Alle prese con una emergenza economica in arrivo, Vladimir Putin mette in sordina la recente retorica anti-oligarchi e chiede invece loro aiuto «per impedire la distruzione dell’economia».
Meno di un mese fa, nel suo discorso sullo Stato della Nazione Putin aveva rivolto ai «Paperoni» russi una durissima bordata. «Nessuno dei comuni cittadini è dispiaciuto per coloro che hanno perso i loro capitali, yacht e palazzi all’estero». Anche lì, però, aveva rivolto un invito. «Non supplicate per riavere i vostri soldi. Non investite all’estero, ma in Russia. A quel punto lo Stato e la società vi sosterranno». All’avvertimento-richiesta dà un evidente spessore la lunghissima lista di oligarchi, scienziati e generali russi che dall’inizio del 2022 sono stati vittime di morti misteriose, ormai arrivata a quota trentanove.
Ma alla narrazione di Putin secondo cui l’economia russa va a gonfie vele malgrado le sanzioni e senza bisogno degli oligarchi aveva risposto subito Oleg Deripaska, il magnate dell’alluminio fondatore del gruppo industriale Basic Element e titolare di un patrimonio stimato da Forbes 2,9 miliardi di dollari.
«Sono molto preoccupato per tutto il tempo che lo Stato e le imprese siano costantemente messi l’uno contro l’altro», aveva detto al Forum economico di Krasnoyarsk in Siberia, avvertendo che «già il prossimo anno non ci saranno soldi, avremo bisogno di investitori stranieri. I nostri problemi non finiranno nemmeno nel 2025, che per me è il punto più vicino possibile a una diminuzione di intensità dell’attuale conflitto. Per questo il governo sta facendo appello a noi imprenditori», aveva spiegato. Ma aveva avvertito Putin: «La Russia dovrebbe continuare a sviluppare l’economia di mercato». Sottolineando le «gravi» conseguenze delle sanzioni internazionali in corso contro il Paese, che hanno colpito in particolare settori chiave come quello dell’energia, ma anche della difesa, della tecnologia oltre alle istituzioni finanziarie, aveva ammonito che «il capitalismo di Stato non è un’opzione».
Giovedì Putin è appunto intervenuto al Congresso dell’Unione russa degli industriali e imprenditori (Rspp), il cosiddetto «sindacato degli oligarchi» fondato nel giugno 1990. Era la seconda volta che incontrava l’élite economica del Paese dall’inizio del conflitto ucraino, e il primo incontro, ripreso e mandato in onda da tutte le tv, era avvenuto proprio il 24 febbraio 2022 ad appena poche ore dall’annuncio dell’attacco. Insomma, non si vedevano da oltre un anno. Nell’occasione il presidente russo ha ripetuto che l’economia, tenendo conto della situazione, starebbe andando che meglio non potrebbe.
«I Paesi dell’euro parlano di collasso della nostra economia ma la loro inflazione è più alta», ha detto. Poi ha spiegato che «è in corso un riorientamento graduale per raggiungere i mercati in via di sviluppo, che il processo era stato avviato prima ancora «dell’operazione militare speciale», e che la Russia in questo modo è riuscita a compensare la chiusura dei mercati occidentali. Insomma, sua citazione di Mark Twain, «le notizie della mia morte sono enormemente esagerate». Secondo lui, la domanda interna in Russia cresce bene e continuerà a farlo in modo sostenibile e stabile.
In effetti, l’affidabilità di molti dati economici resi noti dalle autorità russe è messa in dubbio da osservatori che le rubricano come parte di una «guerra informativa». «Non fidatevi dei numeri russi» dice letteralmente su Foreign Policy Agathe Demarais, global forecasting director alla Economist Intelligence Unit. La stessa Unione europea spiega che le sanzioni sono come un «veleno a lento effetto» destinato a colpire un po’ per volta. Docente di Economia alla University of California, Los Angeles, l’economista russo-statunitense Oleg Itskhoki descrive la tenuta della economia russa sotto sanzioni come un paradosso: «L’anno scorso ha segnato la prima volta nella storia in cui sono state imposte sanzioni internazionali a un’economia grande come quella russa. I risultati sono stati notevoli. Se valutato in termini di differenza tra crescita attesa e contrazione effettiva del Pil, tale effetto negativo arriva a circa il sei per cento. Tuttavia, questo non è neanche lontanamente vicino al calo previsto dell’8-12 per cento, previsto dal ministero delle Finanze russo e dalla Banca centrale. Perché l’economia russa non è crollata nel 2022?».
