Nuova Delhi pensa di fermare del tutto la costruzione di nuove centrali a carbone, secondo quanto previsto dal testo della bozza definitiva della National electricity policy (Nep). Si tratta di un passo avanti a favore del contenimento degli effetti del surriscaldamento globale. Lo rivela l’agenzia Reuters. Se il documento sarà approvato, la Cina resterà l’unica grande economia al mondo ancora aperta alla possibilità di continuare a sfruttare anche in futuro l’energia prodotta da fonti a carbone.
Dalla Repubblica Popolare e dall’India dipende quasi l’ottanta per cento dei progetti di questo tipo attivi in tutto il mondo e molte Nazioni in via di sviluppo stanno agendo in senso contrario. Lo stop al carbone, va specificato, non riguarderebbe i progetti già avviati. La decisione rappresenterebbe il primo tentativo dell’India di modificare le politiche relative all’energia promulgate nel 2005. Tuttavia, il testo ipotizza anche un rallentamento nel processo di abbandono graduale del carbone, almeno fino a quando l’energia prodotta da fonti rinnovabili non diventi per l’India una strada percorribile anche dal punto di vista economico, finanziario e sociale.
Ad oggi, è previsto che le vecchie centrali a carbone, con una potenza cumulativa di tredici gigawatt, restino in funzione per poter rispondere alla grande domanda di energia in arrivo da tutto il Paese. La prima proposta di modifica della Nep, avanzata nel 2021, prevedeva di aumentare la porzione di energia prodotta dal carbone, anche se erano stati proposti metodi tecnologicamente avanzati di produzione e standard più rigidi di valutazione allo scopo di ridurre l’inquinamento. L’anno scorso l’Autorità centrale dell’energia, un organo consultivo affiliato al ministero dell’Energia, aveva avvertito che il Paese avrebbe avuto bisogno di altri ventotto gigawatt di energia prodotta dal carbone, oltre a quella prevista dalle centrali già in costruzione.
Queste politiche nel lungo termine impatteranno anche sull’economia di altri Paesi come Indonesia, Australia e Sudafrica, da dove proviene il carbone importato dall’India. Nuova Delhi è il secondo importatore al mondo e nel 2022 le importazioni indiane di carbone termico sono cresciute del 14,7 per cento arrivando a 161,18 milioni di tonnellate, secondo i dati della società di consulenza indiana Coalmint.
A inizio aprile 2023 e per il secondo anno di fila, il governo indiano ha ordinato alle centrali a carbone di tutto il territorio federale di funzionare al massimo della capacità prevista. Almeno fino a giugno i generatori di energia a carbone e a petrolio lavoreranno a pieno ritmo per soddisfare la richiesta aggiuntiva di energia dovuta all’aumento stagionale delle temperature.
Alcuni Stati del nord come Bengala Occidentale, Rajasthan e Gujarat devono già misurarsi con interruzioni continue di energia. Le giornate sono sempre più calde e neanche di notte le temperature scendono come dovrebbero. I cambiamenti climatici, evidenti in particolare in posti come l’India, determinano un aumento della domanda di energia che a propria volta determina un incremento delle emissioni nocive responsabili del surriscaldamento globale.
Inoltre, in India la sicurezza energetica è anche una questione politica: assicurare l’energia necessaria alla crescita economica è fondamentale a non perdere consensi, ancor più in vista dei prossimi appuntamenti elettorali. Il 10 maggio ci sono le elezioni regionali nello stato del Karnataka e l’anno prossimo si voterà per eleggere il primo ministro. Il modo in cui le scorte di energia saranno gestiste questa estate deciderà le sorti di molti candidati.
Secondo gli analisti di Ember e Climate risk horizons, i ventisette gigawatt in arrivo dalle centrali a carbone già programmate sarebbero invece superflui. Questi impianti in eccesso, se costruiti, risucchieranno risorse e ostacolerebbero le ambizioni dell’India in materia di energia rinnovabile. Se ne potrebbe fare a meno senza sacrificare la capacità del sistema energetico di soddisfare la domanda futura. Con l’attuale sovraccapacità di generazione nel sistema, l’aggiunta di altra energia a carbone metterebbe a repentaglio l’ambizioso obiettivo indiano di arrivare a 450 GW di energia rinnovabile e 500 GW di capacità non fossile entro il 2030.
Nonostante le apparenti incongruenze, Nuova Delhi prende molto seriamente la sfida posta dal clima. Tuttavia, il Paese dovrà installare in media più di quaranta gigawatt di energia pulita ogni anno per raggiungere l’obiettivo del 2030. E ha urgente bisogno di un piano parallelo per ridurre gradualmente l’energia a carbone. L’obiettivo emissioni zero annunciato per il 2070 non prevede ancora un percorso chiaro. Intanto, il governo indiano non è riuscito a raggiungere l’obiettivo di centosettantacinque gigawatt di energia rinnovabile entro il 2022.
Attualmente, il mix energetico dell’India si basa ancora in gran parte sul carbone. Quasi il settanta per cento dell’elettricità proviene dal carbone e il Paese risulta al terzo posto al mondo per emissioni totali di CO2, nonostante un livello molto basso di emissioni pro capite. L’India contribuisce per il sette per cento alle emissioni che oggi causano il surriscaldamento globale. Il consumo di energia in India è cresciuto del dieci per cento a febbraio 2023 rispetto a un anno prima, ma un nuovo picco è previsto nelle prossime settimane.
Il dieci per cento del fabbisogno energetico indiano arriva invece da fonti rinnovabili e non è abbastanza per una domanda in forte crescita. L’espansione dell’economia indiana avrà sicuramente un impatto sul raggiungimento dell’obiettivo di contenere l’aumento delle temperature globali a 1,5°C rispetto ai livelli preindustriali. Secondo l’Onu, per limitare l’aumento della temperatura media globale a 1,5 gradi entro la fine del secolo le emissioni di gas serra devono raggiungere il picco prima del 2025 ed essere ridotte almeno del quarantatré per cento entro il 2030.
L’ostacolo principale a un ricorso maggiore all’energia rinnovabile in India è l’esigenza di trovare i finanziamenti internazionali necessari a garantirne lo stoccaggio. Per fortuna, i costi per lo stoccaggio stanno scendendo. L’Institute for energy economics and financial analysis suggerisce che le soluzioni basate sul mercato dei capitali potrebbero permettere di riutilizzare le centrali a carbone in centrali a energia rinnovabile, garantendo al tempo stesso una transizione equa in India. I green bond legati alla sostenibilità potrebbero essere un’opzione percorribile.
L’Agenzia internazionale per l’energia stima che l’India abbia bisogno di 1,400 miliardi di dollari di investimenti nei prossimi decenni per allineare il proprio sistema energetico agli obiettivi climatici globali. Perché questo sia possibile saranno necessarie riforme affinché gli istituti di credito internazionali come il Fondo monetario internazionale e la Banca mondiale possano facilitare il flusso di denaro favorendo gli investimenti in India.
Per fare uno sforzo in più, i finanziamenti internazionali per il clima, sovvenzioni e prestiti agevolati, potrebbero ricoprire un ruolo molto significativo. Alla Cop27, l’India ha spinto a favore dei finanziamenti per il clima ma i progressi sono stati lenti. L’India potrebbe contribuire a rendere operativi i meccanismi finanziari della Convenzione quadro sui cambiamenti climatici delle Nazioni Unite e il fondo per perdite e danni storici adottato a Sharm el-Sheikh. A beneficiarne non sarebbe solo l’India ma tutti i Paesi più vulnerabili.