I libri, si sa, si possono stipare in valigia, ma le opere d’arte sono un po’ più difficili da trasportare. Perciò chi le ama ed è costretto a viaggiare a lungo, a trasferirsi lontano da casa e a spostarsi in continuazione, come può rimediare? La scena di Titanic in cui Kate Winslet estrae dai bagagli delle tele di Monet da appendere alle pareti della suite in cui soggiornerà è poco plausibile al giorno d’oggi. L’unica soluzione è scegliere luoghi che si circondano d’arte a tutti i livelli, per goderne da spettatori, da visitatori e da casuali pellegrini.
Come è successo nel caso del citizenM Rome Isola Tiberina Hotel. Nato nel 2008 da un’intuizione di Rattan Chanda, il brand cerca sempre di esaltare il rapporto con l’arte tramite un autentico omaggio al design internazionale. Ne esistono già trentaquattro in giro per il mondo e Roma rappresenta l’approdo che non poteva mancare, soprattutto se pensiamo alla posizione strategica: sul Lungotevere de’ Cenci, in un crocevia che coniuga il sacro e il profano, il passato e la modernità. Da una parte il ghetto ebraico, il Pantheon, il Colosseo; dall’altra il quartiere dei loft industriali e della nuova generazione di creativi.
Grandi finestre, una terrazza dalla quale affacciarsi sui tetti e i monumenti della capitale, cibi e bevande disponibili ventiquattro ore su ventiquattro, ma soprattutto pezzi d’arte: manufatti locali, libri, oggetti d’arredo, interni e nicchie che ricordano un salotto, il confusionario, vivace, dinamico spazio di un esponente d’avanguardia. Del resto, è proprio l’esperienza del viaggio a cambiare, a starsi facendo altro: non più mero luogo di transito, ma un luogo che ricorda la propria casa, in meglio. Una visionaria intuizione che vede le persone spostarsi con sempre maggiore frequenza, rinunciando alla stanzialità e convertendosi ad autentici “cittadini del mondo”.
Basti pensare che la prima struttura alberghiera di citizenM era proprio adiacente all’aeroporto Schiphol di Amsterdam. Una posizione notoriamente considerata d’appoggio quando si passano poche ore in città e si vuole essere subito prossimi alla partenza, o grandi centri d’accoglienza di cui usufruiscono le compagnie aeree quando saltano i voli o le coincidenze. In questo caso, la funzionalità, l’efficienza e la sintesi si sposano con l’effimero, il superfluo, il criterio del “bello”. Sembra perciò di trovarsi contemporaneamente un po’ dappertutto: in un diner newyorchese, in un locale metropolitano, in una sequenza tratta da un film di Wes Anderson. Frutto dell’ambizione di soddisfare le possibilità espressive di ogni luogo, di ciascuna porzione di mondo, in cui ciascun viaggiatore possa riconoscersi.
Per inaugurare l’apertura romana, l’hotel ha avviato una collaborazione con UNO, un artista residente in città e conosciuto soprattutto per i suoi murales e la personalizzazione del concetto di street art. “Guarda in alto, 2023” si intitola il lavoro che ha preparato ed esposto all’interno dell’edificio: un soffitto di quattrocento metri quadrati che parte dalla terrazza esterna coperta e si estende fino al soggiorno, dipinto a mano con più di ottanta colori. Un augurio che di nuovo consiste in un connubio tra le esperienze della strada, della libertà e quelle del conforto che si crea nelle dimensioni chiuse, delimitate, recintate, dove si trova tutto ciò che occorre.
UNO, in fondo, è solito giocare con le provocazioni: una delle sue opere più famose è la riedizione di un primo piano assunto a simbolo della pubblicità della cioccolata. Attraverso le tecniche del collage, del decoupage e dello stencil lo ha trasformato in un iconico volto che incarna l’esaltazione dell’individuo in contrasto all’omologazione prevista dalla società di massa. Ricostruire, rielaborare, decodificare. Ecco gli imperativi di UNO, che ha mutuato da Andy Wharol. Da Andy Wharol ha appreso anche la predilezione nei confronti dei poster, del colore fluorescente, della tecnica pubblicitaria decostruita per sovvertirne l’intenzione originaria.
Diverse sono le aree caratterizzate dalla presenza di pc e da una rete wi-fi permanente, per consentire a ciascuno di lavorare. E, curiosando un po’ tra le pareti, si scorgono le opere fotografiche di artisti italiani come Piero Percoco e Camillo Pasquarelli: le prime sono colorate, vivide, accese e ritraggono bozzetti, riquadri pittoreschi, scorci del sud Italia, le seconde si concentrano invece sulla dolce vita romana, sui suoi bar, sui caffè dove si è consumata la quotidiana, rocambolesca storia del cinema, della politica, degli attori e delle attrici di questo secolo e del precedente. La collezione è stata curata in collaborazione con l’italiana Elisa Medde, residente ad Amsterdam. E in camera da letto, alzando appena lo sguardo sui muri, sono appesi gli scatti del fotografo padovano Andrea Tonnellotto, noto amatore della polaroid.