Fino all’ultimo respiroMacron vuole Draghi a capo dell’Ue, ora bisognerà convincere tutti gli altri

Il presidente francese lancia indirettamente la candidatura dell’ex capo della Banca centrale europea alla Commissione o al Consiglio europeo. Ma la strada verso la nomina è ancora lunga, impervia e dipendente dall’esito del voto

Susan Walsh/LaPresse

Quello di Emmanuel Macron è uno dei corteggiamenti politici più longevi di questa stagione politica. Dopo mesi di indiscrezioni sul possibile interesse del presidente francese a piazzare Mario Draghi in uno dei top job della prossima legislatura europea, finalmente una conferma. A darla durante un’intervista con Politico è stato Pascal Canfin, europarlamentare di Renew Europe vicinissimo a Macron. Il mese scorso era stato proprio l’inquilino dell’Eliseo a smentire le voci che lo davano impegnato a convincere gli altri leader europei a chiamare in gioco l’ex presidente del Consiglio italiano. «Mario Draghi è un amico formidabile, ma le nomine si fanno dopo il voto», aveva detto ai giornalisti a margine di una riunione di Renew Europe a Bruxelles.

Si scopre, invece, che le trattative in corso ci sono eccome ovviamente. Ma che si tratta di un gioco di equilibri precari, di strategie, annunci, smentite e ovviamente di attese. Per riuscire, il progetto di Macron ha bisogno di una controparte politica forte. Perché i sondaggi, per quanto tali, non saranno smentiti del tutto e Renew non avrà i numeri per imporre alcun candidato ai vertici della Commissione europea e del Consiglio europeo senza il sostegno dei Socialisti o di un’alleanza tra i Popolari e i Conservatori di Ecr. Con la nuova composizione dell’Europarlamento la maggioranza assoluta sarà raggiunta con trecentosessantuno seggi. Viste le ultime previsioni Renew dovrebbe conquistarne almeno ottantadue, mentre i Popolari centottantuno e i Socialisti centoquaranta.

Mario Draghi, a dodici anni dal «Whatever it takes» è ancora una chimera per l’Europa. In questi due anni passati dalla conclusione del suo governo non ha mai smesso di essere nominato e da qualcuno auspicato a un ruolo decisionale a Bruxelles. Il suo contributo all’economia italiana e a quella europea è rimasto un faro per molti.

Per Macron il suo rapporto sulla competitività europea che verrà reso pubblico dopo le elezioni europee sarà decisivo per ripensare la politica economica dei Ventisette. Soprattutto Draghi sembra condividere con Macron l’urgenza di introdurre un sistema di investimenti a lungo termine che rafforzi e renda il mercato europeo competitivo con quello delle superpotenze cinese e statunitense. Un forte impegno nella spesa pubblica che aiuterebbe a dare slancio all’economia europea.

Ma il fascino politico di Draghi, determinato anche dal suo non essersi mai schierato a favore di una o di un’altra parte politica lo rende anche difficile da identificare e quindi da sostenere con decisione una volta chiara la composizione dell’Europarlamento. Qui però potrebbero entrare in gioco intrecci e affinità consolidate in questi mesi. Perché, se è vero che i ruoli al vertice sono distribuiti in base al peso che ogni gruppo politico riuscirà a ottenere, è importante ricordare anche quali siano le attuali sintonie politiche. Il rapporto tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sembra ancora più che buono. Proprio quest’ultima mercoledì scorso durante il dibattito tra gli Spitzenkandidaten ha confermato di aver «lavorato molto bene» con Meloni. E dopo l’apertura di von der Leyen a Ecr fatta in questi giorni è difficile immaginare che le due non faranno proseguire quest’intesa nella fase decisionale dei vertici europei.

Ma per quanto ottimi siano questi rapporti la palla poi sarà tutta in mano ai leader europei che avranno il compito di decidere chi siederà alla Commissione. Se l’operazione Draghi andrà in porto dipenderà da quanto Macron sarà stato capace di immaginare e vendere agli altri leader europei l’idea di una presidenza italiana lungimirante e auspicabile nel contesto geopolitico attuale, e se in questo sarà stato capace di trascinare con sé anche il cancelliere tedesco Olaf Scholz.

Giorgia Meloni però potrebbe essere interessata anche ad altro. Un tentativo potrebbe essere quello di convincere Meloni a nominare Draghi, facendo leva su una prospettiva allettante: un italiano a capo della Commissione avrebbe un occhio di riguardo verso il nostro paese. Così compiacendo, la presidente del Consiglio potrebbe a sua volta vendere mediaticamente la decisione, ritagliandosi il ruolo di  queenmaker in Europa. O almeno quello di leader che ha un ruolo importante nella stanza dei bottoni.

Chances che Macron sia aperto a sostenere un secondo mandato di von der Leyen invece sono al momento ridotte. E dopo l’endorsement di Canfin alla candidatura di Draghi sembrano prossime allo zero. Ma a sua volta Renew dovrà valutare come giocare le proprie carte, se aiutare i Socialisti a sostituire Charles Michel con uno dei loro, per poi chiedere sostegno nella candidatura di Draghi alla Commissione, o se cercare l’aiuto dei Popolari.

Per il momento la possibilità più remota è che l’ex presidente del Consiglio possa essere interessato a sedere da commissario all’Economia, ruolo ora in capo a Paolo Gentiloni. Per la Francia però un ruolo esecutivo di questo tipo non sarebbe poi male, Draghi avrebbe comunque spazio di manovra per rimodellare l’economia mettendo subito in pratica i risultati raggiunti dal suo rapporto sulla competitività europea.

Da vedere invece è quanto interessi a Mario Draghi essere corteggiato, se ci sia ancora in lui quel senso di responsabilità che lo spinse ad accettare la chiamata del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel 2021 o se si tratti per lui di un’epoca conclusa. Accettare ufficialmente questo endorsement significherebbe anche rompere l’incantesimo da “figura neutrale” che lo ha reso così stimato a livello internazionale e nazionale, e farsi volto di un progetto politico qualunque esso sia.

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