La sua risposta è che da una parte gli enormi surplus di bilancio precedenti grazie alti prezzi delle esportazioni di energia, dall’altra il fatto che l’economia russa stava attraversando la «de-dollarizzazione» hanno ammortizzato la botta.
Ma, d’accordo con la valutazione dell’Unione europea, l’esito è comunque quello di «un declino», ancorché «piuttosto graduale. Una crisi acuta è stata sostituita da uno scenario macroeconomico inerziale, con graduale contrazione e stagnazione dell’economia». Ma «la situazione macroeconomica nel 2023 sarà fondamentalmente diversa da quella del 2022. Il 2022 è stato l’anno delle sanzioni all’importazione, della distruzione o dell’adeguamento delle catene di approvvigionamento esistenti e della costruzione di catene alternative a fronte di finanziamenti in eccesso e afflussi di entrate in valuta estera. Il 2023, invece, sarà un anno di catene di approvvigionamento relativamente adeguate, ma sarà anche un anno di calo delle entrate da esportazione e di un afflusso di finanziamenti in valuta estera a fronte di persistenti deficit di bilancio. In questo senso, il 2023 assomiglierà più da vicino a una tipica crisi internazionale (quello che chiamiamo “arresto improvviso”), con un calo degli afflussi di capitali, pressioni di svalutazione e crescenti problemi con il finanziamento dell’intera economia – sia in termini bancari che produttivi».
In proposito, è significativo che, in contemporanea con il discorso di Putin agli oligarchi, sia arrivata la notizia che nel 2022 gli utili netti di Gazprom si sono ridotti del 72,2 per cento: da duemilasettecento miliardi di rubli del 2021 a 743,3 del 2022, 9,8 milioni di dollari. Ciò benché le entrate di Gazprom nel 2022 siano state di ottomila miliardi di rubli, ovvero il venticinque per cento in più rispetto ai seimilaquattrocento miliardi entrate del 2021 di 6,4 trilioni. La stessa produzione di petrolio della Russia si è contratta dell’11,8 per cento nel 2022, nel contesto del crollo delle esportazioni verso l’Europa. Intanto, il buco del bilancio statale è arrivato a trentaquattro miliardi di dollari.
Anche Oleg Deripaska era presente all’incontro, assieme ad altri personaggi come Vladimir Potanin, Alexei Mordashov, German Khan, Viktor Vekselberg, Viktor Rashnikov, Andrei Melnichenko e Dmitry Mazepin i cui interessi spaziano dai metalli alle banche e ai fertilizzanti.
Molti di loro russi sono stati sottoposti a sanzioni occidentali, ma Putin ha spiegato di non aver avuto altra scelta se non quella di procedere con la cosiddetta operazione militare speciale in Ucraina. La Russia, ha proseguito, sta affrontando una «guerra di sanzioni», ma sta rapidamente riorientando la sua economia verso «Paesi amici».
La Russia deve «risolvere questioni sistemiche, logistiche, tecnologiche e finanziarie, a favore dell’economia» ha riconosciuto, pur assicurando: «Il declino dell’economia russa questa estate è stato determinato dalle sanzioni, ma da luglio l’economia è tornata a crescere». Ha quindi ringraziato le aziende che non si sono ritirate dal Paese dicendo che «chi è rimasto in Russia si è dimostrato più intelligente rispetto a chi ha dato ascolto ai consigli di chi ci vuole distruggere». Ha promesso «sostegno del governo in tutti i modi alle imprese responsabili, a coloro che sono pronti a battersi per la loro causa, per il benessere del loro gruppo, delle persone che lavorano per loro, per il benessere di tutti i russi». Ma, appunto, ha pure confessato loro che se non portano risorse i quantità e al più presto la Russia rischia la «distruzione».