La chiamata dell’avvocatura arriva da lontano «un’idea quasi originaria», era un interesse già ai tempi del liceo a Salerno, quando in quegli stessi anni iniziava ad avvicinarsi al mondo della politica muovendosi nell’area vicina al Partito comunista italiano. «Erano tempi di scontri durissimi dentro al partito, dove certi accenti ortodossi già iniziavano a non piacermi, forse per quello non mi sono mai iscritto», racconta Gian Domenico Caiazza a Linkiesta. Dopo una lunga carriera da penalista, l’avvocato ormai romano d’adozione, conosciuto al grande pubblico per essere uno dei difensori del conduttore Enzo Tortora, sarà capolista al Centro per la lista Stati Uniti d’Europa alle prossime elezioni europee.
Una proposta che non stupisce affatto chi ha avuto modo di sentire Caiazza, garantista, europeista convinto, profondo difensore dei diritti, durante i suoi interventi in questi ultimi anni da presidente dell’Unione camere penali, ruolo che ha ricoperto dal 2018 al 2023, per due mandati. «Ricordo quando vidi Marco Pannella alla trasmissione televisiva “Tribuna politica”, rimasi affascinato. Per la prima volta riuscii a dare voce a quel mio sentirmi di sinistra. Che non aveva niente di ideologico ma rivendicava le diversità e un’idea laica e liberale della politica». Quando nel 1974 arriva a Roma a studiare giurisprudenza alla Sapienza inizia a farsi sempre più difficile la convivenza con il Partito comunista italiano, «ricordo una riunione particolarmente tumultuosa e un duro intervento della polizia. Vedevo negli altri ragazzi della sezione un’esaltazione che non mi apparteneva, e in quello stesso periodo avvenne l’incontro con Pannella».
Una sintonia politica e personale a cui non è difficile credere, che traspare anche dal modo deciso ed energico con cui anche Caiazza ha inaugurato la sua candidatura e che sta definendo la sua campagna elettorale. Un’opportunità in realtà già concessa da Pannella quando il candidato di Stati Uniti d’Europa aveva trentadue anni: «Ci pensai per ventiquattr’ore, non dormii la notte. All’epoca non ero ancora un avvocato strutturato e candidarmi avrebbe significato vanificare anni di studio e darsi alla vita da militante politico. Sarebbe stata una scelta di vita, ma non ho rimpianti».
Al contrario, è proprio grazie a questi anni da avvocato che ha scelto di accettare questa «sfida affascinante», l’unica che considera una vera operazione politica in chiave europea «e non un sondaggio di popolarità come sta facendo il resto». La chiamata gli è arrivata «da Matteo, è stato lui forse il primo a chiedermi di impegnarmi dentro al progetto proposto da Emma». Un’opportunità su cui non ha dovuto ragionare troppo, un nodo sciolto in fretta viste le urgenze che l’Europa è chiamata ad affrontare in questa prossima legislatura: «La modifica dei Trattati e l’avvio di un processo costituente sono questioni non più rimandabili. Per questo mi sembra un’assoluta idiozia quando sento “Meno Europa più Italia”, come possiamo pensare di rendere il nostro Paese davvero più forte senza un’Europa che conti. È su questo che dobbiamo incominciare a lavorare: dare più potere legislativo al Parlamento europeo, chiedere l’elezione diretta del presidente della Commissione europea, tutelare i diritti, sono tutte questioni che non possiamo lasciare ai nostri figli».
Sul fronte interno invece non risparmia parole dure nei confronti del ministro della Giustizia, Carlo Nordio: «Una grande delusione per un magistrato verso cui anche da presidente dell’Unione camere penali ho sempre riservato grande stima. Ma com’è possibile che un ministro di stampo liberare in due anni di governo non riesca a pronunciare parole liberali». Dei progetti di “riforma liberale” della giustizia presentati dal ministro, molti dei quali annunciati e ri-annunciati, ha una pessima opinione: «Ha un’idea carceraria della certezza della pena che farebbe rivoltare Beccaria nella sua tomba, continua a parlare di separazione delle carriere ma a oggi ancora non sappiamo né dove sia il testo né chi lo stia scrivendo». Una questione che Caiazza continua a sollevare da anni e che non sembra essere più una priorità per il ministro Nordio, che la scorsa settimana ha comunicato di «non avere ancora una data» in cui presenterà il progetto di riforma.
«Qualora dovesse anche arrivare un testo, in Italia non ci sono le condizioni politiche perché possa diventare realtà. In questo Paese la magistratura ha un potere politico in materia di giustizia ingovernabile». Una saldatura che per un garantista vero è incomprensibile, ma di cui l’Italia si è abituata negli anni. «Pontifichiamo i procuratori come se fossero eroi, e poi ci lamentiamo di questa presunta legge bavaglio quando quello che leggiamo in questi giorni sono solo intercettazioni».
Il rapporto tra informazione, politica e giustizia è per Caiazza un’altra delle grandi stranezze, una storiella che continuiamo a raccontarci. Dei primi che sarebbero indipendenti dai secondi, dei politici che vorrebbero decidere con riforme strutturali un cambiamento di passo per la magistratura, ma che non hanno nessun potere di farlo. «Sui temi della giustizia quella attuale è un’informazione giornalistica servente, che prende le notizie che riceve e non pensa mai di fare un’indagine seria. Questo crea una protezione comunicativa invincibile», commenta Caiazza. Un garantismo serio non ammette che questo tipo di relazione possa continuare a fare strada nella storia giudiziaria di questo Paese, dove le grosse indagini vengono comunicate a poche settimane dalle elezioni e dove sui giornali arrivano tutte le intercettazioni, senza che sia ormai più rispettato il filtro della pertinenza.
Anche queste sono le questioni che Stati Uniti d’Europa ha deciso di affrontare nel programma politico presentato per le prossime elezioni europee dell’8 e 9 giugno. La tutela dello Stato di diritto viene indicata come uno dei dodici punti chiave del progetto, che ambisce a costruire una cooperazione giudiziaria e un controllo collettivo contro eventuali abusi da parte dei governi e da parte delle magistrature nazionali.