Marcia indietroLa lotta ai monopattini elettrici non è più territorio esclusivo della destra

Negli ultimi tre anni, la capitale francese è diventata leader europea a livello di politiche che mettono le persone, e non le auto, al centro della mobilità cittadina. Il referendum promosso dalla sindaca socialista Hidalgo è la rottura di un tabù che potrebbe spingere altre amministrazioni meno virtuose all’emulazione

Ph. Mauro Scrobogna / LaPresse

Al di là dell’esito e dell’affluenza (hanno partecipato 103mila cittadini su 1,3 milioni di iscritti alle liste elettorali), il referendum di Parigi testimonia che la battaglia contro i monopattini elettrici non è più una prerogativa dei conservatori di destra. La sindaca socialista Anne Hidalgo ha definito il bando alle trottinette a noleggio «una grande vittoria per la democrazia locale», dopo che a gennaio – nell’annunciare il referendum del 2 aprile – aveva etichettato questi mezzi come «non ecologici». 

L’85,7 per cento dei votanti si è espresso in maniera contraria al rinnovo delle licenze dei tre operatori (Dott, Lime e Tier) che hanno messo a disposizione le proprie flotte di monopattini elettrici a flusso libero. Ciò significa che dal 1° settembre 2023 i parigini non potranno più noleggiare questi mezzi, in quanto sopravviveranno solo quelli privati. Si tratta della prima grande città europea a prendere una decisione così drastica, teoricamente dettata da motivi di sicurezza degli utenti, di gestione della sosta sul suolo pubblico e di convivenza (non felicissima) tra il Comune e le aziende di questo settore. 

«Il risultato di questa votazione avrà un impatto diretto sugli spostamenti di quattrocentomila persone al mese. Prendiamo atto di questa consultazione inedita» a cui ha partecipato solo «il 6,7 per cento dei parigini iscritti nelle liste elettorali», l’equivalente del «4,2 per cento della popolazione parigina», hanno scritto le tre aziende in un comunicato congiunto. La linea è la stessa di Assosharing, la prima associazione di categoria italiana del comparto della sharing mobility, secondo cui la «soluzione non sono i divieti e i veti aprioristici, ma una regolamentazione condivisa tra operatori e istituzioni». 

Anne Hidalgo, con scelte coraggiose, impopolari e radicali, è stata la promotrice di una svolta che ha reso Parigi la città simbolo di un cambiamento che può avvenire in tempi brevi: limite di velocità a trenta all’ora, centro inaccessibile alle auto, rimozione dei parcheggi di superficie, ciclabili nuove e più larghe, pedonalizzazioni. Una sorta di “rivoluzione a pedali” ancora in via di completamento ma che, gradualmente, sta mettendo ai margini del centro urbano le automobili private. 

Per questo motivo, la sua (inaspettata) decisione di promuovere un referendum contro i monopattini elettrici a noleggio potrebbe segnare l’inizio di una tendenza a livello continentale, legittimando decisioni simili da parte di amministrazioni meno virtuose ma che fremono all’idea di porre limiti alla mobilità sostenibile in città. Come tutti i mezzi di piccola taglia e non inquinanti, anche i piccoli e-scooter sono degli alleati in vista di un equilibrio più equo dei rapporti di forza tra persone e automobili. 

Ne avevano parlato qui: il loro impatto sulla riduzione del traffico veicolare è sottovalutato, e numerosi studi testimoniano che – ovviamente in città – possono “rubare” utenti alle automobili. Un politico di sinistra che frena un’alternativa al mezzo privato è una sorta di tabù che va a rompersi. E non è necessariamente una notizia positiva nell’ottica di una mobilità più green e più sicura all’interno delle città.

Prima di Parigi, altre metropoli europee con giunte di sinistra hanno approvato misure restrittive nei confronti della micromobilità elettrica, ma mai in modo così netto. Nei Paesi Bassi è tecnicamente vietato utilizzarli al di fuori dalla propria abitazione (eccezion fatta per alcuni modelli con rigidi standard di sicurezza). In tutto il nord Europa, in generale, ci sono limitazioni molto stringenti, ma il paragone con l’Italia, la Spagna o la Francia non regge a causa delle differenze in termini di sviluppo della ciclabilità urbana. 

