Mattinale pacifistaIl negazionismo giustificazionista che allarga le braccia davanti all’attentato a Gerusalemme

Non si comprende che le stelle sulle case degli ebrei a Berlino e l’aggressione ai danni di un rabbino a Genova sono conati di soluzione finale, la reiterazione apparentemente meno grave della “resistenza” che ambisce a una vittoria passando per l’omicidio di una ragazza incinta che aspetta il bus

(La Presse)

L’attentato dell’altro giorno a Gerusalemme non è passato come la solita cosa immeritevole di diventare notizia per la solita ragione, e cioè perché i morti sono israeliani, i morti sono ebrei, e appunto ci sarà pure una ragione se gli israeliani e gli ebrei vengono ammazzati. No: questa volta l’assassinio dei civili per mano terrorista (due uomini e una donna incinta, abbattuti alla fermata dell’autobus) si è meritato il rango più eminente del mattinale pacifista che squaderna pensosità a braccia allargate davanti alla guerra che purtroppo causa anche queste inevitabili tragedie.

Sulla scorta della teoretica di marca Onu, secondo cui milleduecento tra sgozzati, bruciati vivi e accoppati “regular” nel giro di un paio d’ore non vengono dal nulla, il tirassegno antiebraico di settimana scorsa ha preso la dignità deplorevole dei fatti bellici: in Israele c’è l’apartheid e quindi che vuoi farci, c’è il governo di destra e dunque che cosa ti aspetti, ci sono i suprematisti e allora di che ti sorprendi.

Il criterio è lo stesso che si adopera quando l’aggressione è altrove, quando la violenza è a diecimila chilometri di distanza dal nazismo dello Stato ebraico: la devastazione di una sinagoga di Seattle è certamente un esempio di scarso senso civico, ma bisognerà pur dire che Israele compie «attacchi deliberati in ospedali e persino in luoghi di pace e di preghiera» (così il plenipotenziario di Amnesty Italia, Riccardo Noury, su l’Unità del 29 novembre); l’assedio di una biblioteca a New York, dentro un gruppo di ebrei costretti a nascondersi e fuori una turba che voleva linciarli in nome di dio, inneggiando agli eroi del 7 ottobre, sarà pure una manifestazione un po’ scomposta, ma non può far dimenticare le sofferenze di un popolo causate da settantacinque anni di imperialismo sionista.

Quelli che adottano simili criteri valutativi – chiamiamola così, questa porcheria – non sospettano neppure vagamente che essi si adattano in modo perfetto al negazionismo giustificazionista che abbisogna solo di un pizzico di sprezzo in più per collocare in ambito storicizzante Auschwitz e Treblinka. Non comprendono che le stelle sulle case degli ebrei a Berlino e l’aggressione ai danni di un rabbino a Genova sono conati di soluzione finale, la reiterazione parcellare, disparata e apparentemente meno grave della “resistenza” che ambisce a una vittoria, dal fiume al mare, passando per l’omicidio di una ragazza incinta che aspetta il bus.

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