La battaglia contro le recensioni online false ora ha un precedente legale anche in Italia. Per la prima volta, Amazon è riuscita a vincere una causa civile contro un sito che incentivava la creazione di valutazioni a cinque stelle per i prodotti venduti sulla piattaforma di e-commerce. Una sentenza emessa dal Tribunale di Milano ha portato alla chiusura del sito Realreviews, stabilendo che il gestore ha agito in violazione delle leggi sulla concorrenza sleale, causando così un danno sia ad Amazon sia ai clienti. Realreviews, secondo i giudici, avrebbe offerto ai potenziali recensori un rimborso completo dei prodotti acquistati se avessero pubblicato e fornito la prova di una recensione positiva.
Un business in crescita, quello delle false recensioni online, su cui più volte l’Antitrust italiana è già intervenuta comminando multe salate. Le valutazioni positive o negative di prodotti, alberghi e ristoranti, da guida per orientarsi meglio nello shopping online si sono trasformate via via in una leva economica potente in grado di determinare anche la vita o la morte di un’attività imprenditoriale.
Secondo un’indagine condotta dalla piattaforma BrightLocal, il settantasette per cento dei consumatori nel mondo consulta regolarmente le recensioni quando effettua un acquisto e il settantacinque per cento di questi ammette che consultare una recensione positiva è la variabile principale nella scelta. «Una stella in più sulla valutazione Yelp di un ristorante può aumentare le entrate dal cinque per al nove per cento», si legge in uno studio del World Economic Forum.
La piattaforma Tripavisor, per prima, ha trasformato le recensioni in un business commerciale. Poi, con il boom dell’e-commerce durante la pandemia, in rete sono proliferate aziende – le cosiddette farm – che fabbricano e vendono, dietro compenso, pacchetti di valutazioni create solo per promuovere prodotti, negozi o ristoranti, o magari per far salire la reputazione online di marchi più o meno nuovi. A volte si tratta di bot automatici, altre volte di gruppi chiusi su Facebook, come ha documentato una inchiesta del Guardian. Una recensione costa due dollari, ma si trovano anche le offerte in blocco di cento recensioni per centottanta dollari. I contenuti delle review sono anche dettagliati, con tanto di foto, per renderle più credibili. E non è raro che gli utenti delle grandi piattaforme si ritrovino pubblicate recensioni a propria firma per prodotti o servizi che non hanno mai acquistato.
Secondo il report “The state of fake online review”, pubblicato da BusinessDit nell’agosto del 2023, il trenta per cento delle recensioni online è da considerarsi falso. Una percentuale da non sottovalutare nel suo impatto economico, visto che il cinquantaquattro per cento dei consumatori dice che non acquisterebbe un prodotto se sospettasse di trovarsi davanti a giudizi falsi. E in effetti i numeri dello studio dicono che le recensioni possono influenzare il mercato digitale, positivamente o negativamente, per circa 152 miliardi di dollari. Una cifra enorme.
L’ultimo grosso intervento dell’Antitrust italiana, a fine 2023, è stata la sanzione per 4,5 milioni di euro inflitta a “Facile Ristrutturare” per pratiche commerciali scorrette con la diffusione, sulle piattaforme di recensioni online Trustpilot e Opinioni.it, di giudizi positivi «non autentici» perché riconducibili agli stessi collaboratori dell’azienda.
Per combattere la proliferazione delle recensioni false (e chiudere anche una delle tante procedure di infrazione), il 7 marzo 2023 il Parlamento italiano ha recepito la direttiva europea Omnibus che rafforza la protezione dei consumatori nel mondo dell’e-commerce. Tra le norme previste, c’è proprio la regolamentazione delle recensioni sulle piattaforme, considerando quelle false come pratica commerciale scorretta. Quando le piattaforme pubblicano le recensioni, devono garantire ai clienti che provengano da consumatori che hanno effettivamente acquistato o utilizzato il prodotto. Se non sono in grado di farlo, devono comunicare chiaramente che le recensioni pubblicate non sono verificate.
Per evitare che le piattaforme diventino pattumiere di finte recensioni costruite ad arte, perdendo quindi ogni credibilità, Booking.com e Amazon hanno reso obbligatoria la fruizione del servizio o l’acquisto di un bene per avere poi la possibilità di commentare.
