È all’interno del contenitore della diciottesima edizione di Identità Golose Milano 2023 che è entrata nel vivo la fase finale della selezione italiana di S. Pellegrino Young Chef Academy; un progetto e assieme una competizione che vuole sostenere e premiare i migliori talenti di cucina under 30.
Sono quindici le aree geografiche coinvolte a livello mondiale, in un vero e proprio network tra giovani talenti ispirati dalla manifestazione a creare nuovi piatti.
Sabato 28 gennaio la presentazione dei dieci finalisti, da una rosa iniziale di duecento chef selezionati dalla scuola di cucina Alma.
Ogni finalista affiancato da uno chef mentor a incoraggiare, consigliare, provare i piatti e stimolare il lavoro di queste giovani leve della ristorazione.
Ogni finalista ha avuto a disposizione cinque ore per preparare il proprio signature dish da sottoporre alla giuria.
Tre i criteri di valutazione: capacità tecniche, creatività e personale filosofia in cucina. A giudicare cinque chef affermati: Andrea Aprea, Donato Ascani, Giuseppe Iannotti, Jessica Rosval e Viviana Varese.
Il piatto di ogni giovane chef è stato la summa della propria idea di cucina ma inevitabilmente anche con una forte componente autobiografica: viaggi, esperienze di vita e di lavoro, la regione dalla quale provengono, sono tutti elementi che i partecipanti hanno provato a raccontare con i sapori e con l’estetica.
Giovani ma determinati, estremamente diversi tra di loro ma accomunati da un solo ingrediente principale, il lavoro, tanto, unito allo studio. Non sempre è la ricetta sicura in grado di garantire il risultato ma è l’unica valida. E chi ci ha provato in questa edizione lo dimostra, chi ha già partecipato alle scorse edizioni e ci riprova dimostra ancora di più che è così.
Tra le tendenze riscontrate sicuramente l’attenzione all’ingrediente protagonista del piatto. Valorizzato e utilizzato in tutte le sue parti, che si tratti di un pesce, di un vegetale o di una carne. In un’idea di circolarità, di zero spreco e di piacere della varietà delle tecniche e delle preparazioni. E allora con gli scarti di un pesce si realizzano salse (Danilo Vella), nella rivisitazione del classico dentice al sale non si trascura di usare anche cuore e fegato (Marco Apicella), fino a un gambo di cavolfiore che diventa cannuccia per bere un infuso del cavolfiore stesso (Michele Antonelli).
Non sono mancati riferimenti al loro territorio con l’alga siciliana (Danilo Vella) o ancora la canocchia (Michele Antonelli). Al tempo stesso nessun pregiudizio verso contaminazioni di cucine straniere (Katherine Rios) o inserendo in un piatto italiano di pesce un dimsum (Nicholas Reina). Nessun timore di valorizzare e rendere protagonista il vegetale solista come la verza (Davide Modesti).
Anche l’occhio vuole la sua parte e spesso l’estetica è anche rivoluzione creativa come un Borsch da mangiare con le posate (Paolo Anzil) o un calamaro scisso che si fonde e confonde con l’animella (Andrea Borroni) in un matrimonio terra e acqua come quello tra maiale e anguilla (Silvia Mocco).
Non sono mancati anche pensieri e messaggi profondi veicolati da un piatto come quello contro la violenza sulle donne (Maria Chiara Brannetti).
La giuria ha saputo spronare questi giovani chef con domande anche provocatorie nel rispetto dello spirito di una competizione, dove alla fine un concorrente deve emergere.
Il secondo momento di questa fase finale della S.Pellegrino Young Chef Academy, domenica 29 gennaio, in attesa del verdetto finale, è stato un Brain Food Forum.
Prima sul palco la testimonianza di due partecipanti alle precedenti edizioni della competizione: Paolo Griffa (Paolo Griffa al Caffè Nazionale) e Davide Marzullo (Trattoria Contemporanea) hanno sottolineato l’importanza della loro partecipazione al concorso negli anni passati per la creazione di connessioni tra giovani chef. Qualche consiglio? Godersi il momento e viverlo al meglio per Marzullo, cucinare per gli altri e non per se stessi il consiglio che Griffa ha ricevuto da Bob Noto e che a sua volta ha rivolto ai colleghi under 30.
L’ora di dibattito che ha coinvolto gli chef dalla giuria ha fornito diversi spunti di riflessione alla giovane platea di chef, personale di sala e ristoratori seduti sulle gradinate dell’Arena di Identità Golose 2023.
