Nessun indugioL’Ue conferma il sostegno finanziario alla resistenza ucraina

Ieri a Bruxelles i ministri dei Ventisette riuniti all’Ecofin hanno approvato il “Piano per l’Ucraina”, con cui il governo di Kyjiv illustra quali riforme intende implementare per ottenere i fondi europei e i profitti degli asset russi

AP/Lapresse

Mentre la Russia continua a bombardare Kharkiv, la seconda città più popolosa dell’Ucraina, dichiarando l’intenzione di creare un cuscinetto all’interno dell’oblast’ per proteggere le proprie regioni di confine di Belgorod e Kursk, a Bruxelles i ministri dell’Economia e delle finanze dei Ventisette hanno reiterato il sostegno dell’Unione europea a Kyjiv.

Durante un Consiglio Ecofin piuttosto denso, ieri i titolari del Tesoro degli Stati membri hanno discusso – insieme al loro omologo ucraino Serhij Marčenko, collegato in videoconferenza – dell’implementazione dello Ukraine facility(Strumento per l’Ucraina), il fondo da cinquanta miliardi di euro (trentatré di prestiti agevolati e diciassette di sovvenzioni a fondo perduto) creato dall’Unione lo scorso marzo per supportare il Paese aggredito dall’esercito di Putin fino alla fine del 2027, quando scadrà l’attuale quadro finanziario pluriennale (cioè il budget comunitario, che ha durata settennale).

I pilastri dello Strumento sono tre: sostegno finanziario (trentadue miliardi), mobilitazione di investimenti pubblici e privati (sette miliardi) e assistenza tecnica (cinque miliardi), cui si aggiungono sei miliardi di finanziamenti ponte eccezionali, che l’Unione ha già erogato (4,5 miliardi a marzo e i restanti 1,5 a fine aprile). Nel contesto dell’assistenza macrofinanziaria, la Commissione esborsa a Kyjiv le varie tranches di fondi europei per sostenere le riforme previste dal cosiddetto “Piano per l’Ucraina”, una sorta di Pnrr in cui sono indicate tutti gli indicatori che l’ex repubblica sovietica deve soddisfare (e le riforme da implementare) per ottenere appunto i soldi da Bruxelles.

Ora, l’Ecofin ha formalmente approvato la valutazione positiva data il 15 aprile dall’esecutivo comunitario al suddetto Piano (presentato dal governo ucraino il 20 marzo), il quale comprende tra le altre cose una serie di riforme del sistema giudiziario, dell’antiriciclaggio, delle finanze pubbliche, del settore imprenditoriale e dell’agricoltura. Questa luce verde permette quindi di dare il via libera definitivo al prefinanziamento a Kyjiv (fino a 1,89 miliardi), cui potranno fare seguito le erogazioni regolari nell’ambito dello Ukraine facility, le quali dipenderanno dal rispetto della roadmap stabilita dal Piano medesimo.

Altro punto importante toccato all’Ecofin è stato l’utilizzo degli asset russi immobilizzati nelle banche europee – o meglio degli interessi generati da questi ultimi. È un tema al centro delle discussioni da mesi (e dall’elevata complessità tecnica e legale), ma su cui si è compiuto un vero passo avanti solo la scorsa settimana quando i negoziatori degli Stati membri hanno raggiunto un accordo di principio sulla destinazione di tutti gli extraprofitti generati dai conti russi congelati, stimati in tre miliardi di euro l’anno. Il testo legale sta venendo messo a punto e dovrebbe essere pronto per l’approvazione finale da parte del Consiglio Affari generali in calendario per martedì prossimo (21 maggio).

Presto dovrebbe dunque essere possibile trasferire questi profitti dall’agenzia finanziaria belga Euroclear (che ha operato il blocco sui conti russi) direttamente al budget dell’Unione: a quel punto, il novanta per cento di queste somme confluiranno nello European peace facility mentre il restante dieci per cento andrà a rimpolpare proprio lo Ukraine facility. Queste risorse vanno così ad aggiungersi ai quasi sessantuno miliardi di dollari sbloccati a fine aprile (dopo mesi di tentennamenti) dal Congresso statunitense, i quali dovrebbero tradursi in nuove forniture militari che dovrebbero raggiungere la linea del fronte già in queste settimane.

L’Ucraina non è stata l’unico dossier sul tavolo dell’Ecofin. A occupare i ministri degli Stati membri ci sono state anche altre discussioni, a cominciare da alcune misure che, almeno nell’intenzione, dovrebbero andare nella direzione di realizzare l’Unione dei mercati dei capitali (Cmu nell’acronimo inglese) di cui si è fatto un gran parlare in seguito al rapporto presentato a Bruxelles dall’ex premier italiano Enrico Letta a metà aprile.

È stato così raggiunto un accordo sulla riforma delle norme che regolano l’imposizione fiscale sugli investimenti transfrontalieri (quadro giuridico noto con l’acronimo Faster, che si incentra sull’esenzione dalla ritenuta alla fonte), con l’obiettivo di evitare la doppia tassazione negli Stati membri d’origine dei dividendi o degli interessi e in quelli di residenza, riducendo di conseguenza il rischio di frodi fiscali su larga scala. L’intesa prevede inoltre l’introduzione di un certificato digitale di residenza fiscale dell’Ue (eTRC) che gli investitori potranno utilizzare per beneficiare di nuove procedure accelerate per ottenere le esenzioni in questione.

Sempre in materia di Cmu sono state inoltre approvate delle conclusioni sull’educazione finanziaria, che i ministri dei Ventisette vorrebbero fosse insegnata fin dalla giovane età per rendere i cittadini europei più consapevoli. Le autorità nazionali sono dunque state invitate a inserire moduli sull’alfabetizzazione finanziaria nei programmi scolastici, mentre si è discusso anche dell’altro estremo dello spettro demografico, considerando le sfide legate alla sostenibilità dei bilanci pubblici in un contesto di invecchiamento della popolazione.

Un altro dossier trattato è stato il pacchetto legislativo sull’Iva nell’era digitale, che pure mira a combattere le frodi nel mercato unico, sostenendo nel contempo le imprese e promuovendo la digitalizzazione delle economie degli Stati membri. Tuttavia, data l’opposizione dell’Estonia, non è stato possibile raggiungere un accordo, anche se la presidenza di turno del Belgio ha parlato di progressi verso un compromesso finale.

Approvate anche le richieste di modifica dei Pnrr italiano e spagnolo (che per inciso sono i due più grossi di tutta l’Unione), mentre ai margini dell’Ecofin si è tenuto un dialogo economico e finanziario con i partner dei Balcani occidentali (Albania, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, Montenegro e Serbia), la Moldova, la Georgia, la Turchia e l’Ucraina (in qualità di osservatore), il cui scopo è quello di familiarizzare i partecipanti al livello di coordinazione economica dell’Unione nella prospettiva di una futura adesione al blocco.

Infine, il Consiglio ha approvato in maniera definitiva il Nuovo patto europeo sulla migrazione e l’asilo, il pacchetto storico che ha riformato (ma non necessariamente in meglio) le politiche migratorie dell’Ue e che era stato adottato dall’Europarlamento nell’ultima plenaria di aprile: verrà ora pubblicato in Gazzetta ufficiale e potrà dunque entrare in vigore.

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