Per quanto la segretaria del Pd stia facendo obiettivamente del suo meglio per spianarle la strada, non è detto che il cammino di Giorgia Meloni debba rivelarsi quella marcia trionfale che sostenitori e fiancheggiatori si affannano a pronosticarle. In teoria, alle elezioni europee del 2024, l’eterogeneità e la divisione delle opposizioni potrebbe persino avvantaggiarle: di certo, una competizione in cui si vota con il proporzionale e senza che sia in gioco alcuna concreta opzione di governo (e dunque di coalizione), costituisce per gli avversari dell’esecutivo il terreno più favorevole, consentendo di raccogliere tutte le possibili espressioni dello scontento che qualunque governo inevitabilmente suscita, senza l’onere di doverle ricondurre a una proposta unitaria.
Ma la lunga predicazione contro i «professionisti della politica», culminata nell’ideologia delle primarie aperte e nel trionfo di Elly Schlein ai gazebo, contro il voto della maggioranza degli stessi iscritti, tra i quali lei peraltro non figurava fino a un minuto prima di candidarsi, presenta oggi il suo salatissimo conto: il dilettantismo dell’antipolitica. Dalle interviste sull’armocromia, con servizio posato su Vogue, al «saluto» portato alla manifestazione di Giuseppe Conte, mentre lui ostentatamente continua a salutare i suoi fan, comprese le nuove leve della direzione democratica intente a baciargli la mano (per tacere delle cose più serie, e tragiche, come i numerosi segnali di sganciamento dal sostegno all’Ucraina), il quadro non potrebbe essere più desolante. Difficile immaginare che con questi non-dirigenti la sinistra vincerà mai, tanto meno alle prossime europee. Figurarsi poi se le preoccupazioni per Meloni possono venire dal fu terzo polo, dove Matteo Renzi e Carlo Calenda appaiono ormai come quelle coppie sorprese dal lockdown nel pieno delle procedure di separazione.
Quanto a Conte e ai Cinquestelle, è evidente a tutti, tranne al Pd, che qualunque loro eventuale risalita nei consensi, nella peggiore delle ipotesi, ne farebbe salire in proporzione le richieste ai tavoli delle nomine e degli accordi di potere col centrodestra, come è sempre accaduto fin qui (anche in tempi recentissimi). Dell’alleanza Verdi-Sinistra, che Enrico Letta ha il demerito storico di avere riportato in Parlamento, non credo poi ci sia bisogno neanche di parlare, essendo ovviamente i migliori avversari che Meloni possa augurarsi.
La verità, per quanto spiacevole possa essere per alcuni, è che chiunque si auguri la sconfitta del centrodestra può sperare solo nel Partito democratico. E dunque, oggi come oggi, ha poco da stare allegro. Ma nonostante tutto – e nonostante Schlein – non è neanche detto che debba disperare. Per una ragione molto semplice: che è più facile sconfiggere il Pd che la modernità.
Giusto in questi giorni, infatti, le Monde accoglie l’arrivo di Meloni a Parigi per un incontro con Emmanuel Macron con un’ampia rassegna dei tentativi di occupazione e normalizzazione delle istituzioni culturali, della stampa e del servizio pubblico radiotelevisivo, in nome della nuova «egemonia» e del nuovo «immaginario» conservatore, mentre a Padova una solerte magistrata, in ossequio alla circolare Piantedosi, non esita a impugnare tutti e trentatré gli atti di nascita dei figli di coppie omogenitoriali registrati dal sindaco, dal 2017 a oggi (bambini che quindi oggi hanno sei anni, e da un giorno all’altro si troveranno con uno dei due genitori trasformato per decreto, dal punto di vista legale, in un perfetto estraneo).
Naturalmente so bene, come ci ricordano ogni giorno pubblici ministeri e giornalisti, che in Italia esiste l’obbligatorietà dell’azione penale, motivo per cui i pm non possono essere criticati, mai, qualunque cosa facciano. E io infatti mi guardo bene dal criticare, anzi, sto pensando seriamente di trasferirmi a Padova, perché mi pare evidente che se la procura, con tutta l’obbligatorietà dell’azione penale, ha tempo di mettersi a spulciare gli atti di nascita del 2017, la città dev’essere una specie di paradiso in terra, una sorta di isola tropicale nel mezzo del Veneto, un posto da sogno in cui nessuno ruba mai nemmeno una mela e le forze dell’ordine non sanno proprio come occupare il tempo.
Io però credo soprattutto che gli italiani siano migliori di come li immagina la destra, specie quando pensa di accattivarseli solleticando i loro sentimenti più meschini verso ogni genere di minoranza e ogni forma di diversità, ma anche di come li vede una sinistra che a volte sembra condividere quella stessa analisi, aggiungendoci solo un di più di superiore disprezzo, o quanto meno di riprovazione.
Io penso invece che lo spettacolo delle piccole e grandi angherie procurate gratuitamente a genitori e bambini innocenti, magari non subito, ma alla lunga susciterà reazioni impreviste. Sicuramente non previste dal governo, come le ha suscitate a suo tempo la tragedia di Cutro. E non penso che la nuova «egemonia» e il nuovo «immaginario» propugnato da chi vorrebbe raccontarci l’Italia di oggi come quella di Don Camillo e Peppone, alla fin fine, riuscirà a fare breccia sul grande pubblico.
Nonostante tutto, gli italiani continueranno a trarre informazioni e a introiettare mode e tendenze dagli smartphone e da internet, a dire «bar» anziché «caffè» e «cocktail» anziché «coda di gallo», e molto presto, molto prima di quanto forse immaginiamo, diranno anche a questi nuovi, noiosissimi, improvvisati tutori della Nazione di levarsi di mezzo e di lasciarli campare come meglio credono, e come hanno sempre fatto.