere in un baleno una fortuna da duecento miliardi di dollari. Sono soddisfazioni, certo, ma non per l’azienda.

A rendere tutto ancora più strano è il fatto che, poche settimane fa, Musk aveva indetto un sondaggio su Twitter per decidere il suo futuro all’interno del social, chiedendo ai suoi follower se dovesse dimettersi. La vox populi disse di sì e fu opportunamente dimenticato, ma forse la domanda da porsi sarebbe un’altra: e se l’azienda dalla quale Musk dovrebbe dimettersi fosse proprio Tesla? Viene da chiederselo guardando al crescente numero di problemi legali che il produttore ha, anche negli Stati Uniti, soprattutto a causa del cosiddetto “FSD”, il servizio di guida assistita dell’azienda. E poi c’è la concorrenza degli storici brand dell’automotive, ormai lanciati verso l’elettrificazione, mentre i nuovi modelli promessi da Musk (il Tesla Semi, un tir, o il Cybertruck, uno strano pick-up squadrato) rimangono poco più che prototipi.

La congiuntura non è per niente positiva per tutto il mercato, ma Tesla sembra un caso a parte. Il cuore della questione è, come sempre, l’incredibile quotazione raggiunta negli ultimi anni dall’azienda, che alla fine del 2021 era arrivata a valere più di Toyota, Ford, Daimler, Volkswagen e General Motors messe assieme. Una valutazione spropositata che ha sempre faticato a reggere il confronto con la realtà ma che i più zelanti investitori di Tesla giustificavano sostenendo che Tesla era molto, molto di più di un semplice produttore di auto. Tesla – dicevano questi – è una “tech company”. Anzi, una “IA company”. In quanto tale, era in competizione con i giganti della Silicon Valley, non con quelli delle quattro ruote.

Come suggerisce Business Insider, però, «è sempre più evidente che Tesla sia un’azienda automobilistica come le altre», e che il valore delle sue azioni si stia quindi adattando a questa idea. Un’azione Ford vale circa dodici dollari, poco meno di una Toyota; un’azione Tesla, nonostante i mesi di lacrime e sangue, si aggira ancora sopra ai cento dollari (103 nel momento in cui scriviamo). È evidente che sia un ampio margine di ridimensionamento.

La fine del mito di Tesla, che è poi la fine del mito di Elon Musk, corroso dagli inciampi di Twitter, non deve per forza significare la fine dell’azienda stessa; forse Tesla deve semplicemente diventare un’azienda come le altre, e cercare di resistere così. Certo, si preannuncia un processo doloroso. Per arrivare a valere quanto un’azione di Ford, le azioni Tesla dovrebbero perdere un ulteriore ottantacinque per cento (dopo il cinquantasei per cento perso negli ultimi sei mesi).

Insomma, è questo il quadro nel quale la borsa ha reagito negativamente a dei risultati in apparenza positivi, anzi “da record”, della società. Non è nemmeno passata inosservata la notizia dei continui sconti proposti da Tesla sia negli Stati Uniti che in Cina; proprio in Cina, il principale mercato di auto del mondo, l’azienda ha preparato dei tagli alla produzione locale, come svelato da Reuters.

Anche se Tesla ha avuto una buona performance nel 2022, il sospetto è che il nuovo anno rappresenti un’incognita troppo grande per credere ancora all’hype di Musk. La domanda da porsi è quindi la seguente: riuscirà Tesla a sopravvivere ora che la maschera è caduta e si è rivelata un’azienda come le altre?

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