Il messaggio del presidente ucraino Volodymyr Zelensky è arrivato sul palco di Sanremo, durante la finalissima, alle 2:12, in piena notte, letto da Amadeus e seguito dall’esibizione dalla band ucraina Antytila. Secondo la scaletta della Rai era lo slot migliore per l’Ucraina, perché dopo cinque ore di diretta tutti comunque avrebbero aspettato il nome del vincitore; secondo i commenti degli spettatori lo era un po’ meno perché dopo cinque ore di diretta si fa fatica a distinguere LDA da Sethu, figuriamoci cogliere il messaggio del presidente di un Paese che da un anno resiste alla barbarica invasione della Russia.
I più coraggiosi hanno resistito, i meno coraggiosi hanno messo la sveglia alle 1:45, quelli ancora meno coraggiosi hanno rivisto tutto la mattina dopo su RaiPlay.
Dopo che Amadeus ha cercato di interpretare Zelensky, finalmente è arrivata la voce degli ucraini, senza la mediazione delle lettere stampate né la partecipazione di terzi. Gli Antytila (gli anticorpi), il gruppo ucraino che si è esibito già sui palchi europei più importanti con Ed Sheeran e Bono, hanno portato a Sanremo la loro canzone appena uscita, “Fortezza Bakhmut”, sulla battaglia che si svolge oggi a Bakhmut, città sulla prima linea che d a mesi resiste a costanti attacchi russi.
«Peccato per la mancanza dei sottotitoli al testo della canzone, per il pubblico in sala e a casa», dice a Linkiesta il frontman del gruppo Taras Topolia, «ogni sillaba della nostra canzone trasuda la resistenza e la rabbia nei confronti dell’invasore russo». Alla fine si sono affidati alla musica, mood e flow, e sono riusciti a trasmettere l’ardore della resistenza del popolo ucraino di questi giorni, quando ormai ci stiamo avvicinando alla tragica data del 24 febbraio, che segna un anno dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina.
«Siamo arrivati in Italia con molti timori», dice Taras a Linkiesta la mattina dopo l’esibizione, in viaggio da Sanremo verso Nizza, dove la band ha preso il volo per tornare verso l’Ucraina, «abbiamo passato troppo tempo in prima linea e avevamo una visione approssimativa dell’atmosfera in Italia. Sapevamo delle ingerenze russe e della galoppante propaganda russa da queste parti, eppure gli organizzatori e tutta la gente con cui abbiamo avuto a che fare nelle ultime ventiquattro ore esprimevano il loro sostegno all’Ucraina. Sì, a volte dicevano “speriamo che questo incubo finisca presto”, cercando di slittare su una linea neutrale, e noi aggiungevamo ”con la vittoria dell’Ucraina”, e alla fine sembrava che il nostro messaggio arrivasse. Il pubblico ci ha applaudito calorosamente e noi oltre a cantare abbiamo avuto l’opportunità di dire qualche parola. Devo dire che non succede spesso. Capita che gli organizzatori si giustifichino con il format e i tempi stretti per non darti la possibilità di esprimerti, invece a Sanremo ho detto quello che mi sono sentito di dire».
Taras Topolia ha avuto anche l’occasione di ringraziare Tananai, il cantante italiano in gara con il brano “Tango” che racconta con parole e immagini la storia d’amore tra Olha, un’ucraina sfollata in Italia insieme a sua figlia Liza, e suo marito Maksym, che invece è al fronte a difendere il Paese. «Ho ringraziato Tananai da parte di tutti gli ucraini, mi sembrava emozionato, gli ho detto che come artista e come persona poteva rimanere in disparte, invece ha deciso di dare la voce agli ucraini e per noi è stato davvero prezioso».
Gli Antytila tornano in Ucraina per ripartire tra due settimane con i concerti in Gran Bretagna. Hanno prestato servizio in prima linea da febbraio fino ad agosto, prima in difesa di Kyjiv poi in difesa di Kharkiv, arrivando fino alla confine con la Russia. Ad agosto sono stati richiamati nelle retrovie dal generale Zaluzhnyy, ma tuttora sostengono il battaglione con il quale hanno liberato le città ucraine.
Con la partenza degli Antytila rimane un retrogusto amaro sull’intera gestione della presenza ucraina a Sanremo, dalle polemiche sul collegamento di Zelensky alla lettera degli intellettuali italiani contro il collegamento, dai commenti dei politici italiani sul non confondere la guerra con il festival delle canzonette al testo che ha voluto rivedere la Rai, dal messaggio scritto e mandato da Zelensky e letto da Amadeus fino ai sottotitoli mancanti della canzone e al microfono abbassato fin troppo mentre parlava Taras in ucraino sul palco dell’Ariston.
Eppure possiamo ancora sperare che la presenza fisica, la musica, la forza delle parole degli ucraini, come quella degli Antytila, possa cambiare l’ormai palpabile indifferenza (se non altro) verso la guerra, indifferenza che viene mascherata (male) da un’ipocrita neutralità.