Global GatewayLa risposta europea alla Via della Seta (ma senza condizioni scritte in piccolo)

Dal 2021 il programma ha avviato ottantanove progetti nel mondo, mobilitando sessantasei miliardi di euro. La presidente della Commissione von der Leyen ha ammonito sui ricatti dei prestiti cinesi, che costano pezzi di sovranità dei Paesi: «Per noi è importante dare scelte migliori»

Ursula von der Leyen al Global Gateway Forum
Foto Dati Bendo/Commissione europea

Il 25 e 26 ottobre più di quaranta leader tra capi di Stato e di governo si sono incontrati a Bruxelles in occasione del Global Gateway Forum organizzato dalla Commissione europea. L’incontro arriva ad una settimana dal Belt and Road Initiative (Bri) forum di Pechino che verrà ricordato soprattutto per la stretta di mano tra Viktor Orbán e Putin.

Global Gateway è un piano di investimenti nell’istruzione, nella salute ma soprattutto nelle infrastrutture tradizionali, digitali ed energetiche voluto dalla Commissione con lo scopo di intensificare gli scambi commerciali con i Paesi in via di sviluppo nel contesto di una più ampia strategia di soft power.

Dal 2021 il programma europeo ha avviato ottantanove progetti in America latina, Caraibi, Medio Oriente, Asia, Pacifico e Africa subsahariana impegnando sessantasei miliardi di euro. Arriverà a mobilitare fino a trecento miliardi di investimenti tra il 2021-2027. Nel prossimo bilancio europeo, Gateway dovrebbe avere ulteriori fondi dedicati.

L’obiettivo è anche quello di attrarre investimenti privati e provare quantomeno ad avvicinare i mille miliardi di dollari messi a disposizione dalla Cina con la Bri. Come sottolineato nel discorso di apertura da Von der Leyen, però, la poca trasparenza di Pechino non dirada le ombre sia sull’impatto ambientale e sociale dei progetti messi a terra in questi anni, sia sulle condizioni dei prestiti concessi ai propri partner.

Su quest’ultimo aspetto la strategia della Cina sembra aver preso una direzione netta: come riportato da Politico circa il sessanta percento dei prestiti concessi da Pechino affronta rischi di insolvenza. La Repubblica popolare presta soldi ai Paesi in emergenza che hanno un rating molto debole e applica tassi del cinque percento (contro il due dei prestiti di salvataggio concessi dal Fondo monetario internazionale) esercitando, in questo modo, una forte influenza sui governi.

Ed è proprio su questi aspetti che Bruxelles vuole rimarcare la differenza del suo piano rispetto alla Bri: «Per noi è importante che Global Gateway si occupi di dare scelte ai Paesi, scelte migliori – ha sottolineato la presidente della Commissione europea nel suo discorso di apertura –. Perché per molti Paesi in tutto il mondo, le opzioni di investimento non solo sono limitate, ma sono tutte molto scritte in piccolo e talvolta con un prezzo molto alto. A volte è l’ambiente a pagarne il prezzo. A volte sono i lavoratori ad essere privati dei loro diritti. A volte vengono portati lavoratori stranieri. E a volte la sovranità nazionale è compromessa. Nessuna nazione dovrebbe trovarsi di fronte a una situazione in cui l’unica opzione per finanziare le proprie infrastrutture essenziali sia quella di vendere il proprio futuro».

Global Gateway Forum
(Dati Bendo/EC)

Gli alti standard in termini sociali e ambientali, la trasparenza e il dialogo paritetico qualificano l’offerta europea rispetto a quella cinese e in questo momento Bruxelles dovrebbe cercare di superare quegli ostacoli burocratici interni che non hanno ancora permesso a Global Gateway di decollare definitivamente.

I progetti non mancano, dal cavo dati in fibra ottica di oltre settemilaecento kilometri del programma «Medusa» che dovrebbe collegare le cinquecento università di Paesi nordafricani ed europei, al «Bella II» che dovrebbe implementare il collegamento sottomarino già in essere con i paesi dei Caraibi e del Sud America.

Digitale, quindi, ma anche connessioni, energie rinnovabili e materie prime: con la Repubblica Democratica del Congo e lo Zambia si è stretto un accordo sulle materie prime essenziali, con la Namibia sull’idrogeno verde e con Bangladesh e Vietnam una cooperazione sull’energia pulita. In Moldavia, nei Balcani e nei Paesi dell’Est Europa gli investimenti riguarderanno principalmente le infrastrutture ferroviarie.

Al Bruxelles si sono alternati tra gli altri i presidenti e primi ministri di Giappone, Albania, Senegal, Bangladesh, Armenia e Serbia. Erano presenti anche alcuni capi di governo europei come lo spagnolo Pedro Sánchez o il portoghese António Costa, mentre per l’Italia c’era il vicepresidente Antonio Tajani.

Ma non sono passate inosservate le assenze degli Stati del Mercosur e dell’America Latina che in questa fase sembrano essere maggiormente sensibili alle sirene cinesi: se si fa eccezione per il ministro all’Industria colombiano, non erano presenti altri leader di primo piano.

Una situazione diversa rispetto a quanto avvenuto una settimana fa alla Belt Road Initiative dove, ad esempio, non è voluto mancare il presidente argentino Alberto Fernández, seppur a pochi giorni dal primo turno delle elezioni presidenziali in Argentina che vedevano candidato Sergio Massa, il ministro dell’Economia del suo governo.

E non sembra essere un caso, se si pensa anche ai rallentamenti nel trattato di libero scambio Ue-Mercosur che in questo momento non sembra essere la priorità dell’organizzazione guidata dal Presidente brasiliano, Luiz Inácio Lula da Silva.

I numeri sono ancora dalla parte di Pechino, ma von der Leyen ha ragione quando rimarca la differenza tra gli investimenti europei e quelli cinesi. Che si tratti delle crepe nel cemento di una diga in Ecuador costruita da una ditta cinese che si è aggiudicata una gara non del tutto trasparente, o dei ritardi nella realizzazione della linea ad alta velocità tra Belgrado e Budapest, è evidente che la macchina dragone – che fino a qualche mese fa aveva garantito investimenti rapidi su progetti mirati anche, appunto, grazie ai pochi obblighi di trasparenza – abbia quantomeno rallentato la sua corsa.

La nuova Commissione europea, se vorrà veramente ritagliarsi un ruolo da protagonista oltre confine, dovrà essere in grado di approfittare di questo momento non brillantissimo della Cina sia dal punto di vista economico che da quello politico.

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