La campagna elettorale del primo ministro britannico Rishi Sunak in vista delle elezioni del 4 luglio è sembrata in salita sin dall’inizio, ma di recente le cose non fanno che peggiorare. Nelle ultime settimane, il candidato laburista Sir Keir Starmer ha consolidato la sua leadership ferma e rassicurante, allargato il divario con i conservatori e spento le velleità di rimonta degli avversari, anche durante un recente confronto televisivo. Sunak nel frattempo ha alternato piccole gaffe a passi falsi più concreti, abbandonando ad esempio prima del previsto le celebrazioni del D-Day in Normandia per registrare un’intervista con l’emittente Itv.
Come se non bastasse, in questi giorni per il premier è arrivata un’altra batosta: il ritorno sulla scena di Nigel Farage, l’uomo che ha guidato il Regno Unito fuori dall’Unione europea, il pater patriae del sovranismo europeo e ora leader di Reform Uk, la formazione erede di Ukip e Brexit Party. «Il tentativo improbabile di Rishi Sunak di rimanere primo ministro è andato in rovina dopo una settimana segnata da due crisi: una che pensava di aver evitato e l’altra destinata a essere ricordata come uno storico errore», ha scritto Bloomberg riferendosi nel primo caso alla candidatura di Farage e nel secondo alla frettolosa ritirata dal D-Day.
L’ingresso di Nigel Farage in questa campagna elettorale sembrava scongiurato infatti, almeno fino a poco tempo fa, nonostante lui sia a tutti gli effetti l’azionista di maggioranza di Reform Uk. L’ex leader dello Ukip si era dedicato recentemente ad attività di vario genere e spessore, dal trash televisivo sotto forma di reality show fino al sostegno alla candidatura di Donald Trump negli Stati Uniti (non che ci sia tutta questa differenza tra le due cose, si potrebbe obiettare). Di sicuro, la sua entrata sul palcoscenico non favorisce i Tories e potrebbe essere invece una buona notizia per Keir Starmer.
Potrebbe esserlo per vari motivi, primo tra tutti perché alzerà la pressione a livelli forse insostenibili per Sunak: un sondaggista ha detto alla Bbc che la candidatura di Farage potrebbe comportare un evento vicino «all’estinzione» per i conservatori. Anche prima di questo ritorno in sella, Reform Uk era dato dai sondaggi con dei consensi stabilmente al di sopra del dieci per cento, minacciando in modo piuttosto serio di sottrarre seggi ai conservatori. Ogni voto dato a Reform Uk rende più difficile per i Tories difendere i «collegi marginali», i seggi conquistati con un piccolo margine alle ultime elezioni; in questo contesto, molti rappresentanti dei Tories potrebbero seguire l’ex vicepresidente Lee Anderson e cambiare casacca.
Ora il ritrovato leader sovranista potrebbe dare un’ulteriore spinta alla campagna e ampliare la portata della disfatta dei Tories, costretti a fronteggiare una doppia minaccia: da un lato, l’elettorato più moderato potrebbe puntare sul Partito liberaldemocratico o addirittura sul Labour in alcuni seggi, mentre dall’altro gli oltranzisti potrebbero optare proprio per Reform Uk. In particolare, la concorrenza a destra potrebbe spingere Sunak a polarizzare ulteriormente la sua campagna, nel tentativo di limitare i danni e tenere il passo di Farage e soci, andando però a impattare sugli elettori più tendenti al centro.
Reform Uk promette di eliminare «tutte le sciocchezze woke che ci stanno bloccando» e di «rendere la Gran Bretagna grande» (in breve, il pensiero trumpiano declinato in versione british). Chiede una politica di immigrazione «net zero», come se fossero emissioni di anidride carbonica, permettendo l’ingresso nel paese solo dello stesso numero di migranti che lo lasciano, e vuole limitare l’ingresso solo a chi offre alti livelli di competenze. I sondaggi, d’altronde, mostrano che gli elettori disapprovano la gestione dell’immigrazione dei conservatori.
Con questa pressione, ogni gesto di Sunak potrebbe trasformarsi in una buccia di banana: il passo falso politico e diplomatico del D-Day, ad esempio, potrebbe rivelarsi una sliding door di questa campagna elettorale e favorire Farage, che ha costruito la sua carriera sul patriottismo britannico rievocando a più riprese la Seconda guerra mondiale. Per la verità, Farage non ci ha messo molto a cavalcare la cosa, dubitando del patriottismo di Sunak in un video pubblicato su X, in cui spiega che al primo ministro «non importa davvero della nostra cultura».
Ora c’è chi già pronostica un sorpasso di Reform Uk sui conservatori e chi si è spinto addirittura oltre, parlando di un Farage pronto a prendere in mano le redini dei Tories dopo le elezioni. Il piano di Sunak era chiaro: utilizzare la prima parte di campagna elettorale per convincere gli elettori di Reform Uk e colmare il divario con i laburisti; ora però tutto sembra fallito e non solo il Labour è saldamente in testa nei sondaggi, ma questa tattica potrebbe persino aver provocato il ritorno di Farage.
Il leader di Reform è poi un animale da campagna elettorale, un veterano della politica britannica che anticipa i trend (soprattutto quelli più populisti) e che sa padroneggiare i media come pochissimi altri: insomma, non proprio l’avversario ideale quando sei già in difficoltà. Recentemente, in un video postato su X poco prima di annunciare il suo ritorno, Farage ha detto: «non oziare a letto, esci, fai campagna elettorale con i classici del Brexit Club di Nigel Farage!» mostrando una playlist omonima su Spotify sul suo telefono; tra le canzoni presenti nella playlist ci sono «Out Of Touch» del duo Hall & Oates e l’elettronica dei Basement Jaxx con «Where’s Your Head At?».
Il carisma di Farage non è riuscito però a nascondere anche l’altra faccia della medaglia, per un leader così polarizzante, che si manifesta sotto forma di malcontento e contestazione: in questo breve scorcio di campagna elettorale, Farage è già stato vittima di due aggressioni. La settimana scorsa, una venticinquenne è stata accusata di aggressione per avergli lanciato un milkshake in faccia mentre usciva da un pub; questa settimana un uomo ha scagliato dei detriti provenienti da un cantiere contro il suo pullman elettorale.
Anche internamente non sembra andare meglio: nelle ultime ore è stato costretto a ritirarsi all’ultimo minuto da un’intervista con la Bbc a causa di polemiche su un candidato di Reform, secondo cui il Regno Unito si sarebbe comportato «meglio» se avesse «accettato l’offerta di neutralità di Hitler» invece di combattere i nazisti. Ovviamente questa riflessione non poteva che essere condita da un elogio a Putin, ormai immancabile in questi casi.
Al netto delle polemiche, però, non c’è dubbio che il ritorno di Farage possa essere uno dei punti centrali di questa campagna elettorale e probabilmente anche della prossima legislatura. L’uomo della Brexit ha chiarito che il suo ritorno non guarda tanto a questa tornata elettorale, ma alla prossima: con i Verdi in fermento a sinistra e Reform in crescita a destra, il paese potrebbe trovarsi di fronte a uno schieramento multipolare in crescita, anche se relativamente limitato. O addirittura potrebbe vedere il Partito conservatore ai piedi di Nigel Farage.