La presidente moldava Maia Sandu ha faticato tanto per arrivare a momenti come questo. Online capita spesso di vedere i presunti video motivazionali dei guru, che invitano i loro follower a mollare tutto e inseguire un sogno o qualcosa in cui credono (nella maggior parte dei casi, diventare ricchi). Maia Sandu però, a differenza loro, l’ha fatto davvero: ha mollato tutto e ha inseguito il suo sogno: la libertà. Non la sua libertà personale, ma quella di milioni di persone.
Dopo gli studi ad Harvard, è arrivata a Washington per ricoprire un ruolo di elevata responsabilità alla Banca Mondiale, ma ha deciso di lasciare tutto per tornare nel suo Paese, con l’obiettivo di riscrivere la Storia moldava. In pochi anni, ha scalato le gerarchie di governo, fino a diventare la prima donna a capo della Moldavia. Ha investito tutte le sue risorse, intellettuali ed economiche, nella sua attività politica, guidata dal desiderio di trasformare la sua terra e liberarla dalle catene di Mosca una volta per tutte.
Il secondo summit della Comunità politica europea
L’espressione di Maia Sandu era infatti raggiante quando decine di migliaia di persone sono accorse in piazza a Chișinău durante l’Assemblea nazionale «Moldova Europeană», con ospite la presidente del Parlamento europeo Metsola, certificando la volontà del popolo moldavo di guardare a Ovest piuttosto che a Est.
Ieri la Moldavia ha vissuto un altro momento importante: il vertice della Comunità Politica Europea, la piattaforma dedicata alle discussioni politiche e strategiche sul futuro dell’Europa, istituita nel 2022. Oltre ai ventisette membri dell’Ue, sono stati invitati altri venti leader di Paesi con interessi strategici diversi come Regno Unito, Turchia, Svizzera, Islanda, Serbia, Armenia e Azerbaigian.
Riuniti nel secolare Castello di Mimi, nell’est del Paese, i leader si sono confrontati su vari temi di interesse europeo e globale, tra cui la precaria situazione geopolitica del Paese ospitante. Il castello si trova a soli otto chilometri dalla Transnistria, l’enclave conquistata dai separatisti russi nel 1992 che Chișinău teme possa essere usata dal Cremlino per destabilizzare il resto del Paese.
Al di là della Transnistria, ci sono l’Ucraina e un tentativo di invasione russa che senza l’eroica resistenza di Kyjiv sarebbe arrivato facilmente sul territorio moldavo. Ucraina e Moldavia sono legate in maniera indissolubile.
Per la Moldavia il vertice è un’opportunità unica per proiettare e garantire la propria identità europea. Il messaggio a Mosca è: non siamo soli, la nostra casa è in Europa. Proprio martedì scorso Bruxelles ha approvato sanzioni contro gli oligarchi moldavi in esilio che hanno finanziato o permesso azioni di destabilizzazione filorusse contro il governo locale.
Erdogan non c’è, Zelensky sì
Il bisogno della Moldavia di un maggiore sostegno occidentale è stata una parte fondamentale del vertice, con Chișinău che auspica l’impegno europeo in settori come la Finanza e la Difesa. Le difficoltà economiche del Paese e le sue infrastrutture limitate sono state simboleggiate da un gesto: pare che ai leader sia stato chiesto di condividere i jet privati per non superare la capacità dell’aeroporto principale.
I vari politici sono stati suddivisi in gruppi più piccoli per affrontare gli incontri di rito, ovvero tavole rotonde tematiche, incentrate sui temi della sicurezza, dell’energia e della connettività. Sul tavolo, oltre alla questione moldava, ci sono stati svariati dossier: le tensioni nel Nord del Kosovo, il conflitto tra Armenia e Azerbaigian e molto altro.
Un’assenza di rilievo è stata quella del rieletto presidente turco, Recep Tayyip Erdoğan, che ha schivato le richieste euro-atlantiche di revocare il veto all’adesione della Svezia alla Nato. Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky, invece, è arrivato al vertice in mattinata, spingendo per l’adesione dell’Ucraina alla Nato e all’Unione Europea.
