Tra le moltissime cose che ha inventato Costanzo, c’è anche la frase cui pensare per desistere dalla tentazione di raccontare le cortesie e l’audaci imprese e mai i lati oscuri di qualcuno appena morto, o di qualcuno ancora vivo. Quando in un suo programma si parlava troppo bene di qualcuno, Costanzo sornioneggiava: «Stàmo a fa’ ‘r santino».
È difficile spiegare cosa fosse il Maurizio Costanzo Show a chi non lo sappia già; a chi non abbia vissuto quegli anni in cui alla televisione italiana c’era un solo talk-show: una cosa che, oggi che la tv a costo zero ha invaso i palinsesti e ognuno ha diritto al suo quarto d’ora da ospite, appare fantascientifica.
Così come non esiste più il giornale, o l’articolista, la cui recensione possa cambiare i destini della tua carriera, allo stesso modo non esiste più il programma essere invitato nel quale possa cambiarti la vita. Sì, Chiara Ferragni ha ventinove milioni di follower; ma, vi diranno coloro cui è capitato d’essere condivisi sulla sua pagina, non converte, che è il termine tecnico per dire che coloro che cuoricinano il tuo passaggio da quella vetrina non si comprano poi il tuo prosciutto.
Costanzo convertiva, in anni in cui ancora era un termine religioso, le tue potenzialità in atto; inventava personaggi, carriere, pubblici. Paolo Villaggio o Valerio Mastandrea, ma pure miracoli ancora più impensabili: fare di Carmelo Bene un personaggio di cui le mie prozie mai state a teatro in vita loro conoscessero l’esistenza, fare di «parli con Heidegger e vada a fare in culo» una frase familiare per mio cugino, il quale pensava Heidegger fosse la riserva di Beckenbauer.
Non poteva essere altrimenti: «Parli con Heidegger» è la gif perfetta. Il genio, diceva quel film che abbiamo visto proprio tutti, è intuizione e velocità di esecuzione, e Costanzo intuì le gif prima che avessimo non dico le gif sul telefono ma anche solo un computer in casa.
La morte di Costanzo, dopo mesi in cui si dà così per imminente quella di Pippo Baudo che Baudo ha dovuto rilasciare un’intervista marktwainiana per dire che non è affatto in punto di morte, dimezza i rabdomanti del Novecento. A prendere sconosciuti e fare di quegli sconosciuti lo star system del secolo successivo sono stati in quattro. Costanzo e Gianni Boncompagni sono morti, restano Baudo e Antonio Ricci.
Mi aspetto, nel fine settimana che commenterà la morte di Costanzo, molte prevedibilità. Eh ma non avete detto della P2. Eh ma non avete raccontato quanto gli piacessero le femmine. Eh ma eh ma eh ma. Da una parte gli schienadrittisti che a cadavere caldo dicono quel che mai avrebbero detto quando Costanzo poteva fornir loro una carriera; dall’altra gli «è morto, mi stimava molto». Ne ho già visti di notevolissimi, e ormai vale la pena morire solo per l’intrattenimento che forniranno i sopravvissuti mitomani raccontando quanto li stimassimo.
Quando ieri è morto, Costanzo era già da una ventina d’anni il marito di Maria De Filippi – intendo: il suo ruolo sociale era ormai precipuamente quello, e mi piace pensare che ne fosse soddisfatto quanto lo era degli altri suoi risultati professionali. Intuire il talento di una tizia che non ha mai fatto un minuto di televisione, e darle la possibilità di esprimerlo, e guardarla diventare Maria De Filippi: dev’essere stata una soddisfazione non da poco.
Maria De Filippi sarebbe diventata comunque Maria De Filippi – se c’è una cosa che emerge dal podcast sulla vita di J.K. Rowling è che non esistono geni incompresi, che il talento se c’è emerge, anche se nessuno crede in te, anche se tutte le circostanze sono avverse, anche se è impossibile crederci – ma ad aver intuito per primo cosa potesse diventare è stato Maurizio Costanzo, uno che diceva che una volta i commendatori all’amante compravano una boutique, e invece a fine Novecento le procuravano un programmino televisivo. Ci sono le mancate direttrici di boutique, e poi c’è Maria De Filippi: se sei intelligente non le confondi.
Non ho una foto con Costanzo, non ho neppure un aneddoto su quanto mi stimasse. Ci ho parlato poche volte, ricordo la prima. Era una ventina d’anni fa – era già innanzitutto il marito della De Filippi, la quale era già il genio che s’era inventato i tronisti. Scrivevo una rubrica di costume estiva su un quotidiano, e un giorno avevo scritto di alcune sue foto uscite su Chi. Aveva degli zoccoli del dottor Scholl’s, quanto di meno presentabile esteticamente. Avevo scritto qualcosa come: Costanzo non ha bisogno neanche di mettere delle vere scarpe per essere uno degli uomini più potenti del paese. (Direi che avevo scritto che andava a comandare in ciabatte, ma non vorrei sembrare una mitomane che sostiene d’aver dettato la linea a Rovazzi con dieci anni d’anticipo).
Squillò il telefono, era un numero che non conoscevo. Era Costanzo che voleva sapere se lo prendevo per il culo, che detta così sembra una telefonata intimidatoria e invece era quell’aggettivo che incarnava alla perfezione il modo in cui si poneva in pubblico: sorniona.
Altri diranno di luci e ombre e vite e carriere come non ne esistono più: Costanzo e la mafia, Costanzo e la cura Di Bella, Costanzo e le signorine bellocce e ambiziose di cui pullula Roma che negli anni Ottanta dicevano «Mi voleva Fellini» e nei Novanta «Sono tanto grata al dottor Costanzo». Io vorrei, tanto per cambiare, parlare di me.
Della me trentenne che era sufficientemente scema da pensare di dover disprezzare Costanzo, e una sera disse a un signore che lavorava con lui qualcosa come: non capisco come tu possa, che orrore, che personaggio squallido. Quel signore senza particolari qualità che mi avessero fin lì sedotta disse una sola frase, e a volte basta una frase per farti strada nelle mutande d’una bisbetica.
Il tizio mi guardò come gli adulti guardano le trentenni stolide e perentorie e disse solo: «Costanzo ha scritto “Lo stupore della notte spalancata sul mar ci sorprese che eravamo sconosciuti”». A tutt’oggi, ritengo che quella citazione sia la ragione più sensata per cui io abbia mai consentito a chicchessia l’accesso alle mie mutande.
Gli americani, per dire che una cosa è imprescindibile, dicono «sarà la prima riga del tuo coccodrillo». Pensa aver avuto una vita così piena di cose che hai scritto «Lo stupore della notte spalancata sul mar ci sorprese che eravamo sconosciuti» e quel verso lì non è tra le prime dieci cose che i coccodrilli citeranno di te. Pensa che impensabilità, essere stato Maurizio Costanzo.