Liste fatte, progetti nell’ombra. Salvo prova contraria, le elezioni Europee si caratterizzeranno in Italia per la discesa in campo dei leader. Per loro stessa ammissione, la candidatura è tesa esclusivamente a favorire un buon risultato per il loro partito. A Bruxelles (e a Strasburgo) nessuno li vedrà – salvo Matteo Renzi –, resteranno in Italia, ancorati ai seggi vinti nelle politiche del settembre 2022, con ciò producendo un ulteriore vulnus in una democrazia già debole e logora.
Ma c’è un fatto che sorprende e stupisce ancora di più. In un frangente di profondi cambiamenti – «È la fine del mondo come l’abbiamo conosciuto», cantavano i Rem – c’era da aspettarsi almeno un’idea sul futuro del continente, cosa fare dell’Unione europea nel bel mezzo della sfida tra Stati Uniti e Cina, nel bel mezzo del fiorire di nuove potenze regionali, nel bel mezzo di una rivoluzione tecnologia senza uguali, e infine nel bel mezzo di un paio di guerre che balenano dentro e appena fuori i nostri confini.
Chi un progetto in testa ce l’ha è chi la lista Stati Uniti d’Europa. Si può dissentire, ma la strategia è scritta tutta nel nome. Una politica di difesa comune, un unico responsabile della politica economica, un assetto federale. Insomma, scelte radicali perché il Vecchio Continente non venga emarginato ora che la storia si avvita lungo sentieri inesplorati. È questo l’auspicio nutrito da tempo dai socialisti italiani e fatto proprio anche da Carlo Calenda, una tradizione che risale agli anni Venti del Novecento, a Filippo Turati e a Giacomo Matteotti, la loro risposta al ribollire dei nazionalismi del tempo che stavano diventando totalitarismi, a est e nel cuore dell’Europa.
La globalizzazione ha introdotto due fenomeni: deregolamentazione della finanza e crisi delle democrazie parlamentari. Uno dei possibili effetti è lo scontro tra Stati-civiltà e Stati-nazione, tra un rigido sistema di valori alternativo ai pilastri su cui è sorto l’Occidente e nazioni libere. Va da sé che la difesa delle libertà non può essere affidata esclusivamente a singoli Paesi, necessiterebbe di una piattaforma geografica, economica e istituzionale più ampia e autorevole, per questo le prossime elezioni Europee sono importanti e discutere solo di candidature è occuparsi del dito e non della luna. Il sasso è stato gettato da Emmanuel Macron giorni fa. Fino ad ora reazioni circoscritte, in qualche caso addirittura irritazione. La conferma che scarseggiano visione e senso della storia, proprio i fattori che distinguono leadership carismatiche da partigiani del presentismo.