La direttiva Omnibus vieta in particolare “l’astroturfing”, ovvero la strategia di marketing attraverso cui si falsifica la reputazione di un prodotto, pagando per creare un consenso positivo, pur non avendo mai usufruito del servizio. In Italia non abbiamo una fattispecie di reato specifica per l’“astroturfing”, ma per le recensioni false negative si rischia l’accusa di diffamazione. Mentre la richiesta di recensioni da parte del brand può sfociare nella concorrenza sleale, prevedendo quindi l’intervento dell’Antitrust.
Diversi ristoratori italiani, bersagliati da recensioni negative, nei mesi scorsi hanno raccontato di essersi rivolti agli avvocati e aver sporto querela. Gambero Rosso ha parlato dell’esistenza di un vero e proprio racket ai danni dei ristoratori che verrebbero minacciati e costretti a pagare per avere delle valutazioni favorevoli sulle piattaforme digitali. E il responsabile della Federazione antiracket italiana di Chiaiano, periferia di Napoli, ha raccontato addirittura come le recensioni negative vengano usate dalla camorra contro ristoratori e baristi che rifiutano di pagare il pizzo. Il fenomeno è stato ribattezzato revenge reviewing.
In questa battaglia, anche con l’entrata in vigore nel 2022 del Digital Services Act, le grandi piattaforme sono state chiamate in causa come responsabili della vigilanza sulla veridicità delle recensioni. Amazon, Google, Booking o TripAdvisor hanno infatti sviluppato diversi scudi di difesa contro le false recensioni, utilizzando anche l’intelligenza artificiale per scoprire frodi e recensioni da parte di falsi account.
«Nel 2015, abbiamo intentato la nostra prima causa contro i broker di recensioni false e da allora abbiamo creato team globali di avvocati, investigatori esperti e analisti per continuare a perseguire i broker di recensioni false con mezzi legali, bloccando le recensioni false alla fonte», si legge in un comunicato del colosso di Seattle dopo la sentenza di Milano.
L’anno scorso Amazon ha preso provvedimenti nei confronti di quarantaquattro broker in Europa, promuovendo nove azioni legali in Spagna, Germania e Francia. Negli Stati Uniti, invece, sono quattordici le azioni legali in corso, tredici in Cina.
Nel 2022, sulla piattaforma sono state bloccate più di duecento milioni di recensioni sospette. Google nello stesso anno ha invece rimosso un totale di 115 milioni di recensioni false di hotel, ristoranti e brand. Tripadvisor, sempre nel 2022, dice di aver identificato 1,3 milioni di false recensioni. I post rimossi includevano 24.521 account associati a società di recensioni su pagamento.
Tripadvisor, nell’ultimo report mondiale del 2022, ha spiegato che le recensioni false possono dividersi in diverse tipologie. Ci sono le recensioni fatte da familiari o amici «per sostenere» una attività commerciale con commenti positivi; le recensioni create da un concorrente per screditare un rivale; le «frodi degli utenti» fatte per danneggiare un’attività; e poi le recensioni a pagamento, «paid review», quando si cerca di «gonfiare» la reputazione della propria attività sulle piattaforme acquistando pacchetti di recensioni positive.
Il caso del suicidio della ristoratrice Giovanna Pedretti, titolare di una pizzeria di Sant’Angelo Lodigiano, con la successiva indagine per istigazione al suicidio contro ignoti, è stato un caso estremo che ha fatto emergere il Far West delle recensioni online, dove tutti possono dire il contrario di tutto.
«Apprezziamo l’impegno di Amazon e la prima storica sentenza emessa da un tribunale civile in Italia contro un sito di recensioni false», ha dichiarato dopo le sentenza di Milano Federico Cavallo, responsabile Relazioni esterne di Altroconsumo. «Dal 2019 le nostre indagini hanno evidenziato problematiche attorno a questi servizi. Abbiamo avviato diverse azioni sia con le Procure che con l’Autorità garante della concorrenza e del mercato per chiuderli. Chiediamo inoltre maggiore chiarezza sulla compravendita di recensioni false sul web e sui social network».