Sugli sbarchi massicci di immigrati a Lampedusa si fa campagna elettorale non solo in Italia ma anche in Francia e ci si azzuffa con toni accesi. Da giorni i quotidiani francesi aprono a titoli cubitali sull’emergenza immigrati nell’isola italiana. Le Monde pubblica in prima pagina una vignetta che sferza un Josep Borrell intento a nascondere sotto una Lampedusa a mo’ di tappeto barconi di migranti, Le Figaro titola “Lampedusa l’isola in cui si gioca il destino dell’Europa”, così anche gli altri quotidiani d’oltralpe che aprono le prime pagine sull’emergenza immigrati in Italia.
La ragione di questo inedito interesse è complessa: l’opinione pubblica francese è in allarme non solo per i problemi posti dagli immigrati irregolari, ma anche e soprattutto per l’evidente mancata integrazione di larga parte degli immigrati regolari e addirittura degli immigrati che hanno ottenuto la cittadinanza francese, anche di seconda o terza generazione. L’ultima furiosa rivolta, l’ennesima, delle banlieue ne è la scottante prova. Di fatto, l’immigrazione irregolare fa da deflagratore di una crisi più vasta e profonda: il fallimento della piena integrazione degli immigrati regolari.
Non a caso parlare del problema della “sostituzione etnica” in Francia, a differenza che in Italia, non crea nessun problema di rigetto. Sono impressionanti a proposito i risultati di un sondaggio di Harris Interactives pubblicati l’anno scorso da Le Figaro. La domanda posta ricalcava esattamente l’analisi di Renaud Camus, primo teorico della “sostituzione etnica”: «Alcuni parlano di grande sostituzione: questo perché le popolazioni europee bianche e cristiane sono minacciate di estinzione a causa dell’immigrazione musulmana proveniente dal Maghreb e dall’Africa nera. Pensate che un tale fenomeno si produrrà in Francia?»,
Ebbene, il sessantuno per cento degli intervistati ha risposto di essere preoccupato al riguardo e il dato più interessante è che la preoccupazione è sì ultra maggioritaria nell’elettorato di destra al novantadue per cento, ma che è condivisa dal quarantaquattro per cento degli elettori del Partito Socialista, dell’estrema sinistra di Jean-Luc Mélenchon ed è condivisa addirittura dal trenta per cento degli elettori dei Verdi.
Nel contesto di un Paese che vede gli immigrati irregolari fare da innesco della miscela esplosiva di una immigrazione regolare, anche quella con cittadinanza francese, con enormi problemi di integrazione fallita, si gioca dunque la partita politica francese. Partita che vede, non a caso, i centristi neo gollisti Les Républicains presentare un progetto di legge sull’immigrazione talmente duro che prevede modifiche costituzionali sui diritti della persona che potrebbe essere condiviso da Mario Borghezio.
Il quadro politico francese è così determinato dal fatto che incombono non solo le elezioni europee dell’anno prossimo, ma soprattutto le presidenziali del 2027. Elezioni nelle quali non funzionerà più il rigetto “repubblicano” nei confronti di una Marine Le Pen che ormai, con i suoi sessanta e più deputati nella Assemblée Nationale, ha conquistato una piena e totale legittimità istituzionale e costituzionale. Elezioni, questo è il punto, nelle quali manca del tutto a oggi il candidato forte da opporre a Le Pen, non potendo Emmanuel Macron correre per un terzo mandato.
Non a caso fanno a gara nelle dichiarazioni più roboanti sull’immigrazione due candidati alle presidenziali: innanzitutto come è ovvio, Marine Le Pen, ma anche Gérald Darmanin, ministro degli Interni. In verità, quest’ultimo deve ancora conquistare la candidatura dei partiti che sostengono Emmanuel Macron. Molti sono i suoi avversari in primarie che saranno più che agguerrite. Il più forte e infido è Éduard Philippe, già primo ministro di Macron, leader del partito Horizons e oggi popolarissimo sindaco di Le Havre. Lo tallona François Bayrou, leader di MoDem, l’altro partito della maggioranza macroniana, più volte candidato alle presidenziali. Forse, più avanti emergerà anche la candidatura femminile dell’attuale primo ministro, Elisabeth Borne che sta dimostrando eccellenti doti politiche alla guida di un esecutivo che non ha la maggioranza nelle Camere.
Fortissime le differenze biografiche, Darmanin viene dalle file neo golliste, come Bayrou, Philippe e Borne da lontane militanze socialiste. Profittando del silenzio degli ultimi tre sul tema immigrazione, da un anno Gérald Darmanin, forte della sua posizione di ministro degli Interni, con l’evidente scopo di eroderle consensi nel suo stesso elettorato, sfida con posizioni di destra sull’immigrazione la vera avversaria del 2027: Marine Le Pen. Una sfida spregiudicata nella quale mette sempre più spesso l’Italia nel mirino nella certezza che le critiche salaci agli italiani, cugini d’oltralpe, hanno buona presa nell’elettorato di centro destra francese.
Già un anno fa Darmanin fece scoppiare a freddo una grave crisi diplomatica tra Francia e Italia sostenendo che il governo Meloni «è incapace di risolvere i problemi dell’immigrazione». Subito, in risposta, Antonio Tajani annullò un vertice Italia-Francia e le relazioni tra i due paesi precipitarono in un fosso. Oggi, Darmanin smentisce le aperture solidali al governo Meloni dello stesso Emmanuel Macron e annuncia che la Francia non accoglierà neanche uno degli immigrati sbarcati a Lampedusa perché ha già accolto più di novantamila irregolari. Però si impegna a bloccare ulteriori arrivi. Contemporaneamente militarizza sempre più il confine franco-italiano e addirittura installa a Mentone reparti antiterrorismo muniti di droni.
Nel complesso dunque si può ben dire che Marine Le Pen, con la sua posizione durissima sull’immigrazione, ribadita a fianco di Matteo Salvini sul prato di Pontida, esercita di fatto egemonia sull’intero quadro politico e costringe i suoi avversari e concorrenti di centro a radicalizzare a destra le proprie posizioni sull’immigrazione.
In questo quadro esasperato dalle tensioni elettorali l’unico interlocutore dell’Italia in Francia resta dunque Emmanuel Macron, il solo leader francese incandidabile alle presidenziali ma che punta a un buon risultato alle europee per il suo movimento. Ma soprattutto che non vede di cattivo occhio la prospettiva di attirare in Europa verso il centro il partito di Giorgia Meloni, rompendo così il fronte dei partiti sovranisti.