Bipolarismo dell’assenzaLa recita nel nulla di Meloni e l’evanescente presenza di Schlein

Mentre la premier metteva in piedi una non-conferenza stampa a Tunisi, consapevole dei suoi limiti nell’improvvisazione davanti ai cronisti, la segretaria del Pd a Montecitorio non è intervenuta alla riunione del gruppo parlamentare, e poi è sparita senza colpo ferire

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Giorgia Meloni ieri ha portato a Tunisi un pièce molto breve (nove minuti) di Luigi Pirandello recitata davanti al nulla. Un finta conferenza stampa davanti alle sedie vuote. Una specie di videomessaggio girato come se fosse un incontro reale, e invece sembrava l’“Enrico IV”, il dramma pirandelliano nel quale il protagonista, un nobile del Novecento, dopo essere caduto da cavallo crede di essere Enrico di Franconia, sovrano dell’undicesimo secolo.

La premier ha recitato la parte che si era scribacchiata, con dietro la classica scenografia, la tribunetta, il sorriso e i ringraziamenti finali ai tunisini, tra l’altro un bell’omaggio ad un presidente golpista che si sta mostrando incapace di gestire la situazione economica del proprio Paese.

Subito dopo la lugubre conferenza stampa che si tenne a Cutro, pochi giorni dopo la tragedia, questa finta conferenza di ieri entra di diritto al secondo posto nella storia della incredibile comunicazione della premier, la quale finora i giornalisti o li ha evitati o li ha maltrattati mai però giungendo al punto di inventarsi un incontro-fantasma. Andava di fretta, dicono. Capirai che scusa, rispondendo a un paio di domande avrebbe speso dieci minuti in più, mica perdeva l’aereo, lei.

Qualcuno potrebbe vedere nella pirandelliana scena di ieri una metafora di un potere inavvicinabile, inafferrabile, in un certo senso evanescente come quei sogni che al mattino non si ricordano, un potere che come appare così scompare, che alla fine parla e non ascolta.

Il sospetto è che Meloni, ben conoscendo il suo più forte limite, quello di perdere le staffe, voglia evitare l’impatto diretto con i cronisti e tema che in un modo o nell’altro scappi soprattutto dalle occasioni “volanti”, magari le sfugge un parola di troppo, un problema specie se accade all’estero.

Molto meglio la più istituzionale conferenza stampa di fine anno dove sono tutti cortesi e compìti o il salottino retequattrista di Nicola Porro che lunedì sera, non contento del monologo presidenziale, ha pensato bene di spezzettarlo in pillole che ha rimandato stile goccia cinese, tanto per ribadire i concetti.

È anche vero che se Giorgia si è inventata la non-conferenza stampa, nelle stesse ore Elly Schlein, l’Antagonista, è stata a Montecitorio per la riunione del gruppo parlamentare dove non è intervenuta e poi ha votato contro la fiducia al governo: dopodiché mentre i suoi compagni facevano in Aula un sorta di ostruzionismo è sparita. Invece sarebbe stato bello se fosse stata con i suoi al suo banco per tutto il tempo, un piccolo segno di leadership.

La segretaria avrebbe potuto cogliere l’occasione per stringere rapporti con deputati che conosce a stento. Informarsi su come stanno, cosa fanno, che idee hanno. Anche questo fa squadra. Invece niente. Per questo si lamentano tutti: l’hanno vista arrivare e l’hanno vista andar via. Per le due donne al comando della politica italiana non esattamente una grande giornata. Ci dovremo abituare a questo “bipolarismo dell’assenza”?

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