«Se saremo in grado di affrontare le cause profonde della migrazione, molto spesso sono legate alla povertà, ai conflitti, o alla fame, saremo anche in grado di impedire l’aumento dei flussi migratori». La connessione è chiara per Jutta Urpilainen, commissaria europea alle Partnership internazionali, che insieme ad Alvaro Lario, presidente del Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo (Ifad) ha presentato a Roma un progetto congiunto di finanziamento delle aree rurali più povere del pianeta. Che appare quanto mai necessario in un mondo dove 828 milioni di persone sono «cronicamente malnutrite» e 3,1 miliardi (quasi la metà della popolazione terrestre) non possono permettersi una dieta sana.
Dall’Europa al sud del mondo
Nell’ambito di due accordi distinti, l’Ue mette sul piatto 70,7 milioni di euro, a cui se ne aggiungono cinque dal Belgio, destinati a sostenere le produzioni agricole locali in diverse aree del pianeta. A riceverli saranno i Paesi del Gap, cioè il Gruppo degli stati dell’Africa, dei Caraibi e del Pacifico, un’organizzazione internazionale formata da Paesi in via di sviluppo che partecipano a un sistema di partenariato e cooperazione con l’Ue istituito dalla Convenzione di Lomé del 1975.
Sull’Africa il focus principale: i progetti del primo programma, da 52,5 milioni verranno realizzati in Liberia, Malawi, Mali e Niger, con la possibilità di aggiungere successivamente altri Stati. «Gli africani sono giovani: il 60 per cento della popolazione ha meno di 25 anni È importante dare loro delle opportunità. L’Unione sta investendo molto in termini di educazione, questi programmi intervengono sulla produzione alimentare», spiega la commissaria. «Si spera che in futuro questi giovani non siano costretti a venire in Europa, ma possano farcela anche nei loro Paesi».
I beneficiari, spiega Urpilainen a Linkiesta, saranno piccoli contadini e imprese agricole di ridotte dimensioni. «Abbiamo istituito criteri molto chiari per i destinatari e ci sarà un sistema di monitoraggio sulle colture effettivamente finanziate». A vigilare sarà l’Ifad, che in questo caso è l’implementing partner del progetto, cioè il soggetto a cui è demandato il compito di realizzare i programmi finanziati dall’Unione. «Dovremmo riferire sui risultati al Parlamento europeo e come accade per gli altri finanziamenti, anche questo sarà sottoposto all’analisi della Corte dei conti europea».
I finanziamenti favoriranno lo sviluppo dell’agroecologia, termine ombrello che si riferisce a tutta quella serie di pratiche agricole ispirate a principi ecologici. Tramite le quali gli agricoltori su piccola scala dovrebbero riuscire a preservare la biodiversità, invertire le tendenze di consumo e degradazione del suolo, aumentare la produzione senza ricorrere a fertilizzanti chimici e gestire le risorse naturali in modo più efficiente. Necessità ancora più urgenti considerando l’aumento, segnalato dall’Ifad, delle persone a «grave rischio» di insicurezza alimentare: 345 milioni nel 2022, dai 135 milioni del 2019.
Tra gli obiettivi anche l’adattamento delle piccole aziende agricole al cambiamento climatico, visto che secondo il Panel intergovernativo sul cambiamento climatico (Ipcc) gli eventi estremi destinati ad aumentare nei prossimi anni aumentano il rischio di carenze nelle filiere alimentari.
Contro la narrazione russa
Fra gli obiettivi delineati da Jutta Urpilainen c’è anche quello di contrastare un certo tipo di narrazione, diffusa in alcune parti del mondo, che i problemi di carenze alimentari globali derivino dalle sanzioni dell’Unione europea alla Russia. «In alcuni Paesi ciò accade a causa della propaganda diffusa dalla Russia. Sappiamo di combattere una battaglia di opposte narrative: dobbiamo far capire ai cittadini degli altri Paesi che la loro insicurezza alimentare non è causata dalle nostre sanzioni, ma dall’attacco dell’Ucraina da parte della Russia».
A questo proposito, spiega la commissaria, bisognerebbe sottolineare il ruolo delle solidarity lanes, le cosiddette corsie solidali che l’Unione ha sviluppato per l’esportazione dei cereali ucraini, e che secondo Urpilainen completano l’accordo sul grano sostenuto dalle Nazioni Unite e di recente rinnovato. Ma anche insistere su tutti i progetti di sviluppo finanziati non solo dall’Ue nel suo complesso, ma anche dagli Stati membri. Il cosiddetto «team Europe» che mette insieme fondi comunitari e nazionali ha stanziato 18 miliardi di euro tra il 2021 e il 2024 solo nell’ambito della sicurezza alimentare. L’Unione, inoltre, ha accordi in corso con l’Ifad per circa 317 milioni di euro e progetti aperti tramite il fondo in Etiopia, Giordania, Kenya, Mali, Uganda e Sudan.
Proprio i Paesi africani sono, per varie ragioni, tra quelli più inclini a sposare la narrativa russa o quantomeno a non condannare l’invasione dell’Ucraina. Nell’ultima risoluzione sul tema, sono africani la maggior parte dei governi astenuti: Algeria, Angola, Burundi, Repubblica centrafricana, Guinea equatoriale, Madagascar, Mali, Mozambico, Namibia, Senegal, Uganda, Sudan, Sudan del Sud, Sudafrica, Tanzania e Zimbabwe, oltre all’Eritrea che ha apertamente votato contro.
I fondi europei, nella visione della commissaria, devono funzionare anche come strumento di soft power.