La Davos dei capi di governo
I partecipanti hanno reso noto che il vertice fornisce una piattaforma gradita per discussioni informali e per incontri bilaterali che altrimenti richiederebbero ingombranti visite nazionali. «È la Davos dei primi ministri e dei presidenti, e sembra che a loro piaccia», ha detto un analista al Financial Times. «Non c’è nessun altro forum in Europa che offra la stessa libertà».
La stessa creazione della Comunità politica europea rientra tra le risposte all’aggressione russa in Ucraina e il vertice in Moldavia lancia un messaggio deciso a Mosca: giù le mani dalla Moldavia, dall’Ucraina, dalla Georgia e dai Balcani occidentali. Questo messaggio riflette la determinazione collettiva non solo dell’Unione, ma di tutti gli Stati europei, a salvaguardare i Paesi che aspirano a riforme, valori e libertà da qualsiasi interferenza indesiderata da parte della Russia.
Maia Sandu, inaugurando il vertice, ha dichiarato che la Comunità potrebbe «diventare una piattaforma chiave per l’azione paneuropea per la sicurezza, la pace e l’Europa». Proprio in questi giorni il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto un discorso a Bratislava, rassicurando i Paesi dell’Europa centrale e orientale sul fatto che la Francia abbia compreso il mutato contesto di sicurezza del continente.
Intervenendo a un forum sulla sicurezza nella capitale slovacca, Macron ha chiesto un «risveglio strategico», sottolineando il lavoro svolto dalla Francia per proteggere il fianco orientale della Nato, compreso il distacco di 1.250 truppe francesi in Romania e trecento in Estonia. Il presidente francese ha sostenuto l’adesione ucraina alla Nato e ha parafrasato Milan Kundera, aprendo all’allargamento dell’Unione: «Non permetteremo che l’Europa venga sequestrata una seconda volta», riferendosi all’«Occidente prigioniero» dell’autore ceco.
In questo senso, la visita dello stesso Macron a Chișinău, il 15 giugno 2022, ha rivestito un’importanza significativa. La Francia, insieme alla Romania e alla Germania, è stata un sostenitore chiave per la Moldavia nel processo di integrazione europea. L’iniziativa congiunta dei tre Paesi ha portato a Chișinău un pacchetto di sostegno finanziario superiore al miliardo di euro.
Il sogno europeo di Chișinău
L’assistenza tempestiva della comunità internazionale è arrivata in un momento critico: tra i vari fattori di pericolo, una crisi economica caratterizzata da un tasso di inflazione superiore al trentacinque per cento, una debolezza energetica dovuta ai prezzi esorbitanti e alle limitate forniture di gas russo, nonché una difficoltà elettrica causata dalla cessazione del contratto di fornitura di energia dall’impianto Mgres situato in Transnistria.
Questo sostegno finanziario ha contribuito in modo sostanziale ad affrontare i problemi urgenti della Moldavia e ha dimostrato l’impegno della comunità internazionale nell’assistere il Paese nel momento del bisogno. La fornitura di assistenza finanziaria non solo aiuterà ad affrontare le conseguenze immediate del conflitto, ma contribuirà anche alla stabilità e alla ripresa a lungo termine di queste regioni.
Nonostante le sue risorse limitate, la Moldavia ha dimostrato di essere un vero Paese europeo grazie alla sua impeccabile gestione di oltre centomila rifugiati ucraini. La risposta esemplare alla crisi dei rifugiati (che ha accolto il maggior numero di rifugiati ucraini pro capite rispetto al resto d’Europa), compresa la fornitura di cibo, alloggi e servizi medici da parte della società civile, non solo ha rafforzato la reputazione della Moldavia, ma ha anche mostrato il suo impegno incrollabile nei confronti dei valori europei.
Quasi un anno fa, l’Europa ha concesso a Ucraina e Moldavia lo status di candidate ufficiali per l’entrata nell’Unione. Il processo potrebbe richiedere anni e dovrà essere accompagnato da riforme strutturali in entrambi i Paesi, ma alla vigilia del vertice ha ricevuto il forte sostegno della Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen, che ha salutato i «grandi progressi» della Moldavia nelle riforme richieste dall’Ue.
«La Moldavia è al centro dell’Europa. La Moldavia è l’Europa. E oggi e domani, l’intera Europa è la Moldavia», ha dichiarato von der Leyen. Oggi più che mai, Maia Sandu può guardare con ottimismo alla sua lotta per la libertà.