Alcune tematiche emerse con forza, come quella del talento e del suo potere di trasformare e rivoluzionare le cose. Prezioso, finanche raro ma è uno degli ingredienti, serve anche passione per Aprea, rigore, perseveranza, amore per quello che si fa e libertà di pensiero. È sicuramente un detonatore di stimoli ma occorre più continuità che talento secondo Iannotti. Viviana Varese ha ricordato come il talento oltre a essere innato e raro si può anche acquisire, con la conoscenza. Ascani ha richiamato all’importanza del rispetto per il lavoro oltre al talento. Altro termine cruciale del dibattito: sacrificio.
Non occorre morire sul lavoro per fare bene, secondo Viviana, anche se occorre il giusto atteggiamento, la costanza di chi vuole vincere e superare con ambizione questo momento storico.
Secondo Iannotti la questione dello stress nelle cucine viene amplificata oggi con lo sguardo rivolto a un passato della ristorazione ormai obsoleto, l’adrenalina al pass è il motore che muove ogni chef, ha rimarcato. Jessica Rosval ha riportato a una dimensione pragmatica il dibattito: oggi nessuno vuole più lavorare diciotto ore al giorno ed è fattibile avere ritmi diversi ma occorre anche essere onesti. Lo chef deve guardarsi attorno e vedere le coordinate in cui lavora, per capire se a livello di spazio, di personale e di mezzi, quello che un cuoco ha nella testa è realizzabile o meno.
Viviana Varese ha ricordato la sofferenza, anche economica, di chef e ristoratori in seguito alla pandemia ma questo rimane comunque un mestiere affascinante e pieno di lati positivi da raccontare. Spontanea la domanda che emerge dalla platea: come far ritrovare la passione?
La risposta sposta il dibattito su un altro termine chiave: stimoli. Occorre fornire un progetto ai giovani, che non si riduca a stelle o premi, me che sia un pensiero, un’identità e un coinvolgimento, così Iannotti. Agganciandosi al confronto tra passato e presente Andrea Aprea ci ha fornito l’ultima parola chiave del dibattito: tempo. Una volta, anche solo vent’anni fa, tutta questa attenzione mediatica diffusa e rapida non c’era. Dobbiamo un po’ tutti rallentare, è stato l’invito di Andrea. Tempo per se stessi, tempo per imparare le cose e soprattutto tempo per mettere in pratica quello che si è imparato.
Sull’ultima domanda della platea, tutti gli chef hanno fatto un elegante passo indietro: quanto conta il talento di sala? Almeno il 50%, se non di più, la risposta unanime di cui Ascani si è fatto portavoce.
Il terzo e più spettacolare momento della finale italiana di S.Pellegrino Young Chef Academy si è svolto la sera stessa, al Padiglione Visconti di Milano, zona Tortona, durante una cena che ha avuto il suo culmine con la proclamazione del vincitore della competizione dedicata ai giovani chef. Una cena a otto mani all’insegna della connessione, che ha visto come protagonisti quattro talenti che, negli anni scorsi, hanno conquistato il titolo di finalista italiano di S.Pellegrino Young Chef Academy. Ciascun piatto conteneva un ingrediente che anticipava il piatto successivo come segno di un percorso gastronomico fatto di visione e contaminazione. I quattro piatti hanno aperto la strada verso il momento culmine della serata, dove sul palco si sono susseguiti i premi assegnati ad alcuni dei dieci giovani finalisti:
Premio Fine Dining Lovers Cibo per la Mente: a Katherine Rios.
Premio S.Pellegrino Award for Social Responsibility: a Danilo Vella.
Acqua Panna Award for Connection in Gastronomy: a Marco Apicella.
E in ultimo, il premio a Michele Antonelli, chef del ristorante GastroBi di Villa Musone (An) che ha vinto la finale italiana di S.Pellegrino Young Chef Academy, diventando il rappresentante, per l’Italia, della competition 2022-2023. A portarlo alla vittoria e a convincere tutti e cinque giurati italiani è stato il suo piatto “Spin the Cauliflower” dal quale emerge il forte legame con il territorio marchigiano e il valore dei suoi piccoli produttori locali. Ma è anche un piatto che guarda alla sostenibilità della cucina e al non spreco. Ad accompagnare lo chef Michele Antonelli verso la finale mondiale che si terrà a ottobre a Milano, sarà lo chef mentore Andrea Aprea.