Li si vede spesso aggirarsi fra i corridoi e i locali del Parlamento europeo a Bruxelles: più spesso dei colleghi, perché loro a casa non possono tornarci, pena l’arresto immediato. Gli eurodeputati indipendentisti catalani Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí hanno visto confermata la revoca della propria immunità parlamentare da una sentenza del Tribunale generale europeo, uno dei due organi della Corte di giustizia dell’Unione europea. Ma la lunga e complessa novela giudiziaria sulla loro estradizione è lontana dalla parola fine: ci sarà un altro ricorso e al momento la giustizia spagnola ha ritirato il mandato d’arresto europeo che aveva emesso nei loro confronti. Secondo le previsioni di chi conosce il caso, è molto probabile che i tre portino a termine la legislatura all’Eurocamera.
Rincorsi dalla giustizia
Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí sono ricercati dalla giustizia spagnola da quasi sei anni, in quanto, rispettivamente, presidente e consiglieri della Generalitat de Catalunya, il governo regionale catalano che proclamò l’indipendenza dalla Spagna il 27 ottobre 2017.
Il 30 dello stesso mese, Puigdemont, Comín e Ponsatí si rifugiarono in Belgio, prima che quest’ultima accettasse un incarico accademico in Scozia.
Il pubblico ministero spagnolo emise un mandato d’arresto europeo per ottenere la loro l’estradizione: la giustizia belga non l’accettò per una discrepanza tra i capi d’accusa imputati (ribellione, sedizione e malversazione di fondi pubblici) e i loro corrispettivi nell’ordinamento nazionale.
Puigdemont si stabilì nella città di Waterloo, dove a marzo 2018 fondò il Consell per la República, una sorta di governo catalano in esilio, ma alla fine dello stesso mese fu arrestato a Schuby, in Germania, di ritorno da un viaggio in Finlandia. Anche il tribunale dello Stato federale tedesco dello Schleswig-Holstein, tuttavia, rifiutò l’estradizione per l’inammissibilità del delitto di ribellione contestato all’ex presidente.
Nel maggio 2019 Puigdemont e Comín vennero eletti al Parlamento europeo nella lista Junts per Catalunya, mentre Ponsatí rimase inizialmente fuori, ma verrà «ripescata» tra i deputati spagnoli eletti per sostituire quelli del Regno Unito dopo la Brexit. Da allora il caso catalano diventò inevitabilmente un affare comunitario, anche perché all’Eurocamera era entrato pure Oriol Junqueras, vice-presidente di Puigdemont al tempo della fallita secessione e da allora messo agli arresti in Spagna.
La situazione, piuttosto paradossale, vedeva il numero uno della Generalitat de Catalunya prendere posto nell’aula di Strasburgo e il suo vice incarcerato, sotto processo. Una sentenza del Tribunale generale dell’Unione europea del dicembre 2019 sancì poi che tutti gli eletti erano considerati deputati, riconoscendo dunque l’immunità parlamentare a Puigdemont, Comín e Ponsatí, che grazie alla fuga avevano evitato l’arresto e potevano fisicamente partecipare ai lavori dell’Eurocamera. Nulla da fare, invece, per Junqueras: il processo era iniziato prima e l’immunità non ha valore retroattivo. Tanto che a luglio del 2020 il suo scranno fu assegnato a chi lo seguiva nella lista, Jordi Solé.
Ma il Tribunal Supremo spagnolo, senza alcuna intenzione di mollare la presa sugli indipendentisti «fuggiaschi», chiese e ottenne la revoca dello scudo parlamentare: il 9 marzo del 2021 Carles Puigdemont, Toni Comín e Clara Ponsatí persero l’immunità, con l’Eurocamera schierata a maggioranza contro di loro: più di 400 i voti favorevoli alla revoca, soprattutto da popolari, socialisti e liberali, i cui membri spagnoli fecero una campagna serrata al riguardo.
Il ricorso alla Corte di Giustizia dell’Ue contro il procedimento produsse prima una misura sospensiva della revoca, poi una sua riattivazione: di fatto l’immunità era inutile, spiegò al tempo il tribunale, perché gli eurodeputati potevano spostarsi fra gli Stati membri dell’Ue senza essere consegnati alla Spagna, visto che il mandato d’arresto europeo era formalmente sospeso. Una teoria confermata dalla pratica: il 23 settembre 2021 Puigdemont venne arrestato e trattenuto in carcere una notte ad Alghero, ma non estradato.
Cosa succede ora
L’ultima sentenza del Tribunale generale, quindi, è solo un altro tassello di un complicato mosaico giudiziario ancora in evoluzione, che difficilmente produrrà effetti concreti a breve termine. In una conferenza stampa convocata a Bruxelles dopo la pronuncia, i tre europarlamentari hanno annunciato un ulteriore ricorso alla Corte, l’altro organo della Corte di Giustizia dell’Ue.
Anche nel caso di una nuova bocciatura, tocca alla giustizia spagnola riattivare il mandato d’arresto europeo per chiedere l’estradizione. Che comunque, non sarebbe affatto certa, come insegna la giurisprudenza in un caso per certi versi simile: Lluis Puig, un altro consigliere della Generalitat ribelle perseguito dai magistrati spagnoli, si rifugiò in Belgio ed evitò l’estradizione grazie alla sentenza di un tribunale locale.
Per questo il commento della ministra della Giustizia di Madrid Pilar Llop («Puigdemont deve presentarsi di fronte alla giustizia spagnola, questa sentenza respinge integralmente i suoi reclami») sembra più un atto dovuto che la celebrazione di una vittoria giuridica. Anche perché nel frattempo in Spagna qualcosa è cambiato: è stato riformato il codice penale eliminando il reato di sedizione di cui i tre erano accusati, mentre ai loro sodali rimasti in Catalogna e incarcerati dopo la mancata secessione è stato concesso l’indulto.
Gli eurodeputati indipendentisti si recheranno quasi sicuramente a Strasburgo la prossima settimana per la partecipare alla sessione plenaria dell’Eurocamera, come hanno fatto finora, e secondo una fonte parlamentare che segue il caso da vicino, porteranno a termine con ogni probabilità l’attuale legislatura, che finisce con le elezioni europee di giugno 2024.
Sul suo futuro personale, lo stesso ex presidente della Catalogna ha risposto candidamente alla domanda di un giornalista: «L’ipotesi di un mio ritorno in Spagna, dopo questa sentenza, rimane nel punto esatto in cui si trovava prima. Né più vicina, né più lontana». Se la battaglia dell’indipendentismo catalano sembra definitivamente tramontata, quella di Carles Puigdemont, e dei suoi scudieri, è ancora tutta da combattere.