Jaakko Pernu è un noto artista finalndese, considerato tra i maestri della land art contemporanea. Le sue opere raccontano la relazione tra gli esseri umani e la natura. Nato nell’est della Finlandia nel 1958, cresce in campagna a stretto contatto con la natura. Da bambino apprende le tecniche di lavorazione del legno da suo padre. Così, dopo aver studiato pittura, è il ritorno al legno natio che determina il suo successo e l’ascesa artistica.
Pernu ha creato molte opere pubbliche in tutto il mondo, tra cui al Museo d’Arte di Oulu, al Parco delle Sculture di Kotka (Corea), all’Arte Stella (Italia), al Centro Convegni di Vancouver (Canada), al Concord Park Place (Canada) e al Fortum (Mosca). Più recentemente ha realizzato un’installazione anche per il Wild international sculpture park offre negli Stati Uniti.
Persona di poche, pochissime parole, essenziale, quasi zen, concepisce la propria arte nel pieno rispetto della natura, consapevole che qualsiasi gesto umano non può che essere temporaneo ed effimero. Lontano, senza criticarlo mai, dal mercato dell’arte contemporanea, il racconto che ci ha fatto della sua carriera è cristallino, diretto a tratti disarmante e affascinante al tempo stesso.
Ci racconti come sei diventato un artista, maestro della land art?
Non sono un maestro. Dopo il liceo, ho provato a studiare matematica e fisica all’università di Helsinki per un anno, ma la matematica era troppo faticosa per me. Quindi, sono andato per un anno a una scuola d’arte di base. Successivamente ho studiato quattro anni presso l’Istituto d’arte di Lahti. Qui, dopo anni dedicati alla pittura, ho esplorato la scultura ed è stata una svolta. Dopo un anno di periodo di insegnamento, sono stato anche studente ospite per un anno presso l’Accademia van Beeldende Kunsten Rotterdam nei Paesi Bassi.
Sei molto legato al tuo Paese e alle sue tradizioni?
È molto importante per me il legame con la Finlandia. Vivo in questo Paese da sessantacinque anni. Ho avuto una connessione molto stretta con la natura fin da quando ero bambino, originariamente grazie alla fattoria dove sono nato. Mio padre era un agricoltore e realizzava anche barche da pesca in legno. Da lui ho imparato molto, anche perché in quegli anni l’unico modo per fare le cose era farle a mano. Non c’erano molte attrezzature.
Niente tecnologia nella tua arte?
Non ne sono schiavo, ma non la rinnego, come non rinnego gli spazi dell’uomo: trovo facile realizzare le mie opere sia in un ambiente simile a un parco che in un centro città più grande. Alla fine, tutte le mie opere sono site-specific, quindi devo orientarmi prima sul luogo proposto. Così, dopo alcuni schizzi, creo il concept finale utilizzando Photoshop. Poi è innegabile che il legno sia un materiale che amo, ma non è l’unico. A volte mescolo nell’opera anche l’acciaio e all’alluminio, come capitato di recente con alcune opere d’arte pubbliche.
Sei un homo faber: l’arte per te è una questione di “saper fare”?
Nella mia arte rivive tutta la mia infanzia e la tradizione rurale finlandese: dalla scelta dei materiali al modo in cui lavoro. Prediligo materiali naturali, che raccolgo sul luogo o trovo in natura. Sebbene le mie opere siano anche grandi e impegnative non ricorro ad assistenti: sono abituato ad aggiustare da solo sempre. L’unica eccezione è quando sono all’estero e il tempo di realizzazione che mi viene concesso è poco. Non ho alternative e devo ricorrere in modo temporaneo a uno o due assistenti. In questi progetti all’estero infatti in 4-5 settimane vado dal disegno alla consegna dell’opera.
Da diversi anni sei al centro di una crescente attenzione mediatica, anche all’estero. Come vivi questo sviluppo della tua carriera?
L’arte può e dovrebbe anche essere presa meno seriamente: non solo e non tanto come un qualcosa di eccezionale come ispirazione, ma anche in termini commerciali. L’arte è per me un lavoro normale, un modo per vivere e lavorare insieme. Credo riuscirò a continuare a lavorare come artista soltanto se non mi prenderò mai troppo sul serio.
La tua è arte monumentale, ma effimera nelle tue intenzioni. Ci racconti quella che è forse la tua opera più nota, Alapuolella maa (Sotto terra), realizzata nel 1996 e che ora non esiste più?
È normale per come concepisco l’arte: nessuno è in grado di pensare di commissionarmi un’opera d’arte ambientale con materiali naturali pensando che, dopo venti-quarant’anni, sarà ancora lì, ovvero che sarà un buon affare per “trarne profitto”, parlando di materiali naturali. Inoltre, il fatto che sia stata smantellata, significa che c’è stato e c’è nuovo spazio per nuova arte. Quest’opera era stata realizzata non con materiali nobili, ma in salice, un legno estremamente flessibile, facile da lavorare e soprattutto economico. Avevo collocato questo lavoro in un campo a cento metri da un bosco per riflettere sulle relazioni tra le persone e tra l’essere umano e la natura. Dava essa stessa forma alla foresta che è dell’essere umano, in cui la natura si combina con il pensiero ed è in dialogo-confronto con la natura da cui lo stesso pensiero umano proviene. C’era un forte senso di quiete, ma anche di forza e inaccessibilità. I venticinque salici avevano le chiome che si intrecciavano e tendevano al cielo a partire dai tre metri, ossia sopra la testa delle persone che non potevamo che essere “sotto” e a guardare in alto.
Qual è il tuo rapporto con la natura, così centrale nella tua arte?
Mi viene in mente una bellissima canzone dei Deep Purple, Child in time, che racconta della disumanità e il rumore che ci circonda: la guerra è ovunque. Sono da molto tempo preoccupato per i cambiamenti climatici. Nutro dubbi sul fatto che riusciamo a comunicare correttamente con la natura, quanto non riusciamo a farlo tra esseri umani. Siamo veramente in grado di comprendere l’impatto che abbiamo su ciò che ci circonda? La mia arte perciò parla di questo, non della natura in modo diretto. Del resto, a livello artistico è difficile competere con la natura, ma anche con l’architettura; entrambe dimensioni che interagiscono con le mie opere che più che di land-art sono site-specific e spaziali. La mia risposta a questa sfida di co-esistenza è l’utilizzare forme molto compatte.
A cosa stai lavorando al momento?
Sto lavorando a un progetto di arte pubblica che verrà installato tra qualche settimana su una rotonda stradale. Dopo di quello, dovrò fare un sacco di legna da ardere poiché riscaldo la mia casa solo con il legno durante l’inverno.