Generazione a rischioUna giornata sui banchi della scuola media milanese a indirizzo Ambientale

L’istituto comprensivo statale Arcadia, nell’estrema periferia milanese, sta sperimentando un programma per coltivare la consapevolezza ecologica dei “nativi climatici”. L’obiettivo? Declinare la sostenibilità a seconda della materia trattata in classe, per poi approfondire gli argomenti durante il rientro pomeridiano e le gite scolastiche

Foto: Studio Figure

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Nel quartiere milanese di Gratosoglio, a pochi passi dalle rive del Lambro Meridionale (in passato era conosciuto come Lambro Merdario per via della notevole presenza di reflui fognari), c’è una scuola pubblica con un Dna diverso da tutte le altre. È l’Istituto Comprensivo Arcadia, immerso in un enorme giardino che gli studenti del centro di Milano possono solo immaginare. Sul cancello all’esterno c’è un cartello che sensibilizza sull’importanza di andare a scuola in bici, mentre nel cortile interno – a pochi passi dall’entrata principale – spicca un murale con la scritta «green city» di fianco a un disegno che celebra l’anima multietnica dell’istituto. E subito si inizia a fare due più due. 

Con il sostegno di diverse associazioni e la proattività del corpo docenti, il Comprensivo Arcadia è riuscito a inserire nella sua offerta didattica un indirizzo Ambientale, applicato alle classi delle medie. Chi oggi ha tra gli 11 e i 14 anni fa parte della generazione dei “nativi climatici”, cresciuti nel periodo in cui il riscaldamento globale di origine antropica ha bussato alla porta delle porzioni di mondo – come l’Europa – che quindici o vent’anni fa si sentivano protette. Approcciarsi a questi argomenti fin da piccoli è fondamentale per acquisire un livello di consapevolezza che, in età più matura, può trasformarsi in azioni concrete. L’inserimento dei temi “verdi” nei programmi scolastici è una questione dibattuta ma povera di risultati. E, come spesso accade, all’estero sono più avanti di noi. 

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Il New Jersey, per esempio, è da poco diventato il primo Stato degli Usa a introdurre le lezioni sul cambiamento climatico nelle scuole pubbliche, e una proposta di legge simile è attualmente in discussione nello Stato di New York. In Italia esistono alcune iniziative virtuose ma isolate, come il “Progetto scuola” del think tank Italian climate network (Icn),  il corso di laurea magistrale in Science of Climate all’Università di Bologna o la campagna educativa “Generation Carbon, guida al cambiamento climatico” dell’Associazione Generation Carbon. 

L’Unione europea, si legge sul sito dell’European education area (Eea), «incoraggia il settore dell’istruzione e della formazione ad adoperarsi per contribuire alla transizione verde rafforzando le competenze in materia di sostenibilità di tutti gli studenti». In Italia abbiamo poi il liceo scientifico a indirizzo Ambientale e gli istituti tecnici specializzati in Biotecnologie ambientali, ma nelle scuole secondarie di primo grado (le medie) c’è il deserto. L’Istituto Arcadia, però, sta provando nel suo piccolo a invertire la tendenza. 

Il preside Gianpaolo Bovio (Foto: Studio Figure)

L’indirizzo Ambientale, introdotto nell’anno scolastico 2023-2024, è una sorta di evoluzione del cosiddetto indirizzo Montano. Quest’ultimo è nato su impulso dell’associazione “Quartieri tranquilli”, che nel 2015 ha creato il progetto “Quartieri in quota” per portare gli studenti a fare esperienze in montagna, tra arrampicata, escursioni e ciaspolate: «Spesso qui i ragazzi non escono dal quartiere neanche per andare in centro», racconta Alessandra Arruffati, docente dell’Arcadia. Con l’arrivo della pandemia, però, l’indirizzo Montano ha cambiato pelle a causa dei soliti problemi economici che affliggono la scuola pubblica italiana: portare gli alunni a fare gite così lunghe, nonostante gli aiuti dell’associazione, era diventato insostenibile. 

«Ma non tutto era perduto. Abbiamo fatto rinascere l’indirizzo Montano puntando più sui nostri luoghi, facendo più pedagogia del territorio. Portiamo i ragazzi ai depuratori o nelle cascine, senza andare troppo lontano. Non potevamo più permetterci di fare due o tre giorni in rifugio. Prima avevamo anche il supporto degli educatori durante le uscite, mentre ora purtroppo no», spiega Gianpaolo Bovio, il preside della scuola milanese. La grande novità dell’indirizzo Ambientale, però, riguarda l’approccio didattico all’ecosostenibilità, che al Montano era trattata più lateralmente. 

