L’elefante è ancora nella stanza. Nell’ultimo incontro del tavolo tecnico organizzato dal governo sulle concessioni demaniali tenutosi giovedì a Roma, è stata presentata la mappatura delle spiagge italiane. Il risultato è che, secondo i tecnici del Ministero, solo il trentatré percento delle coste italiane è oggetto di concessioni mentre il restante sessantasette è libero (mancano ancora i dati delle concessioni demaniali lacustri e fluviali).
Il tavolo tecnico, che ha coinvolto nove ministeri e molte associazioni di categoria e ha richiesto mesi di lavoro, ha restituito all’esecutivo una fotografia chiara ma non risolutiva che dovrà essere seguita da una riforma legislativa organica. Come ha sempre sostenuto il governo in questi mesi, questo dato servirà a dimostrare che la risorsa «spiaggia» non è scarsa e che quindi la Bolkestein non si applica. O meglio, che non si applica alle concessioni già in essere ma solo a quelle nuove.
La palla passa ora a Giorgia Meloni che a questo punto non potrà più continuare a prendere tempo dopo le tante promesse fatte in campagna elettorale. E bisognerà fare in fretta visto che, restando così, le cose le concessioni andrebbero a gara dal primo gennaio 2024 come stabilito dal Consiglio di Stato.
Prima però, come suggerisce lo stesso tavolo tecnico, saranno necessarie varie interlocuzioni con Bruxelles per capire se la posizione italiana potrà essere considerata conforme o se l’ennesimo tentativo di eludere la direttiva farà la fine di tutti gli altri. Con una procedura di infrazione in corso, peraltro, che in caso di esito negativo porterebbe probabilmente a un parere motivato.
Sulla questione l’Europa potrebbe sollevare diversi dubbi. Prima di tutto sui criteri tecnici adottati nella mappatura: quel trentatré percento viene infatti calcolato sul totale della costa italiana e non sulle sole aree balneabili. Vengono quindi considerati anche i tratti di costa rocciosa, quelli non accessibili, le spiagge non appetibili per motivi oggettivi o quelle che non possono essere date in concessione.
Potrebbe esserci qualche perplessità anche sul fatto di aver previsto una mappatura su scala nazionale: «Quanto ai criteri tecnici utili a determinare la sussistenza della scarsità della risorsa naturale, il Tavolo ha evidenziato come, in base agli elementi finora raccolti e analizzati, questi debbano essere individuati tenendo conto del dato nazionale, secondo un approccio generale e astratto», si legge nel comunicato di Palazzo Chigi.
Un criterio che rischia di creare degli squilibri se si considera che ci sono alcune regioni il cui litorale è occupato al settanta per cento – e dove quindi sarebbe pressoché impossibile prevedere le gare – e altre dove l’occupazione è intorno al venti per cento (dati Legambiente).
Per questi motivi, e anche alla luce dei precedenti sulla Bolkestein, la posizione di Palazzo Chigi non sembra essere troppo solida e, in effetti, non c’è una piena convergenza nemmeno all’interno della stessa maggioranza.
Se la soluzione individuata dall’esecutivo non dovesse convincere Bruxelles, dalla Commissione europea potrebbe arrivare uno stop definitivo che concederebbe pochissimo tempo all’Italia per varare una riforma organica del settore coerente con la normativa europea.
Uno scenario che rischierebbe di creare una situazione di caos difficilmente controllabile soprattutto per i Comuni. Oltre agli imprenditori, che sono quelli maggiormente penalizzati da questa situazione di incertezza che si sta protraendo da diversi anni, anche gli enti locali si trovano completamente spiazzati di fronte al vuoto normativo lasciato dal legislatore nazionale.
La difficoltà oggettiva causata dall’assenza di riferimenti ha messo sindaci e dirigenti di fronte a un bivio. Alcuni in mancanza di una legge quadro nazionale che fornisca gli strumenti per applicare la direttiva, hanno scelto di non decidere.
Chi invece sta provando a portarsi avanti cercando di ragionare su eventuali procedure, senza una linea guida rischia di dare vita a un patchwork normativo che creerebbe ulteriore incertezza, oltre a essere facile bersaglio di eventuali ricorsi. Ed è per questo che in un modo o nell’altro è necessario avviare una riforma seria che eviti di far perdere tempo ulteriore a imprenditori ed enti locali.
Ora che è stata completata la mappatura delle spiagge il Governo non ha più scuse e se come ha sempre sostenuto ritiene che la risorsa non sia scarsa e che l’esclusione delle concessioni demaniali marittime dalla Bolkestein sia una soluzione percorribile anche a livello legislativo, potrà andare a Bruxelles senza tentennamenti.
In caso contrario, l’ostinato temporeggiamento dell’esecutivo avrà solo fatto perdere del tempo non più recuperabile, vista la scadenza perentoria che il Consiglio di Stato ha fissato per il 31 dicembre 2023.