Il 2024 delle carceri italiane è iniziato malissimo, lo certifica anche il collegio uscente del Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, presieduto da Mauro Palma: «Quattro persone si sono suicidate nei primi nove giorni dell’anno, tra il 5 e il 14 gennaio: la prima era entrata in carcere ad Ancona a settembre, per la revoca della detenzione domiciliare con cui stava scontando la pena, e ne sarebbe uscita ad agosto di quest’anno. La penultima, detenuta nella Casa circondariale di Cuneo, era in carcere da tredici giorni: entrata il 28 dicembre, si è tolta la vita il 10 gennaio». A queste morti vanno aggiunte le quattordici catalogate come “morti per cause naturali”.
Sono diciotto i morti in carcere nei primi quattordici giorni dell’anno: «Il preannuncio di un andamento molto simile a quello del 2022, quando si sono contati ottantacinque suicidi nel corso dell’anno: otto nel mese di gennaio, esattamente cinque nei primi quattordici giorni», dice ancora il Garante, che sta per essere sostituito da un nuovo collegio che con il carcere e l’esecuzione penale ha a poco a che fare. Il presidente Felice Maurizio D’Ettore, in quota Fratelli d’Italia, è un professore di diritto privato. Sarà mai entrato in carcere? Conoscerà la situazione delle carceri italiane, sovraffollate e inadeguate?, sono le domande che si fanno gli addetti ai lavori.
«La tendenza al sovraffollamento senza battute d’arresto è un fenomeno in atto da un anno, con una progressione preoccupante rispetto agli anni precedenti: se alla fine del 2022 la popolazione detenuta era aumentata di circa duemila unità rispetto a dicembre del 2021, l’aumento registrato al 30 dicembre 2023 è esattamente del doppio, con circa quattromila persone detenute in più», dice ancora il Garante: «Negli ultimi tre mesi (dal 14 ottobre al 14 gennaio) l’aumento è stato di 1196 presenze, quindi, quasi quattrocento al mese».
L’indice attuale dell’affollamento delle carceri italiane, alla data del 14 gennaio 2024, è del 127,54 per cento: 60.328 persone detenute, tredicimila in più rispetto ai 47.300 posti disponibili, con punte di sovraffollamento del 232,10 per cento nella Casa circondariale di San Vittore a Milano, del 204,95 per cento nella Casa circondariale di Canton Mombello a Brescia, del 204,44 per cento in quella di Lodi, 195,36 in quella di Foggia. Giova ricordare che nel 2012/2013, prima della sentenza Torreggiani con la quale la Corte Edu nel 2013 condannò l’Italia per violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti umani, c’erano sessantaduemila/sessantacinquemila detenuti.
Adesso ci stiamo avvicinando di nuovo a quelle cifre e la principale soluzione offerta dal governo – costruire più carceri – non sembra essere utile alla risoluzione del problema. Perché in un sistema carcerocentrico e con una classe politica improntata al panpenalismo come il nostro, gli spazi vuoti vengono riempiti molto in fretta. «Il problema è che il garantista Carlo Nordio non ha invertito la tendenza a uso smodato della detenzione, ma forse, anzi, la sta aumentando. Tra cinquemila detenuti saremo ai livelli di quando ci arrivò la condanna della Cedu e può essere che li raggiungiamo nell’anno», spiega a Linkiesta il filosofo del diritto Emilio Santoro.
Alla mezzanotte del 23 gennaio prossimo, la presidente di Nessuno Tocchi Caino, Rita Bernardini, e Roberto Giachetti, deputato di Italia Viva, inizieranno lo sciopero della fame per protestare contro le condizioni delle carceri italiane: «Il nostro interlocutore è la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con il ministro della Giustizia Carlo Nordio», ha detto Rita Bernardini nei giorni scorsi per denunciare la situazione «drammatica e strutturale» delle carceri italiane. La soluzione contro il sovraffollamento, ha detto ancora Bernardini, «non può essere la costruzione, come affermato da Meloni, di altre carceri che poi, va detto, con quale personale si coprono?». C’è infatti un problema di scarsità di risorse umane in carcere: «Tra pianta organica ed effettivi, il personale presente è la metà di quanto necessario», ha detto la presidente di Nessuno Tocchi Caino. I direttori, gli educatori, i magistrati di sorveglianza (duecentosessanta in tutta Italia), che peraltro devono fare fronte «non solo ai sessantamila detenuti, ma anche agli oltre centomila “liberi sospesi”», ovvero chi è in attesa di una eventuale pena alternativa, avendo ricevuto una condanna inferiore ai quattro anni.
La popolazione carceraria continua insomma ad aumentare e il governo ha non poche responsabilità. Come ha osservato Giachetti, che questo mercoledì interverrà in Parlamento per sei minuti sulla relazione annuale sulla giustizia, «il governo vara il decreto Sicurezza che anziché depenalizzare – facendo diminuire eventualmente la pressione sulle carceri – introduce quindici nuovi reati… Una vera e propria fabbrica di reati».
L’opposizione sta cercando di incalzare il governo, ricordando anche le mancanze del garantista Nordio. È di Italia Viva una proposta di legge che ha l’obiettivo di intervenire sull’istituto della “liberazione anticipata speciale”, ovvero sull’aumento da quarantacinque a settantacinque dei giorni da scontare dalla detenzione, mentre i deputati del Partito democratico della commissione Giustizia hanno chiesto e ottenuto un’audizione urgente del Capo del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, Giovanni Russo. «Occorrono risorse ed interventi urgenti per fermare questa strage», dicono i deputati Federico Gianassi e Debora Serracchiani. Per evitare nuovi record come quello dei suicidi in carcere nel 2022 e altre condanne della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
Le carceri sono un problema in tutta Italia: da quello di Firenze, dove piove dentro e ci sono i topi, a quello di Bergamo, come denuncia da tempo il sindaco Giorgio Gori: «Ultime dal carcere di Bergamo:
– detenuti: cinquecentosessantaadue;
– posti regolamentari: trecentodiciannove;
– tasso affollamento: centosettantasei per cento;
– aumento dal 2020: +34,8 per cento;
– agenti previsti (per trecentodiciannove): duecentocinquanta;
– agenti effettivi: duecentosei;
– misure alternative per ridurre il numero dei detenuti: non pervenute».