Le docenti Alessandra Arruffati, Donata Vecchio e Silvia Beghelli nel cortile della scuola (Foto: Studio Figure)

Ogni anno viene scelto un argomento green – nell’anno scolastico 2023-2024 era l’acqua – che deve legare tutte le attività multidisciplinari. In più, ogni due settimane c’è un rientro pomeridiano interamente dedicato al clima e all’ambiente: «Avviene in compresenza con due docenti. In prima, ad esempio, usiamo l’Agenda 2030 come traccia per le lezioni, che devono essere declinate rispetto a un obiettivo Onu per lo sviluppo sostenibile. Per un lavoro che abbiamo fatto siamo partiti da un articolo di Internazionale Kids che parlava di acqua e strategie utilizzate a livello macro, come Copenaghen che è diventata città spugna. Poi una volta siamo andati alla centrale dell’acqua e al depuratore, spiegando il tema delle perdite nella rete idrica», dice la docente Silvia Beghelli.

Più in generale, durante riunioni ad hoc, i professori si mettono d’accordo per capire come trattare – in base alle proprie competenze e alle materie insegnate – l’ecosostenibilità. In ogni materia, dalla geografia alla matematica, i docenti cercano di instillare qualche “goccia” di ambiente, per poi approfondire gli argomenti durante il rientro e le gite scolastiche.

Come sottolinea il preside Bovio, «i docenti devono progettare in modo interdisciplinare. Il succo è creare una progettualità forte, altrimenti ogni insegnante fa il suo percorso». Ragazzini e ragazzine di dodici anni, quindi, si trovano a imparare nozioni di moda sostenibile attraverso spettacoli teatrali, a fare corsi di ciclomeccanica in una onlus di quartiere (la Comunità Oklahoma), a pulire l’enorme giardino che circonda la scuola o a fare giochi per capire come funziona il ciclo dell’acqua, un processo che ora più che mai necessita di concretezza. Sono attività in grado di stimolare non solo la curiosità e la consapevolezza, ma anche i dubbi sul futuro del Pianeta. 

Foto: Studio Figure

Nel 2050, l’anno chiave per la lotta al cambiamento climatico, gli studenti dell’Arcadia saranno adulti in un mondo deturpato da generazioni sulla via del tramonto: «Una volta una mia alunna mi ha chiesto: “Prof, ma i potenti che cosa fanno per risolvere il problema?», confessa la professoressa Arruffati. «Dopo una domanda del genere ho fatto vedere agli studenti un video, molto moderato, di un’azione degli attivisti di Ultima generazione. Portavano sul piatto il tema della rabbia, per dire che non dobbiamo farci schiacciare dalla paura. Sembra che tutto stia finendo e che sia tutta responsabilità nostra, mentre chi deve prendere delle decisioni non lo sta facendo. E noi dobbiamo dirglielo», replica la professoressa Beghelli. 

Le scuole medie, continua la docente, «sono un ciclo breve e ibrido. Il passaggio in più, anche in termini di consapevolezza e partecipazione, avverrà alle superiori. Noi lavoriamo per questo: non vediamo l’effetto di ciò che facciamo ora, ma speriamo di lasciare una traccia». L’Istituto Comprensivo Arcadia, più in generale, è una scuola capace di rompere la struttura granitica su cui si fonda l’insegnamento in Italia, seppur con pochi fondi e pochi mezzi. 

Foto: Studio Figure

Quest’anno, ad esempio, ha introdotto degli sportelli di potenziamento per gli studenti più meritevoli, che tra i due quadrimestri possono uscire dalla classe e frequentare corsi di fumetto, coding con Scratch, poesia, antropologia e ragionamento matematico-filosofico; alla fine dello scorso anno scolastico è stata organizzata una gigantesca escape room all’interno dell’istituto. Tutto ciò senza l’uso dello smartphone, che all’Arcadia – di comune accordo con i genitori – è vietato anche durante gli intervalli. «Bisogna muovere la struttura pachidermica della scuola e sfruttare le differenze di potenziale, che spostano le energie. In questo modo le ragazze e i ragazzi ti seguono. L’indirizzo Ambientale è possibile perché c’è questo dinamismo», conclude il preside.

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