Anche quest’anno, la fine di gennaio vede Bologna arrivare al centro dello sguardo internazionale sull’arte contemporanea con Art City, il cartellone di eventi curato da Lorenzo Balbi, che dal 27 gennaio al 5 febbraio animerà la città con un programma che raccoglie, in totale, più di centocinquanta appuntamenti, in concomitanza con la quarantaseiesima edizione di Arte Fiera, la fiera di settore più longeva d’Italia, diretta dal 2019 da Simone Menegoi.
Con un calendario di eventi ricco e multiforme, articolato in un progetto speciale, dodici main project (tra cui la retrospettiva di Patrick Procktor a Palazzo Bentivoglio), e una costellazione di luoghi d’arte, spazi espositivi e gallerie indipendenti aderenti che punteggiano la città, ecco quali sono secondo noi le cose da non perdere in questi giorni e in quelli a seguire.
Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė, Rugilė Barzdžiukaitė
Have a Good Day!
3 e 4 febbraio, ore 20 – 5 febbraio, ore 17
Teatri di Vita | via Emilia Ponente 485
Opera lirica contemporanea per dieci cassiere, suoni del supermercato e pianoforte
A cura di Lorenzo Balbi
Have a Good Day è lo special project di questa undicesima edizione di Art City. Già parte del collettivo Neon Realism che nel 2019 ha vinto il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia per la migliore Partecipazione Nazionale con l’installazione Sun & Sea (Marina) per il Padiglione della Lituania, la librettista Vaiva Grainytė, Lina Lapelytė (compositrice e direttrice musicale), e la regista e scenografa Rugilė Barzdžiukaitė tornano a collaborare per un’opera che trova nell’ironia e lo humor l’arma per colpire il capitalismo imperante. Il lavoro alienante e disumanizzante delle cassiere di un supermercato diventa una partitura orchestrale in cui viene immerso lo spettatore creando uno straniamento sonoro dove la musica diventa concretizzazione del pensiero e riflessione sulla condizione esistenziale contemporanea.
Yuri Ancarani
Atlantide 2017 – 2023
2 febbraio – 7 maggio 2023
MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Sala delle Ciminiere | via Don Minzoni, 14
A cura di Lorenzo Balbi
Video artista e filmmaker, quello di Yuri Ancarani è uno degli occhi contemporanei più raffinati e incisivi dietro la telecamera. Nel corso degli anni Dieci, con i suoi film e le sue installazioni ha attraversato il mondo per documentare il rapporto tra l’uomo e il suo ambiente professionale e sociale, raccontando la realtà con uno sguardo capace di ammantare di fascino e di rendere straordinaria anche la vicenda più normale e apparentemente senza poesia. Il suo secondo lungometraggio, Atlantide, ambientato nel profondo isolamento dei giovani della laguna Venezia, che immolano la propria esistenza al culto del “barchino” sognando di essere i possessori dell’imbarcazione più potente e veloce, è stato presentato in anteprima alla 78ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia nella sezione Orizzonti, e candidato ai David di Donatello 2022 come miglior documentario.
Per questa mostra speciale al Mambo, Ancarani fa esplodere la pellicola, spostando il focus dall’uomo all’ambiente grazie a contenuti e installazioni inedite che raccontano Venezia e la sua decadenza di città schiacciata dal turismo e dallo spopolamento. Un viaggio all’interno del processo di ricerca e dei numerosi materiali prodotti nell’arco di circa sei anni, prima, durante e dopo la realizzazione del film, sui quali l’artista ha operato una selezione, dando loro una nuova formalizzazione. In un’atmosfera avvolgente e immersiva, la città lagunare diventa simbolo universale della sconfitta contro il capitalismo, un luogo esemplare per raffigurare un problema globale.
In occasione di Atlantide 2017 – 2023 esce anche per Edizioni MAMbo la sceneggiatura inedita di Atlantide, adattata da Marco Alessi e Marta Tagliavia (Dugong Films), che hanno creato un testo successivo alla realizzazione del film, nato appunto senza sceneggiatura, con dialoghi spontanei. La pubblicazione è arricchita da un testo inedito di Lorenzo Balbi e da una selezione di still del film.
Bettina Buck
Finding Form
31 gennaio – 19 febbraio 2023
Sala Convegni Banca di Bologna – Palazzo De Toschi | Piazza Marco Minghetti 4/D
A cura di Davide Ferri
La carriera di Bettina Buck si è interrotta bruscamente nel 2018, con la sua morte a soli quarantaquattro anni. Finding Form, la retrospettiva a cura di Davide Ferri nella Sala Convegni di Banca di Bologna, offre un focus sul lavoro scultoreo e installativo dell’artista tedesca e sui temi cardine per la sua ricerca: la gravità come forza a cui la forma si assoggetta e cede; l’occultamento, allusione a una forma immaginata e narrabile più che percepita con i sensi; e una certa idea di domestico che identifica la scultura come qualcosa che prende forma nei nostri immediati dintorni alterando, accostando, piegando oggetti e materiali che appartengono all’esperienza quotidiana, come gommapiuma, piastrelle, schiuma di lattice, polistirolo, moquette, plastica. Le opere in mostra sono tutte impegnate in un’azione: ci insegnano che il tempo imprime nel corpo della scultura – come nel nostro – una forma che anche se diversa da quella originaria può rivelarsi più profonda, ampia e imprevista.
Jonas Mekas
Under the Shadow of the Tree
2 febbraio – 26 marzo 2023
Padiglione de l’Esprit Nouveau | Piazza della Costituzione 11, Bologna
A cura di Francesco Urbano Ragazzi
Under the Shadow of the Tree, la mostra a cura di Francesco Urbano Ragazzi al Padiglione de l’Esprit Nouveau, si inserisce nell’ambito di Jonas Mekas 100!, il programma internazionale di iniziative celebrative per il centenario dalla nascita di Jonas Mekas (Biržai 1922 – New York 2019), figura imprescindibile nella storia del cinema d’avanguardia americano. Il duo curatoriale mette in relazione le opere e lo spazio, riempiendolo con le tracce sonore degli audio-diari che il cineasta lituano-statunitense registrava nelle sue giornate newyorkesi.
Inoltre, la vegetazione della grande città americana si trasferisce attraverso delle scansioni da pellicola sul grande albero che attraversa lo spazio architettonico, sfondandone il soffitto, in una riflessione sull’importanza e il senso del mondo vegetale nell’opera di Mekas. Egli paragonava infatti il cinema stesso a una pianta rigogliosa di cui i film maker indipendenti rappresentavano le foglie più alte. Ecco allora che alcuni documenti tratti dall’archivio dell’artista mettono in pagina questa metafora con disegni, film e video disseminati nell’ambiente.