Giorgia l’AfricanaMeloni porta a Biden il piano anti immigrazione (e lui non le ricorda il passato sovranista)

La presidente del Consiglio si presenta di fronte a quello che considerava il Deep State americano ribadendo il sostegno all'Ucraina e la bontà del suo Piano Mattei, nella speranza di far sbloccare 1,9 miliardi di dollari per la Tunisia. Per sua fortuna nessuno le menziona le sue precedenti dichiarazioni su Trump, Obama e lo sciagurato invito a Steve Bannon al Festival di Atreju

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Una volta c’erano i Democratici americani, campioni della «visione interventista, dell’esportazione della democrazia nel mondo». Una volta c’erano Barack Obama, campione del mondialismo che bruciava le identità nazionali, e il suo successore Joe Biden. Responsabili entrambi di non aver saputo curare i rapporti con la Russia «parte integrante del nostro sistema di valori europei e difende l’identità cristiana». Una volta c’era Biden fuggito da Kabul: una «fuga scandalosa» che avrebbe convinto Putin a mandare i suoi carri armati in Ucraina.

Prima di entrare nello Studio Ovale, la presidente del Consiglio italiana avrebbe voluto strappare le pagine del suo libro “Io sono Giorgia” che contengono alcune di queste affermazioni. Strapperebbe volentieri anche quel discorso fatto il 28 febbraio del 2022 alla convention dei Conservatori a Orlando, in Florida. Così come è pronta a strappare il Memorandum Belt and Road sottoscritto da Giuseppe Conte quando governava nel lontanissimo 2018 con Matteo Salvini.

In attesa, poco convinta, del ritorno dell’antieuropeo Donald Trump alla Casa Bianca, Meloni sorride al vecchio amico Joe. Entra nello Studio Ovale indossando l’elmetto ucraino e il saluto Slava Ukraini. Indimenticabile quella foto, che sembrava generata dall’intelligenza artificiale, di loro due mano nella mano al vertice G20 di Hiroshima nel maggio 2023. La presidente del Consiglio mostra nel suo palmarès il lavoro fatto per affrancarsi dal tossico gas russo e per stabilizzare quel pezzo d’Africa dove serpeggiano tentacoli cinesi e wagneriani russi. 

Giorgia l’Africana si presenta di fronte al Deep State americano con l’impresa titanica anti immigrazione del Piano Mattei, come punto di riferimento nelle acque mediterranee, mentre gli Stati Uniti tengono d’occhio il mare cinese. Prima di incontrare in serata Biden, Meloni ha discusso con il presidente della Commissione esteri, il senatore Bob Menendez, di Global South e gli ha illustrato il lavoro diplomatico che sta svolgendo per l’Africa. Fonti italiane hanno riferito che Menendez è rimasto colpito per il lavoro «impressive» che l’Italia sta portando avanti su queste questioni.

Sono lontane le esercitazioni sovraniste trumpiane, gli applausi di Atreju al guru Steve Bannon. Le metamorfosi politiche sono ispirate dalla realpolitik e giustificano la richiesta di aiuto al nuovo amico Joe per sbloccare quei soldi che il Fondo mondiale non vuole dare alla povera Tunisia. Sono 1,9 miliardi di dollari che bloccano il miliardo di euro dell’Europa per fermare l’onda migratoria. Difficile che Washington possa fare qualcosa. 

Il Washington Post ha scritto che Meloni «entra a far parte del piccolo club dei leader di estrema destra che hanno incontrato Joe Biden alla Casa Bianca». Non è stato così per il brasiliano Jair Bolsonaro e l’ungherese Viktor Orbàn, da quando governa Biden. Che ha bisogno anche dell’Italia per portare a termine la guerra in Ucraina, coinvolgere il sud globale e tenere testa a Xi Jinping. Proprio adesso che la Russia potrebbe perdere l’Africa (al summit in corso a San Pietroburgo si sono presentati solo sedici capi di Stato africani; erano quarantatré quelli che hanno partecipato al primo vertice che si svolse a Sochi nel 2019). 

Non ha tempo, il pragmatico vecchio Joe, per rinvangare la vicinanza della presidente del Consiglio italiana a Trump. Non ha interesse a discutere con l’underdog, diventata presidente del Partito Conservatore europeo e presidente del Consiglio, gli aspetti controversi delle destre europee e americane: la difesa dei diritti Lgbtq, il mancato riconoscimento del drammatico cambiamento climatico, lo scontro con i giornalisti “dissidenti”. 

Meloni rappresenta l’Italia e, come in passato durante la guerra fredda, quando si sta in trincea tutti i colori delle divise sbiadiscono. È la sua fortuna in questo ciclo politico.

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