Cortese (in)opportunitàSi sta diffondendo un uso sempre più creativo del verbo “omaggiare”

Che si tratti di un gesto, di un costrutto verbale o di un regalo, l’omaggio presuppone un destinatario, che quindi viene espresso con un complemento di termine, di sicuro non da un complemento oggetto

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«… e con questo abbiamo finito. Le posso omaggiare un biglietto della metro?». «Molto gentile, grazie, ma non è il caso che me lo omaggi: potrebbe invece darmelo in omaggio».

La seconda parte di questo scambio dialogico è inventata: ero fortemente tentato di rispondere così, ma insomma… La prima parte invece è reale: è la cortese opportunità che il responsabile clienti della concessionaria a cui stavo lasciando la mia vettura per il tagliando biennale si premurava di offrirmi, qualche giorno fa. Cortese ma scorretta.

L’uso “creativo” del verbo omaggiare si sta diffondendo, soprattutto nel lessico commerciale, implacabile come tutte le cattive abitudini: sulla falsariga di verbi il cui uso platealmente scorretto è diventato quasi proverbiale – tanto da essere ripetuto in alcuni casi con intenzione ironica – come “uscire” e “scendere” (tipicamente, il cane: “esco/scendo il cane”), che però sono grammaticalmente insostenibili in quanto intransitivi, oltreché di origine prettamente meridionale. Omaggiare ha invece una diffusione geograficamente più trasversale ed è più subdolo, in quanto transitivo. Ma come si arriva all’uso erroneo? E soprattutto, qual è il complemento oggetto del transitivo omaggiare?

Bisogna soffermarsi un po’ sulle parole. Omaggiare deriva dal sostantivo omaggio, che a sua volta, attraverso il francese hommage (anticamente homage) derivato da homme, riporta al latino homo, nel senso medievale di soldato, vassallo. E significa quindi (riporto, sintetizzando, dal vocabolario Treccani): “1. In senso storico, l’atto con cui, nel Medioevo, si costituiva il rapporto di vassallaggio. 2. Per estensione, nell’uso comune, professione di ossequio, di rispetto, di considerazione, di stima”.

Consideriamo dunque l’uso comune. Ossequio, rispetto, considerazione e stima possono essere manifestati a parole o nei fatti (“omaggi!”, “i miei omaggi”, “rendere/tributare un omaggio”), ma anche materializzarsi in un oggetto: con il termine omaggio, infatti, si intende comunemente un regalo di non eccessivo valore offerto per riconoscenza o per una forma di riguardo; e in particolare, nella pratica commerciale (citiamo ancora dal vocabolario Treccani), un “oggetto o prodotto offerto in dono da una ditta a scopo promozionale o pubblicitario” o, aggiungiamo, una quantità ulteriore dello stesso prodotto dispensata senza maggiorazione di prezzo.

Che si tratti di un gesto, di un costrutto verbale o di un regalo, l’omaggio presuppone un destinatario, esplicito o implicito, che, ove sia esplicito, è espresso dal complemento di termine: “Tributare un omaggio ai caduti”, “offrire in omaggio agli acquirenti”. Quando dal sostantivo si passa al verbo denominale omaggiare – ossia “riverire, ossequiare con atto di omaggio” (Treccani) – il destinatario dell’azione è sempre presente, ma non viene più espresso dal complemento di termine bensì dal complemento oggetto: “omaggiare i caduti”. E quando l’omaggio non consiste in qualche cosa di gestuale o verbale ma è un oggetto offerto in dono, questo oggetto non viene espresso dal complemento oggetto ma dal complemento di mezzo: «Omaggiare i caduti con una corona di alloro.

Tuttavia, proprio la natura “oggettiva” di ciò che è dato in omaggio – il fatto che si tratti di un oggetto – può essere all’origine dell’equivoco in cui cade chi lo trasforma nel complemento oggetto di “omaggiare”. Se questo verbo significasse “dare (qualcosa) in omaggio”, una frase come “omaggiare l’ospite illustre” vorrebbe dire “dare in omaggio” questo povero ospite, che chissà se gradirebbe (e a chi, poi?). Assurdo. Ora atteniamoci al significato corretto del verbo, ossia “rendere omaggio (a qualcuno)”, “riverire, ossequiare (qualcuno) con atto di omaggio”, usando però come complemento oggetto l’oggetto dato in omaggio: in questo caso “omaggiare un biglietto della metro” vorrebbe dire “rendere omaggio” a questo biglietto, che sicuramente può fare comodo ma forse non è meritevole di tanto ossequio. Non meno assurdo.

Ma del resto sarebbe stato assurdo pure il fatto che il solerte responsabile clienti della concessionaria mi omaggiasse riverendomi e ossequiandomi – in fondo io ero lì per ricevere un servizio e lui per fornirmelo, stop. Il biglietto della metro poteva bastare. Tuttavia ho cortesemente declinato la cortese offerta e mi sono fatto una salutare camminata di tre quarti d’ora: in omaggio ai consigli del personal trainer.

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