Qualche esempio calzante, però, esiste. Dal 1° febbraio 2023, nella Barcellona di Ada Colau è vietato portare i monopattini elettrici sui mezzi pubblici. Nella Roma di Roberto Gualtieri, invece, l’amministrazione di centrosinistra punta a ridurre il numero di operatori presenti e a intensificare le multe nei confronti di chi viola le norme del codice della strada. Una rimodulazione che ridurrà da 14.500 a novemila i monopattini a noleggio disponibili in città.

«Abbiamo trovato una situazione senza regole e senza programmazione, e ci siamo mossi per mettere ordine in un confronto aperto con gli operatori. Diamo il via libera ad una razionalizzazione della presenza dei monopattini in città, riducendoli nel numero e garantendo regole chiare», ha detto Gualtieri, che ha definito questa novità un passo avanti «per il decoro della capitale». 

Una linea, quella di Roma, che in parte ricalca la lotta del governo di destra contro questi mezzi, sia privati sia a noleggio: Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, vuole introdurre l’obbligo di casco (presente in nessun Paese europeo) e targa (presente solo in Germania) e vietare quelli «più veloci». In un’intervista a Quattroruote ha addirittura parlato di «frecce». 

La “pressione” e le polemiche innescate dall’esecutivo stanno spingendo anche Milano ad aumentare il numero di sanzioni ai monopattini parcheggiati in divieto di sosta: «Stanno facendo tantissime multe di questo tipo, tanto che gli operatori quasi si lamentano che ne vengano rimossi così tanti: è una cosa che l’amministrazione ha deciso di fare anche per tenere un po’ a bada le critiche di chi sostiene che questi mezzi siano di intralcio. È un gioco di equilibri che probabilmente si sta verificando anche a Parigi», spiega a Linkiesta Marco Mazzei, consigliere comunale di Milano e presidente della sottocommissione Mobilità attiva e Accessibilità.

A differenza di Roma, però, il capoluogo lombardo vuole ridurre gli operatori senza toccare il numero di monopattini disponibili a noleggio. Al momento, a Milano ci sono sette aziende di micromobilità elettrica, e ognuna di queste può mettere in strada una flotta di massimo settecentocinquanta monopattini (totale di circa seimila mezzi). 

Tuttavia, gli operatori iniziano ad avere i conti in rosso: «Funzionano meglio i modelli in cui ci sono meno aziende e più mezzi, anche nell’ottica di un dialogo più proficuo con il Comune. Il risultato? Una maggiore efficienza che permette agli operatori di non andare in perdita sul mercato locale. È probabile, quindi, che nel prossimo bando in scadenza in estate venga ridotto il numero degli operatori e incrementato il numero massimo di mezzi per singolo operatore», aggiunge Mazzei. 

I monopattini elettrici sono stati introdotti in maniera brusca nei contesti urbani, e la diffidenza nei loro confronti è comprensibile: sono un elemento nuovo e dobbiamo ancora prendere le misure. Tuttavia, c’è una differenza marcata tra regolamentazione (necessaria) e “iper-regolamentazione alla Salvini”, perché la seconda rischia di essere un’arma a doppio taglio: da una parte può rassicurare i cittadini, dall’altra può disincentivare la diffusione di un mezzo che è in grado di rendere più sostenibile la mobilità urbana. 

Stando a un’elaborazione dell’osservatorio Energy & Strategy della School of Management del Politecnico di Milano, in Italia nel 2021 sono stati effettuati quasi diciotto milioni di noleggi e percorsi più di quarantuno milioni di chilometri: una crescita rispettiva del 138 e del 186 per cento rispetto al 2020. È fisiologico, dunque, che gli incidenti siano «in aumento»: fino a pochi anni fa, i monopattini elettrici erano un corpo estraneo all’interno dei contesti urbani. Nel 2022, a Parigi, la questura ha registrato 408 incidenti (tre morti) in monopattino e 12.897 in auto o scooter (cento morti). 

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